Le cose possono cambiare in modo repentino e imprevedibile. C’è una sola certezza nella vita, tutto il resto sarebbe un’illusione che mantiene a galla i giorni. Ignorare il futuro è la peculiarità di tutti. Trascurare l’origine della propria famiglia è una negligenza di coloro che non danno importanza ai legami. Non conoscere la storia del proprio Paese, invece, è una sciatteria che riguarda molti. Nella stragrande maggioranza dei casi, i fatti si sanno per sommi capi e la sintesi della conoscenza, il più delle volte, è spezzata da eventi che ingoiano quelli meno importanti, pur significativi. Certo, non ci sono colpe da espiare. Le mancanze ognuno poi le sentirà come gravi o pesanti a seconda di ciò che vive. Prima o poi arriva quell’attimo in cui sei tenuto a dare delle risposte sulla base della verità che la coscienza ti dice di cercare e di conoscere. E’ un aspetto naturale dell’esistenza che riguarda soprattutto chi affronta le situazioni con certo senso critico. E quando alcuni aspetti della vita scuotono il passato familiare sarebbe opportuno entrarci dentro. Scavare e capire quello che si è taciuto. Molte cose si tralasciano, ma altre si tacciono e non si tramandano. Allora, viene meno il senso di una storia fatta di nomi e di azioni, di scelte e di lotte. Si possono sminuzzare i comportamenti di chi ha vissuto un tempo che non esiste più. Si possono condannare, accettare, rifiutare, farne un fazzoletto da mettere in tasca per quando ci si sente persi, incompresi. La propria storia va annusata. Sarai coinvolto emotivamente, ma sarà la tua, quella della tua famiglia. In essa leggerai la firma delle idee che hanno contaminato il pensiero di uomini e donne che, nella sostanza, avrebbero voluto fare molto e di più per migliorare sé stessi e gli altri, seguendo un’ideologia.
In Fascismo in famiglia di Barbara Serra per Garzanti conosci una storia venuta fuori quasi per caso. Nella villa di famiglia a Decimomannu, in Sardegna, la sorella della scrittrice trova una lettera. E’ datata 16 maggio 1938 ed è indirizzata al nonno, Vitale Piga. Sulla carta ingiallita dal tempo è impresso il timbro di una svastica e accanto, sopra la firma illegibile, campeggia la scritta “Heil Hitler”. La lettera fa precipitare Barbara Serra in un passato inquietante che chiede di essere riportato alla luce. Quel documento rimasto sepolto per anni spalanca la donna sull’abisso. La scrittrice ignorava che il nonno fosse un gerarca del regime fascista. Attraverso documenti d’archivio, fotografie, testimonianze, ricostruisce una storia che affonda le proprie radici nell’aspra terra del Sulcis e nel destino di un uomo costretto a una scelta lacerante: eroe di guerra, prima antifascista convinto, poi zelante collaboratore del fascismo. Piga è, come molti italiani, un simbolo del compromesso tra l’adesione a un’ideale e il pragmatismo di chi vuol trarre il meglio anche dalle avversità.
Il libro apre uno scenario di profonda riflessione su una storia privata che non riguarda solo la scrittrice perché ci saranno tanti altri come lei che hanno aperto il cassetto dei ricordi per conoscere la storia che appartiene ad ognuno, con la sua memoria. Il racconto è profondo, ma anche rappresentativo e significativo di un’epoca che ha segnato la Storia del nostro Paese.
Lucia Accoto