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Ciriaco Offeddu. Istella mea

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L’inganno è pericolo e arte insieme. Ha la voce suadente per incantare le vittime. Non è da scemi cadere nella trappola degli imbroglioni. Nascondono talmente bene la menzogna che non fanno passare nemmeno l’idea di un eventuale dubbio che possa riparare ogni cosa alla verità che sta sullo sfondo di storie fitte di nebbia. Pur accorto, ma non abbastanza, ti lasci trascinare dal volo irreale di una speranza, di un sogno, di un abbandono. Elementi che ti fanno crescere nella disperazione e nell’attesa avvelenando equilibri precari e taciute incomprensioni. Il deragliamento delle proprie colpe fa perdere terreno in quell’esistenza mutevole che ha sempre bisogno di amore, di affetto, di presenze. Quando riconosci il raggiro e ti maledici per essere stato uno stupido è come se vivessi uno scompensamento. Qualcuno, scaltro e schifoso, si è impossessato della tua parte più fragile con il trucco delle belle parole. Scompigliare le carte della genuinità è la cosa più semplice e affascinante per alcuni impostori perché riescono a governare la mente della vittima quasi fosse un affare stuzzicante. In alcuni di loro abita il male e quest’ultimo sa dove trovarti. Ad azionare l’inganno ci si approfitta della debolezza delle persone che, in modi diversi, necessitano di qualcosa a cui credere, pur in buona fede. Ecco allora, in quadro del genere in cui non si vacilla dinanzi alla coscienza, che evidentemente non c’è, fare del male diventa uno scopo, una propensione naturale, per riconoscersi ancora più forti, furbi, pericolosi e potenti. Avere in mano la vita di qualcuno significa fame di possesso e di potere. E’ in quel momento lì che inizia l’esilio. Cerchi il proprio sepolcro che metta fine ad anni di dubbi, di domande, di paura. Annaspi per trovare un ordine, una giustificazione, nella fiducia del perdono che possa ricomporre una identità spezzata. E non è detto che ciò sia possibile. Il fremito della vita passa anche dalla memoria. Si è schiavi del richiamo del tempo che rovescia segreti, verità e inganni.

In Istella mea di Ciriaco Offeddu per Giunti edizioni (pp 381) entri in una storia incredibile. Nuoro, primi anni Sessanta. In una Sardegna popolata da cavalieri, pastori e leggende, la giovanissima Rechella si innamora di Martino, suo vicino di casa, un ragazzo dalla fervida fantasia, capace di prodigi come quello di alzarsi in volo. Martino è stato abbandonato dai genitori e vive con sua nonna Jaja, donna rispettata e temuta, che in cantina nasconde qualcosa di oscuro e potente. Il fascino della Jaja è così forte che Rechella ne è sedotta. Dopo molto tempo e troppo dolore intuisce la natura malvagia della vecchia e decide che la sua missione sarà quella di fermarla. A fronteggiarsi sono due opposti modelli di femminilità: quello della sùrbile, maestosa incarnazione leggendaria di colei che, come una vampira, succhia le energie di chi le sta vicino e quello di una donna innamorata, ostinata a vendicare ed a salvare la “stella” perduta della sua vita.

Il romanzo è avvincente. La narrazione non difetta in nulla, eccetto nella ripetizione di qualche concetto base. I paesaggi e le ambientazioni, come le personalità dei protagonisti e dei personaggi secondari, sono tracciati con maestria. Il lettore è in ogni singola parola. Sente ogni cosa e vede tutto guidato dall’abilità dell’autore, e queste non sono cose da poco. La scrittura è piena, affascinante, misteriosa e magica.

Lucia Accoto

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