Pubblichiamo di seguito un’intervista ad Adriano Scianca che parla dell’iniziativa del neonato Istituto Eneide, un centro di studi, ricerche e formazione che si ispira all’Institut Iliade francese (fondata nel 2013 seguendo le volontà testamentarie di Dominique Venner) e all’Instituto Carlos V spagnolo. Scopo dell’associazione è portare avanti anche in Italia la battaglia per la riscoperta del patrimonio culturale europeo attraverso l’azione culturale, analitica, formativa, artistica, sociale sportiva. L’iniziativa è indirizzata a tutti gli europei animati dall’amore per le proprie radici e per la propria cultura, indipendentemente dai contesti sociali o politici di provenienza.
Carlo Tortarolo
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L’Istituto Eneide prende ispirazione dall’Institut Iliade francese. Quali sono gli elementi della proposta francese che vi hanno maggiormente convinto e che vorreste portare in Italia?
L’impostazione ideale, innanzitutto, ovvero un pensiero forte eurocentrato, radicale, ma anche analitico, raffinato. L’assenza di dogmatismi e di tic paranoidi. Poi l’organizzazione maniacale, professionale, che non lascia nulla al caso e all’improvvisazione. Infine, lo spirito di trasversalità e di collaborazione tra realtà diverse.
L’Europa è descritta come “grande idea rivoluzionaria del terzo millennio”: qual è il significato di questa espressione e quale ruolo, secondo te, potrebbe avere l’Italia nel futuro europeo?
Dopo che le rivendicazioni di classe e di genere sono finite in un vicolo cieco, dopo che i fondamentalismi religiosi hanno lasciato una scia di sangue, dopo che gli sciovinismi particolaristici hanno mostrato tutti i loro limiti, l’ultimo orizzonte di senso che ci resta è quello della nostra civiltà continentale. Per gli europei di oggi, pensarsi come civiltà e come popolo radicato in una identità è rivoluzionario, dopo decenni in cui ci hanno voluto convincere che eravamo solo materia umana indifferenziata. E un’Europa forte sarebbe rivoluzionaria anche sulla scena globale, dove noi possiamo rappresentare un fattore di giustizia ed equilibrio, due elementi di cui l’attuale panorama geopolitico pare particolarmente carente. Quanto all’Italia, la questione è semplice: non c’è Europa senza Italia. Dirò di più: io auspico per l’Italia un ruolo guida nella futura Europa. Ma i ruoli apicali si conquistano, non si pretendono.
Nel programma si parla di non voler occuparsi direttamente di politica ma piuttosto di formare “quadri militanti”. A chi si rivolge l’iniziativa, cosa si intende per militante culturale europeo contemporaneo e come l’Istituto Eneide potrebbe accompagnarlo in questo percorso?
L’Istituto Eneide intende fornire a) una visione del mondo, b) degli strumenti analitici e c) un orizzonte estetico a persone che possano portare tutto ciò nei loro contesti di appartenenza. Per i militanti delle varie organizzazioni identitarie, per i “cani sciolti” e anche semplicemente per le persone qualsiasi che non si rassegnano alla morte programmata dei nostri popoli, l’Eneide vuole essere una casa comune e un laboratorio di idee, idee che possono poi germogliare anche autonomamente e lontano dalla casa madre.
Si pone spesso la questione dell’equilibrio fra identità nazionale e visione europea. Qual è, secondo voi, la chiave per armonizzare questi due aspetti nell’attuale scenario europeo?
Che le nazioni debbano proiettarsi su grandi spazi per vincere le sfide della contemporaneità è cosa assodata da almeno un secolo (un secolo e mezzo per le menti più illuminate). Da ancora più tempo sappiamo che i popoli europei, che hanno storie spesso diverse e conflittuali, in realtà derivano da una matrice comune, esprimono un medesimo genio, una stessa “ideologia”, direbbe Dumezil. Ovviamente l’Europa deve essere una leva che moltiplica le forze delle nazioni anziché sottrarle senza dare nulla in cambio. Ma bisogna anche guardarsi da un concetto di sovranità formalistico e ingannevole. Sovranità non è solo il “fare come ci pare”, ma l’accrescimento concreto della potenza, dell’influenza, dell’autonomia reale di una nazione. Ci sono tanti Stati nel mondo che magari sembrano più sovrani dell’Italia perché, se domani decidono di adottare la giornata di 27 ore nessuna entità sovranazionale andrà a bacchettarli. Eppure, si tratta di Stati che, nelle questioni sostanziali, dipendono da equilibri di forze molto più ampi e magari sono satelliti corrotti e parassitari di grandi potenze. Non è questa la sovranità cui ambire.
Cosa vogliamo farne dell’Europa? Riguardo all’attuale Unione Europea come immagini un percorso ideale di dialogo e trasformazione di questa istituzione?
Le contraddizioni dell’Ue sono sfiancanti. Anche se bisognerebbe distinguere tra i difetti strutturali, che comunque non sono pochi, e le varie follie ideologiche che vi portano dentro i partiti trotzkisti, i quali del resto perseguono la stessa agenda anche sugli scacchieri nazionali. L’Ue è per lo più un campo da gioco, non una squadra. E la partita è tutta da giocare. La questione però è un’altra: l’Ue fornisce un quadro politico, giuridico ed economico all’unificazione europea. Tutte le proposte per superare in avanti questo quadro, anche con rotture radicali, sono benvenute. Discorso diverso è per chi vuole rimettere le lancette della storia all’indietro e scivolare fatalmente da un discorso anti Ue, anche comprensibile, a un discorso tout court anti europeo. Thiriart, de Benoist, Venner o Faye non la hanno detto cose diverse.
Il primo grande evento dell’Istituto Eneide avrà come titolo “Eneide. Italia. Europa. Dalle rovine a una nuova Fondazione”. Quali sono, secondo te, i punti di partenza più urgenti per avviare questo percorso di ricostruzione?
Al livello che ci compete, c’è sicuramente da far emergere una coscienza politica radicale e di nuovo agganciata ai fondamentali della nostra visione del mondo. A questa visione del mondo va poi data una forza concreta, perché le idee disincarnate non valgono nulla. Se io formulo la visione del mondo perfetta e nessuno lo sa, la mia visione del mondo non vale nulla, perché non esiste sul terreno che realmente conta. La famosa dicotomia schmittiana amico/nemico non è un gioco di società astratto, per cui uno, nella sua cameretta, elenca la lista dei suoi “nemici” e così può illudersi di fare politica. Aggregare amici e nemici attorno allo spartiacque dell’Europa potenza richiede di far emergere questa idea sul – perdonatemi il cedimento al gergo bottegaio – “mercato politico”. L’Istituto Eneide intende rappresentare una piattaforma di incontro e dialogo fra strutture e persone diverse, senza annullare le differenze o sostituire sigle già esistenti, ponendo al centro un’agenda comune. La trasversalità è un presupposto fondante di tale progetto, tenendo però presente che al primo posto sta comunque la visione del mondo e gli obbiettivi di civiltà che ci si è prefissati.