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ANTONIO MORESCO RACCONTA HENRY DAVID THOREAU

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Henry David Thoreau

Thoreau è famoso soprattutto per due libri. Il primo è appunto Walden che fu pubblicato nel 1854 e racconta i due anni che Thoreau trascorse in solitudine vivendo in una capanna in un bosco vicino al laghetto Walden; oggi è uno dei libri che si studia a scuola negli Stati Uniti. Il grande scrittore John Updike ha più volte dichiarato che “Walden è diventato un tale totem della filosofia di vita del ritorno alla natura, dell’opposizione al lavoro e della disobbedienza civile, e Thoreau è considerato un esempio così vivido di contestatore, così perfetto di svitato e di santo eremita, che il libro rischia di essere tanto venerato e tanto “non-letto” quanto la Bibbia». Per questo la prima tradizione italiana de Il sentiero per Walden. Vita improbabile di Henry David Thoreau scritto dal saggista statunitense Michael Sims è una lettura fondamentale perché, come lui stesso scrive: “Non avevo intenzione di ammirare l’icona. Volevo scoprire l’uomo in grado di tradurre Pindaro e Goethe, stanare una volpe e costruire una capanna con le sue mani. Non volevo elogiare Thoreau, ma trovare Henry”. Obiettivo raggiunto in un libro che ritrae l’autore del Walden. Vita bei boschi (le migliori traduzioni in libreria per Feltrinelli, Rizzoli, Einaudi, Mondadori) per quello che è stato: maestro di scuola, agrimensore, giardiniere, contadino, imbianchino, falegname, fabbricante di matite prima di diventare uno dei maggiori scrittori americani di sempre. Presentiamo qui (tradotto da Antonella Salzano e in uscita per Luiss University Press) in anteprima parte degli scritti introduttivi firmati da Antonio Moresco, l’autore da poco in libreria con Canto di D’Arco (Sem editore) considerato da lettori e critica come il suo nuovo capolavoro e che molto richiama, pur essendo un thriller metafisico, le orme del grande Henry David Thoreau.

Gian Paolo Serino

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Questo libro racconta la storia di un uomo eccentrico e libero e di un pensatore sconfinatore. Racconta la vicenda di un grande Paese che stava nascendo e, di un mondo nuovo e di una nazione nuova che portava con sé anche il sogno di un uomo nuovo, di popoli venuti da ogni parte del mondo uniti da una visione esistenziale espansiva, un esperimento umano e politico mai tentato prima, con le sue luci e le sue ombre, le sue grandi speranze ma anche le sue terribili colpe (il genocidio dei nativi, lo schiavismo). E ci racconta anche un incrocio di esistenze personali, di elezioni e destini che si sono trovati a coesistere negli stessi anni cruciali della vita politica e spirituale di questo Paese in progress, in un momento di eccezionale e germinale tensione e fervore, tanto da venire poi chiamato Rinascimento Americano: Emerson, Thoreau, Hawthorne, ma anche Melville, Whitman, Dickinson, Poe… È un libro che sta al confine tra biografia, saggio e ritratto di un’epoca (…) e mentre seguiamo i passi di questo genio nascosto sotto l’aspetto di un essere inadatto a vivere la vita che vivevano gli altri, di un buono a nulla che passa da un mestiere all’altro e che incendia per sbaglio i boschi, che ha bisogno di moltissimo tempo prima di trovare e inventarsi la sua originale strada nel mondo e di dare vita a un’opera di grande libertà e forza prefigurativa. Thoreau è una sorta di novello Robinson Crusoe, però all’incontrario, perché il primo con la sua intraprendenza e il suo cieco volontarismo pone le basi dell’edificio imperiale della civiltà e modernità mentre il secondo mostra il vuoto e il nulla su cui si fonda. Perché il primo aggiunge mentre il secondo toglie, e a forza di togliere entra in una dimensione anteriore e ulteriore rispetto alla civiltà, alla modernità, alla sua follia e ai suoi miti autistici di creazione e di distruzione. Con il suo sguardo Thoreau si ricongiunge a ciò che viene prima e che ci contiene. Per questo la sua influenza, l’influenza della sua prosa-pensiero, della sua prosa-visione, è stata così profonda sugli scrittori e sui poeti americani, da allora a oggi. Ma non solo americani, se persino scrittori del “vecchio mondo” così diversi da lui come Proust si trovano a scrivere: “Le pagine mirabili del Walden… mi sembra che ognuno le legga in sé stesso, tanto esse sgorgano dal fondo della nostra intima esperienza.” Per questo è così essenziale e vivificante leggere oggi Thoreau, incontrare il suo sguardo prefigurativo e profetico ora che siamo arrivati al culmine dell’avventura suicida in cui si è incamminata da tempo la nostra specie e di cui mai come adesso possiamo misurare gli effetti, in questo momento che può essere una fine o un passaggio, una catastrofe oppure una chance. Per questo l’elementarietà e radicalità di Thoreau, della sua visione e del suo pensiero, al di là dell’ingenuità e dell’idealismo che possono qua e là contenere, delle soluzioni improponibili in un mondo sovrappopolato e alle soglie del collasso, conservano un nucleo di verità infinitamente preziosa oggi, se vogliamo andare verso un’invenzione e reinvenzione della nostra vita su questo piccolo e irripetibile pianeta sperduto tra le galassie e non assistere impotenti alla nostra fine di specie. Così le sue illusioni sulla natura (che pure, a un certo punto, definisce come “vasta, titanica, disumana”), il suo mito del selvaggio, che è ancora un’ultima illusione culturale della civiltà, diventano in lui anche qualcosa d’altro, perché dietro e dentro tutta questa esaltazione e questo candore di cui è fin troppo facile vedere i limiti c’è anche l’ardimento di scoprire e inventare una strada nuova che non sia solo claustrofobicamente “umana” ma anche oltreumana. Ingenuità, ardimento infantile, forza delle illusioni, per dirla con Leopardi, la capacità di osare e prefigurare, che è parte integrante dell’esperimento americano che si stava compiendo e che è rimasta la caratteristica più originale di questa grande, tumultuosa, avventurosa, potente e fragile Unione di popoli e Stati.

Antonio Moresco

Antonio Moresco
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