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Carlo Emilio Gadda e l’Euresi

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Euresi, anche èuresi scrive Gadda, e mi chiedo se il termine sia di conio gaddiano. Chi lo sa con certezza parli.


D’accordo che euristica lo prende Kant in Critica del giudizio (sull’intuizione sintetica) da Pappo d’Alessandria vissuto fra il III e il IV secolo d.C. e infine per tornare a noi, dopo essere uscito dalle bolge infernali del comunismo, Imre Lakatos nel suo “Dimostrazioni e confutazioni” curato da Giorello quarant’anni fa parla di euresi/teoresi, ma in Gadda la cognizione del termine, a sentire Giorgio Pinotti (e io lo ho sentito ieri sera) è la volontà di travalicare la posizione raggiunta, una sorta di miglioramento continuo, una ricerca spasmodica di raggiungere il reale.

Ma cos’è reale?

Gadda lo dice: «Poiché nel reale noi non vediamo e non immaginiamo se non relazioni, se vogliamo tener fede alle concezioni nostre, dobbiamo negare che esista un mero semplice. Esso è il non-essere, il buio, il nulla. La coscienza, anche nelle sue forme elementari, ci appare quindi come sistematrice o relatrice o riferitrice. L’atto della coscienza è un atto di polarizzazione (almeno); è una crisi euristica o giudizio euristico contrapponente alcunché ad alcunché, anche sé a sé».

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