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Altre voci, altre stanze: La proibizione di Valentina Durante

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Ti vedo ombroso, Luigi.
– Ah, mi vedi ombroso? Vai in Cina e io rimango chiuso fuori!
– Si però anche te, magari svegliarti, una volta… E cos’hai fatto in giardino in questi giorni?
– Ho pensato a “La Proibizione”, di Valentina Durante.
– Però. E cos’hai pensato?
– Che è un libro in cui gli oggetti parlano. Come nei dipinti del Seicento che piacciono a te.
– Parlano gli oggetti. E cosa dicono? Cose misteriose?
– Dicono cose inesorabili.
– E dopo, che cosa hai pensato?
– All’espressione “lingua chirurgica”.
– Ah, nelle quarte, è tutto un bisturi.
– Ecco. Questa sì invece che è chirurgica, nel senso che incide sottocute, fino a un male focalizzato in un punto preciso ma indefinibile a occhio nudo. Come quando devi cavarti una scheggia che ti si è piantata in un dito: ti concentri, con un ago in mano, e con la punta vai sotto la pelle, finché la punta non stuzzica la spina, che ti appare come un trattino annerito, bluastro, sfuocato dalla pelle mezza morta che c’è sopra, e senti un pizzicore insoddisfatto e una tensione che deve risolversi, e deve risolversi, e deve risolversi…
– Finché tiri fuori la scheggia.
– O finché non capita, ad esempio in questo caso, che tu arrivi soltanto a toccare la scheggia e a spingerla più a fondo nella carne, dove non riuscirai più a riprenderla, puoi solo aspettare che si sciolga laggiù dentro. Te l’ho detto, sono cose inesorabili. E poi ho pensato un’altra cosa.
– Dimmi.
– Sai la proibizione delle fiabe? Quella paurosa, del tipo “Di tutta questa casa, puoi visitare ogni stanza, tranne questa, la cui porta deve restare chiusa”? Questo è.
È un libro conchiuso, come i giardini segreti protetti da mura di certi cartoni giapponesi dove non c’era sollievo, ma un’infanzia in cui succedono cose terribili. Giardini in cui ogni pianta ha un nome, e proferisce minacce, ogni insetto è definito nella sua tassonomia, e vola verso la sua morte, perché ogni cosa è destinata a quello. Non si può fare altro che morire.
E in più è scritto benissimo, con dedizione alle cose descritte più che alla propria bravura. E ha la qualità rara, che spesso ci dimentichiamo di pretendere anche dai libri scritti benissimo, di contenere delle scene memorabili. Leggiti la scena del latte, se vuoi renderti conto, e poi dimmi se ti era capitato, ultimamente, di voler entrare nella carta di un libro per strozzare un personaggio con le tue stesse mani, e finirla lì, e urlare la gioia d’averlo ammazzato. Ma niente, non puoi. Ti tocca di vederlo imperversare, fino in fondo. Ti tocca persino pensare che se quella persona ha accettato di essere così odiosa è in nome di un Bene che tu non puoi capire. Il Bene, il Male, ma andate a c
– Luigi! Da quando dici le parolacce?
– Da quando mi hai lasciato chiuso fuori. Sapessi quante che te ne ho tirate! C’è l’erba in rigoglio feroce, mi arriva alle orecchie, non c’era pistillo o carcolla che non mi evocasse segnali, a forza di leggere “La Proibizione”, di Valentina Durante, Laurana Editore, 2019.

Insomma, me lo consigli.
– Te lo consiglio sì. Ma non ti lamentare se mi diventi ombroso.

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