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A.A.V.V. Al cavallino. Fonofotointervista in un atto di Piero Anselmi

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Correva l’anno 2009, il Centenario Futurista: nel profluvio di manifestazioni e commorazioni sentite o interessate e di (ri)scoperte vere o presunte, in quel di Verona si assisteva a “l’unica, vera scoperta nell’anno del Centenario del Movimento Futurista”, come recita la stessa “sinossi volante” del volumetto in questione.

Piero Anselmi (1911-1986) – del quale il critico d’arte Luigi Tallarico, scomparso nel 2021, traccia, alle pagine 21 e 22, quella che potremmo definire una “biografia militante”, chiaramente in senso artistico -, fiorentino di nascita, veronese d’adozione e convinzione (e non è l’unico caso di fiorentino che elegge la città scaligera a propria patria di cuore, dico bene?), fondatore, negli anni Trenta del secolo scorso, del Gruppo Futurista Veronese intitolato a Umberto Boccioni (del quale Gabriello Anselmi, alle pagine 15-20, stende una storia rapida – com’è buona norma per un qualcosa di futurista – ma esaustiva) – venuto a mancare il 16 agosto del 1916 proprio in una località della periferia veronese -, tra i principali esponenti di quella che viene definita “la seconda ondata” di questo movimento avanguardista – il Futurismo, per l’appunto -, composta quasi esclusivamente da giovani nati tra l’ultimo decennio dell’Ottocento e primi due del XX secolo e che operarono tra fine anni Venti e lo scoppio del Secondo Conflitto Mondiale, espresse la propria arte essenzialmente nell’ambito della cosiddetta aeropoesia (certificazione di ciò una raccolta, data alle stampe dalle Edizioni della Vita Nova di Giovanni Perez nel 2009 intitolata Velivolare – Poesie futuriste, curata dall’italianista e critica letteraria Paola Azzolini, autrice di uno dei contributi scritti presenti nell’opera qui recensita), grazie alla quale le sue perizia e tecnica presto giunsero agli orecchi del gotha di quell’avanguardia, garantendogli stima e amicizia da parte di FTM, Fortunato Depero, il vate dell’aeropittura (dei contatti fra i due – e di questi con lo scultore e aeropittore veronese Renato Di Bosso, al secolo Righetti – tratta il saggio di Maurizio Scudiero, con Perez e Anselmi figlio curatore della collana “Verona Futurista” delle Edizioni della Vita Nova, alle pagine 29-32) e Tullio Crali.

Con Fonofotointervista siamo però al di là anche dell’aeropoesia: sì, perché un altro dei terreni d’elezione di Anselmi fu il teatro, ovviamente nella sua declinazione futurista (del quale e della cui specifica visione anselmiana traccia una breve storia il critico teatrale Giovanni Antonucci alle pagine 23/24) e di questo si tratta, di una breve (lo certifica la specifica “in un atto”) piéce teatrale. Della curiosa seconda parte della titolazione (o prima del sottotitolo, fate vobis), quel Fonofotointervista che tanto incuriosisce da farne, nei fatti, il titolo effettivo col quale l’opera viene divulgata, la significazione è presto detta, volendo concentrare l’attenzione del lettore (ma non solo, e presto capirete perché) sulle modalità di realizzazione dell’opera, “in cui emergono i contenuti del teatro futurista”, la quale è una fusione di recitazione, musica e arti visive resa possibile grazie all’utilizzo, come fossero altri due attori sul palcoscenico, di quelle allora grandi innovazioni della tecnologia che rispondono ai nomi di fonografo e proiettore d’immagini.

Al cavallino fu scritta (anzi: fu composta) da Piero Anselmi nella seconda metà degli anni Trenta, e, a parte alcune rappresentazioni private o a livello di circoli futuristi, rimase confinata tra le carte del ponderoso archivio privato dell’autore fino al 2008, quando il figlio Gabriello, architetto di chiara fama autore e artefice di diverse fra opere, progetti e installazioni in Italia e fuori dai patri confini oltre che fondatore dell’Associazione Culturale “107 – Cent Sept Arte & Territorio”, la riscoprì, durante un lavoro di sistemazione e cernita delle carte paterne.

