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Andrea Cavaletto. Freaks

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La lettura (anche se solo di quest’atto non si può parlare) di questo fumetto mi ha trasportato, sull’onda dei ricordi, a diversi anni fa: non rammento bene se fu durante la quarta o quinta superiore, sta di fatto che il docente di Storia e Filosofia (sia pure definire quell’uomo “semplicemente” – senza nulla togliere a chi svolge la propria mansione in maniera oggettiva e lineare – docente sia eccessivamente riduttivo) portò la classe nel seminterrato dell’istituto, zona di biblioteca, aule studio e ricreative, a visionare un film, Freaks di Tod Browning.

Le due parole introduttive che il professore fece sulla pellicola mi fecero drizzare le antenne: sono sempre stato – e mi ci sono mantenuto – “delicato”, dunque, a sentire delle condizioni (mi auguro che utilizzare questo termine non mi attiri gli strali degli inclusivi a tassametro) dei protagonisti, già me l’ero messa via di dover tener chiusi gli occhi per la maggior parte del tempo.

E invece, sforzandomi di tenerli aperti almeno per i primi minuti, ciò in cui mi imbattei passo passo fu un’opera pregna di sensibilità da parte del regista e di autoconsapevolezza da parte dei protagonisti, i quali non vengono posti sul piedistallo interessato della curiosità morbosa, ma lo sono, protagonisti, per la storia (loro personale e del film) che hanno da raccontare.

Certo la situazione, per molti di loro, non fu facile nemmeno durante le riprese: nella sua bella introduzione, dal titolo “Di mostri, maschere e corpi”, Fulvio Giachino riporta come, nei pressi del set, venne “[…] costruito, letteralmente, un recinto, un ghetto nel quale i freak dovevano restare e che li avrebbe nascosti ai ‘delicati’ occhi dei ‘normali’. Solo alle gemelle siamesi (in quanto vere celebrità che, all’epoca, guadagnavano intorno ai 6000$ a settimana) e agli attori con nanismo fu risparmiata tale umiliazione […]”.

Sì perché, appunto, la gran parte dei protagonisti di questo “cult movie che ha sconvolto il Cinema”, com’è definito in quarta di copertina del lavoro di Cavaletto, sono autentici freaks, termine solitamente reso, in italiano, con “scherzi della Natura” e indicante persone “particolari” (il più delle volte portatrici di disabilità gravi o gravissime), che si esibivano (o, e qui non si può omettere un purtroppo, venivano esibiti) presso le compagnie circensi più in voga, specialmente fra ultimi anni dell’Ottocento e prima metà del Novecento (anche se con qualche balzo in avanti fino agli anni Cinquanta/Sessanta del secolo scorso).

Il cast di Freaks è davvero incredibile, nel senso più puro e oggettivo del termine: le già citate gemelle siamesi, Daisy e Violet Hilton, Johnny Eck “the half boy” (nato con una malformazione congenita che lo ha reso privo di tutta la parte inferiore del corpo), il “torso umano” (credo non ci sia bisogno di spiegazioni) Prince Randian, le gemelle Zip & Pip, affette da microcefalia, Schlitzie, anch’egli microcefalo e, a conti fatti, assieme alle sorelle Hilton il personaggio più noto dell’ambiente dei cosiddetti sideshow ad aver recitato nel film (e che, prima di Freaks, aveva già preso parte ad una pellicola cinematografica e ad altre tre presterà la propria opera dopo il capolavoro maledetto di Tod Browning) e numerosi altri, che non è d’uopo menzionare perché una cosa io vorrei: che tutti voi che vi imbatterete in questa recensione vi gustaste questo capolavoro di Cavaletto e quello in celluloide di quasi cent’anni fa grazie al quale dall’abile matita del nostro autore è scaturito questo fumetto.

All’interno di entrambi i “prodotti” (che brutta parola!) troverete un’analisi spietata del rapporto normalità/anormalità, con un focus particolare su quanto la seconda venisse (un tempo, ma la situazione, ad oggi, non pare granché mutata in meglio) tenuta nascosta essenzialmente per un motivo: perché, tanto più se si trattava (come per la maggior parte degli interpreti di Freaks) di una condizione chiaramente indipendente dalla volontà di chi ne era portatore, allora significava che, quelle cose, potevano davvero capitare potenzialmente a chiunque!

E quanto i normali “alla vista” danno prova invece della bruttura più orripilante, che è quella interiore? Certamente accade all’interno del circo di Madame Tetrallini, madre amorevole per i suoi scherzi della natura schifati, temuti, esiliati dalla società: la bella trapezista Cleopatra e il suo amante e complice, il forzuto Ercole, tramano contro il ricco nano Hans; e sembrano quasi farcela se non intervenissero i simili di Hans, i freaks, capeggiati dalla sua promessa sposa, Frida, a sistemare le cose. In maniera certo violenta, addirittura crudele, eppure ci si sente portati a parteggiare per loro. Se di questi loro atti (che sono poi quelli risolutivi della vicenda) si fossero resi responsabili i due sopracitati Ercole e Cleopatra, li avremmo sicuramente odiati più ancora; e invece lo hanno fatto gli altri, quelli che fin lì erano stati malvagiamente bistrattati e derisi, quindi glieli si perdona, probabilmente per lavarsi la coscienza, consapevoli come siamo che, forse, buona parte di noi non avrebbe avuto, nei loro confronti, un atteggiamento così diverso da quello del forzuto e della trapezista (chiaramente al netto degli intenti criminosi. Forse).

Le segnalazioni da fare sarebbero ancora molte; ne scelgo tre, giusto per aumentare l’acquolina in bocca: la presenza, tra le tavole del fumetto (“adattamento […] sequenza per sequenza del film[…]”), di scene censurate dalla pellicola originale (grazie alle quali si può comprendere già di più lo stigma di “maledetta” affibbiato alla pellicola di Tod Browning pure se, per il pubblico del tempo, bastò quello che la MGM, casa produttrice del film, diede il permesso di proiettare); una essenziale ma al contempo approfondita scheda biografica del regista – grazie ai cui pregressi (di vita personale e professionale) si trova più facilmente la quadra del percorso che lo avrebbe portato alla realizzazione di Freaks (lavoro che fu, però, “la fine della carriera di Tod Browning, passato dall’essere il maestro dell’oscuro e del macabro, all’essere emarginato perché considerato un perverso e un malato di mente”) – compresa nella già citata introduzione di Giachino; infine un’analisi antropologica, presente sempre prima dell’inizio delle tavole, sul mondo dei sideshow o freakshow, modalità di sfruttamento irrispettoso e spietato o unico scampolo di libertà, ambiente all’interno del quale viene loro permesso di palesarsi per quello che effettivamente sono, senza nascondimenti di sorta, per gli “scherzi della natura”?

Alberto De Marchi

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Andrea Cavaletto, “Freaks” (adattamento a fumetti dell’omonimo film di Tod Browning del 1932), Edizioni NPE, 2023, 72 pagine, euro 17,90

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