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Antonio Scurati, “M. Il figlio del secolo”, Bompiani

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Un grande romanzo di letteratura civile per comprendere come non ci siano “nuovi mussolini all’orizzonte” perché i veri mussolini siamo diventati no
Insieme a “La scuola Cattolica” di Edoardo Albinati (Rizzoli) è il vero “Grande Romanzo Italiano” che cercavamo da tempo.

Qui un’anteprima della mia recensione che pubblicherò domenica.
“Scurati ha quasi scolpito ogni frase nella pietra della pagina, ha intagliato nel sangue la penna della Storia senza dimenticare quelle piccole, minuscole storie senza le quali un dittatore non avrebbe “gli occhi della tirannia che noi gli abbiamo dato”. In questo “romanzo documentario” è soprattutto la lingua a farci comprendere come i tempi passati sono più che mai presenti: Scurati forgia la lingua di Mussolini mostrandoci come il linguaggio, senza scomodare l’uso dei media, sia il luogo dove da tutto nasce. E non è un peccato di superbia di Scurati definirlo documentario: si è immersi in uno di quegli filmati dell’Istituto Luce che la nostra moderna televisione spesso ripesca dal passato. Filmati privi di ogni ombra talmente il buio dei giorni si fa accecante. “M. Il figlio del secolo” è un capolavoro come pochi altri, anche nella letteratura straniera, possiamo leggere oggi. “Anche a chi non ha particolarmente amato i romanzi precedenti di Scurati, come chi sta scrivendo, comprende che qui tutta l’opera romanzo di Scurati si compie: la violenza che ha sempre raccontato nei suoi libri narrativi qui diventa finalmente muta dissolvenza di un essere umano che si “eleva” – quasi immolandosi ma senza comprenderlo- a uomo massa, a uomo che paradossalmente è vittima del proprio ego-mostro.
Scurati (quando racconta) Mussolini è Mussolini: sembra quasi di vederlo, il Duce, in tutta la sua demiurgica disumanità come “una bestia sfiancata che arranca in una distanza incolmabile che lo separa dal genere umano”, di chi ha indossato – prendendosela- “la croce del potere”. Mussolini descritto come puro Potere viscerale, quel Potere che può terrorizzare, anche alle nostre latitudini democratiche.

Gian Paolo Serino

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