Se proprio di un’opera del genere deve essere definita la tematica (o l’argomento) preferisco lasciarvi alle parole dell’editore Giovanni Perez, anche insigne storico del Futurismo, tra gli autori dei vari contributi dei quali il libretto si compone: egli, definendo Al cavallino un unicum nella produzione anselmiana, ci fa presente che l’autore “si rende conto che il teatro non detiene più il monopolio della rappresentazione, sopraffatto dal diffondersi della radio e della ‘rivista cinematografica’, ossia del cinema”. Insomma: presentendo la “morte del teatro” avrebbe ben pensato ad un’uscita di scena memorabile (dal sapore di un canto del cigno, che sta nel tentativo di uniformarsi alle novità tecniche pur senza avere – forse – le forze per riuscirci) per quella forma di spettacolo le cui origini si perdono nella notte dei tempi. E chissà, si domanda Perez, quanto ad Anselmi questa sua opera debba essere sembrata passatista, dinnanzi all’imperversare, a partire dagli anni Cinquanta/Sessanta del Novecento, del mezzo televisivo (epoca che ha potuto, cronologicamente parlando, vivere e conoscere; chissà, aggiungo io, cosa direbbe dell’era social attuale…).

Avviandoci alla conclusione, ecco alcuni altri riferimenti a quanto altro di (molto) succulento è presente all’interno di questo autentico scrigno: ulteriori interventi, oltre ai già citati (anzi, per correttezza, visto che, in una maniera o in un’altra gli altri li ho citati tutti, menziono anche i due mancanti: uno dello storico Antonio Pantano, l’altro ancora di Anselmi figlio), di esperti di Futurismo e avanguardie artistico-letterarie in genere, ma soprattutto la riproposizione del copione originario di Piero Anselmi, riprodotto dal suo dattiloscritto originale e – udite, udite! -, su di un supporto DVD allegato, la ricostruzione video della piéce teatrale, per la regia del figlio Gabriello, con tanto, per iscritto sul libretto, di dramatis personae ed elenco esaustivo di quanti, ai più vari livelli, hanno contribuito alla realizzazione di questo omaggio ad un troppo spesso dimenticato nume tutelare del Futurismo (veronese e oltre).

Chi scrive è venuto a conoscenza dell’esistenza di questa chicca sabato 21 giugno scorso, in occasione dell’edizione estiva (l’ottava) del convegno solstiziale “Verona Città Magica” – nell’organizzazione del quale è coinvolta, da qualche edizione a questa parte, l’associazione culturale della quale faccio parte fin dalla sua fondazione, sul finire del 2017, e che da circa un anno ho l’onere, ma soprattutto l’onore, di guidare, assieme ad alcuni validissimi sodali, il Circolo 23 -, la cui tematica verteva su “La genesi del Futurismo” e che vide al tavolo dei relatori, tra gli altri, anche Gabriello Anselmi e Giovanni Perez.

Incantato da quanto appreso dopo la lettura e la visione della Fonofotointervista, ho sentita chiara in me l’esigenza di proporne qui una recensione. Concludo invitando chiunque abbia il piacere di assicurarsi una copia di questo che, molto più che un libro con DVD annesso, è un autentico manufatto artistico (per non dilungarmi troppo non ho approfondito il concetto del valore dell’ “oggetto-libro” in sé), a fare riferimento, tramite la redazione di Satisfiction, al sottoscritto; sarà poi per me un piacere metterlo in contatto direttamente con l’editore.

Alberto De Marchi

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AA.VV. “Al cavallino. Fonofotointervista in un atto di Piero Anselmi”, Edizioni della Vita Nova, 2009, 66 pagine + DVD, 24 euro

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