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Antonella Desirèe Giuffrè. La seminatrice di coraggio

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Aspettarsi il meglio, così come una fortuna caduta dal cielo, è un menefreghismo che atrofizza volontà e idee. Se quest’ultime, poi, hanno il nerbo del riscatto e la forza di entrare nelle menti votate alla rassegnazione, possono fare grandi cose. Almeno rivoluzionare il pensiero più antico, consolidato in anni di tacito asservismo per un pacifico quieto vivere. Il cambiamento arriva dal coraggio di mandare in frantumi assetti di supremazia radicati attraverso il silenzio di tutti. L’accettazione è nociva senza la fibra del confronto ideologico, dialettico, generazionale, culturale e di coscienza. Si nutre del lassismo mentale di chi vive e lascia vivere a danno della propria esistenza e delle altre, anche di quelle a venire. Nelle acque chete della padronanza difficilmente si accettano le voci fuori dagli schemi. Sono pericolose, creano problemi, scombussolano l’ordine delle cose imposte con il comando. Chinare la testa è scontato per non perdere il poco che nel nulla è una risorsa. La desertificazione delle idee conviene a coloro che hanno la roba e ne vogliano di più, aiutati dagli intrallazzi con chi conta, nel bene e nel male. Allora, il coraggio di mantenere la schiena dritta dinanzi ai soprusi diventa la condizione naturale per conoscere il vento della libertà. Là dove la sorte è stata malasorte, con il fiato corto della rassegnazione, si può definire il solco del cambiamento rivendicando i propri diritti.

In La seminatrice di coraggio di Antonella Desirèe Giuffrè per Tre60 edizioni conosci una storia epica. Sicilia, 1914. Maria Roccaforte, giovane maestra, lascia il suo paese sul mare di Ragusa per sposare Pietro, un ricco proprietario terriero del borgo di Bonaventura, sui Monti Iblei. Quando Pietro parte per la Grande Guerra, Maria resta sola a gestire la casa e i campi. Le contadine, che lavorano la terra per sostituire gli uomini chiamati al fronte, non si fidano di lei, “donna di città”, e la situazione del borgo peggiora con l’aumento delle confische da parte dello Stato e delle estorsioni dei briganti. A Palermo, Maria conosce Sofia Bisi Albini, la fondatrice della Federazione nazionale delle Seminatrici di coraggio, che portano notizie dal fronte alla popolazione più povera e analfabeta e, come “madrine di guerra”, inviano lettere di consolazione ai soldati. Maria diventa seminatrice. Quando suo marito viene dato per disperso, lei sente forte il dovere di proteggere, con coraggio, le donne di Bonaventura.

Il romanzo è di una profondità struggente. La narrazione è completa. E’ una superficie che si lascia scoprire e scoperchia le ragioni in cui scatta il coraggio che prende nomi e vite. La scrittura è compiuta da una bellezza che intimidisce.

Lucia Accoto

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