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Ancora preliminari (sono la parte più gustosa, si sa): Ma tu chi sei? Che vuoi?

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“Sai perché stimo De Carlo? Perché è uno che si è detto: io voglio inculare il pubblico, e c’è riuscito. Poi sul piano artistico può interessarti o non interessarti quello che fa, ma non puoi negare che li ha inculati. Ecco, io uno così lo stimo. Invece uno che per seguire la chimera di vendere tanto, di scalare le classifiche, fa la puttana, ossia tradisce la sua vocazione, il tipo di scrittura che era suo e il tipo di storie che si sentiva davvero chiamato a raccontare, e si studia tutto un ridicolo sistema a tavolino per confezionare il best seller, ecco, uno così, se poi non ci riesce a sbancare il botteghino, come succede nel novecentonovantanove per mille dei casi, io lo considero il gradino più basso nella scala degli scrittori. Anzi, degli esseri umani.”
Questo è il parere di un maestro, e con questa meravigliosa citazione, tratta da una telefonata privata di una decina di anni fa, impostiamo il discorso fondamentale: chi sei tu? Cosa desideri veramente?
Attenzione: ho scritto maestro e lo ripeto. Sì, perché queste sono parole di Aldo Busi. Non pensare all’Aldo Busi che piroetta ed elargisce eroicamente oro agli stolti nella trasmissione della De Filippi, ma all’Aldo Busi che a metà dei letali anni ’80 riuscì nell’impresa di combinare perfezione artistica, vendite ottime e una visibilità mediatica ai limiti dell’osceno.
(Consiglio pratico numero 1: quando vai sui blog in cui gli anelanti che non ce l’hanno fatta e gli scrittori da seicento copie – se va bene – sfogano le loro frustrazioni, tu fatti premura di unirti al coro e parlare malissimo di Busi. Anche se non hai letto niente del genio di Montichiari come quasi tutti quelli che parlano di lui, tu blatera che Busi ha scritto un paio di bei libri all’inizio ma che ormai da svariati lustri è diventato un pagliaccio e si è venduto alla tivù. Dillo, riempiti la bocca di scherno. Ma il Signore tuo che vede nel segreto, come recita l’Evangelista, saprà che dentro di te ti struggi e che daresti la vita di tua sorella e magari anche un alluce tuo, perché no?, pur di esserci tu, dalla De Filippi. Tutti e due gli alluci. Che poi una volta approdati in tivù bisognerà essere capaci di reggere il gioco, e non è facile, credimi.)
Sai perché Busi ha ragione? Perché non esiste un genere dominante. Dai un’occhiata alle classifiche di vendita dell’ultima settimana: ci trovi di tutto, dal noir (meno di quanto si creda, tranne che siano autori di lingua inglese) al romanzo d’amore, dal romanzo storico al saggio, dal romanzo psicologico a quel tipo di libro che la gente compra per sentirsi intelligente e che in realtà non legge, come era stato per Il nome della rosa, per intenderci. Gli inglesi dicono che tutte le mosche possono far abboccare una trota e hanno ragione. Tutti i libri possono sedurre i lettori, in particolare quelli di bocca buona; fanno eccezione i libri di racconti, perché è vero, purtroppo, che i romanzi vendono molto di più.
Vedremo durante il corso le tattiche specifiche per mettere a punto un testo vincente, ma intanto chiariamo un punto strategico essenziale.
Tu devi disprezzare i tuoi lettori. Per te sono un target, niente di più.
Oh, mi raccomando: nei blog di cui sopra, e soprattutto nelle interviste che ti faranno, dovrai parlare solo di amore. Di’ che adori il tuo pubblico, starnazza di calore, abbraccio, scambio di emozioni.
Ripeti a macchinetta che il pubblico ha sempre ragione, e per sostenere l’argomento turati il naso e cita con gran rispetto un paio di autori di successo che, in realtà, ti fanno vomitare. Di’ che c’è sempre un perché, quando un libro viene scelto fra le migliaia e migliaia per diventare il romanzo del giorno. Lecca il culo del pubblico, accuratamente, e intanto concediti la contropartita precipua dei leccaculo: disprezza coloro che incensi. Anzi, non concedertela: imponitela, questa salutare disciplina, perché ti farà robusto e ti metterà sulla strada per compiere scelte di scrittura efficaci.
Io conosco fra gli altri uno scrittore romano di enorme successo, del quale non farò il nome perché tanto si capisce benissimo chi è. Un giorno stavamo chiacchierando e lui mi ha raccontato la trama del nuovo romanzo al quale stava lavorando. A un certo punto la scaletta prevedeva una scena straziante, di grande impatto emotivo, e lui me l’ha descritta con molta intensità e immedesimazione.
“Caspita” ho commentato io, asciugandomi una lacrima. “E’ proprio struggente, questo snodo.”
“Ma certo!” ha gridato lui, alzandosi e mulinando le braccia. “Mo’ qua se mettono tutte a piagne! Già me le vedo: ‘Uh, che commovente questa scena qui, che sensibbilità che c’ha ‘ccoso, l’autore, ‘nghè ‘nghè!’ Ma ce pensi? Io intanto che le scrivo, ‘ste scene strappacore, me faccio tante de quelle risate a pensare alle lettrici! Aaah aaah aaah! Ce le metto dentro apposta, no?, che così se fanno le loro frignate e so’ contente! Uah uah uah! Oddio me sta a veni’ lo sturbo, moio dal ride…”
Abbiamo cominciato con la saggezza tagliente di Busi e finiamo con questa finestra aperta su una grande anima.
Due modelli su cui ti lascio riflettere, anelante carissimo, sperando che apprezzerai il fatto che entrambe le citazioni vengono da conversazioni private, ossia dal luogo in cui si dice la verità.
Mentre affili i canini e magari anche i premolari, ti do l’arrivederci alla prossima puntata.

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