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Chiara Francini. Le querce non fanno limoni

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Il sacrificio non porta mai il deserto. E’ la congiunzione tra l’impossibile con il possibile. La forza sta nell’arrivare al centro di un pensiero, quando invece il potere ti vuole ai bordi. Più ti avvicini al fulcro delle idee, che sono movimento e tempesta, e più ti pare di rovesciare l’aria, anche quella che passa tra le retine di ferro bucate. Le braccia sono l’estensione del coraggio che conteggia le paure che vengono sempre da ferite da riparare. La visione sfocata della vita non raccoglie gli odori rancidi della miseria. Non li conosce, gli sfuggono. E perdi qualcosa di importante, lo riconosci però dopo, a cose fatte. La proiezione dei sussulti di libertà, che agita il senso della conquista che non si addormenta sul lassismo aderente alla pochezza di valori, toglie la polvere da uno stato stantìo e imbalsamato all’accettazione passiva. Ognuno è partigiano di sé stesso, se ha coscienza di capire davvero la verità. Questa non può essere burro nelle mani di chi intende manipolarla, ti renderesti solo pagliaccio di una storia che non sarà mai narrazione rivoluzionaria. Nulla arriva per caso, caduto dal cielo, ma tutto si conquista con il peso della memoria come testamento per i figli di domani che vivranno anche grazie alle lotte di uomini e donne che si sono sacrificati lasciandosi trapassare la Storia sulla propria pelle.

In Le querce non fanno limoni di Chiara Francini attraversi cinquant’anni di storia italiana, tra la Seconda guerra mondiale e gli anni di piombo. Una storia di Resistenza, di passioni, di famiglie scucite e ricucite, di lotte che lasciano cicatrici, ma anche la forza di stare in piedi. Delia, ex partigiana, affronta la guerra, l’amore e la perdita, costruendo un luogo reale e simbolico: il Cantuccio. Si tratta di un rifugio, di uno spazio di condivisione, di accoglienza, di speranza. Attorno a lei e dopo di lei si muovono diversi personaggi così vividi che si intrecciano in una narrazione tessuta come un coro di ferite, di sogni. Ambientato tra Firenze e Campi Bisenzio, il racconto si snoda tra le torture a Villa Trieste, la Liberazione, la strage di piazza Fontana, le contraddizioni della sinistra extraparlamentare. La storia però filtra tra la vita di tutti i giorni, i silenzi, i gesti quotidiani e le aspirazioni.

Il romanzo storico è di una bellezza impressionante. L’intensità della storia ha a che fare con quel vissuto che ha lacerato ed ispirato mente e coraggio di coloro che si sono esposti in prima persona per non farsi travolgere dalla guerra dell’ignoranza e del lassismo. La scrittura della Francini è vita, tempo, resistenza ed esistenza. La sua prosa è spiazzante nella forza di riflessioni e pensieri così veri, radicati alla vita, che il lettore pensa di sfibrare con il solo suo fiato la memoria che passa in ogni singola parola. Le querce non fanno limoni è una valida eredità letteraria.

Lucia Accoto 

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