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Corrado De Rosa anteprima. La teoria del salto

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L’estetica coi baffi: “Il pubblico non ha bisogno di grandi dipinti. Quello di cui ha bisogno sono dei baffi migliori”.

La materia dell’arte: “L’atmosfera sospesa, il caso perfetto, il bagliore dell’essenza umana, il mistero che tiene insieme le forze di attrazione e repulsione delle singole particelle che compongono la materia, che altro non sono se non le singole particelle che compongono il quadro. In quel frangente, c’è l’essenza dell’essere umano. Il Dalí Atomicus.”

Dalí e la follia: “Per alcuni, Dalí è l’epitome della follia stessa… Il suo è un esibizionismo autoindulgente. Molti, lo ha fatto anche Breton quando lo ha chiamato Avida Dollars, intravedono del metodo nella sua pazzia”.

Un’idea di foto: “Non si tratterà nemmeno solo di sospendere gli oggetti in aria, ma di creare un piccolo cosmo dell’immaginazione ispirato alla frenesia di Salvador, esploso nello spazio di una stanza e immortalato da uno scatto che fermi il tempo”.

È in libreria La teoria del salto di Corrado De Rosa (Minimum fax 2025, pp. 433, € 20,00).

Philippe Halsman – nato in Lettonia come Philipp Halsmann – fu uno dei più influenti fotografi del Novecento, celebre per oltre cento copertine su “Life” e per le collaborazioni con Salvador Dalí. Convinto che il salto rappresentasse un gesto di liberazione interiore, convinse Dalí e Chagall, Marilyn Monroe e Grace Kelly; ma anche gli insospettabili Oppenheimer, Steinbeck, Nixon a spiccare un salto per liberare la loro essenza mentre li ritraeva con la sua macchina fotografica.

Da giovane, Halsman venne arrestato e condannato in Austria per l’omicidio del padre durante un’escursione: un processo controverso, segnato da antisemitismo e privo di prove convincenti. La sua scarcerazione fu sostenuta da intellettuali illustri come Thomas Mann, Albert Einstein e Sigmund Freud.

Corrado De Rosa – psichiatra e autore di saggi su manipolazione giudiziaria e follia simulata – ripercorre la vicenda partendo da documenti, atti processuali e lettere dal carcere, inserendola nel contesto dei grandi conflitti del secolo. Un libro che coniuga saggio storico, biografia e romanzo, restituendoci il ritratto di un artista che seppe rinascere da un terribile dramma personale per diventare un testimone chiave della modernità.

Il libro ci invita a immergerci nel mondo di Philippe Halsman e Salvador Dalí, due figure che, pur essendo diverse, trovano il loro punto di contatto nell’arte. De Rosa esplora il legame tra la genialità artistica e la follia, offrendo uno sguardo intimo sulle vite di questi artisti straordinari.

La loro arte diventa un modo per confrontarsi con le proprie paure, le proprie ossessioni e i propri demoni. De Rosa riesce a catturare le sfide e le stravaganze di Dalí, rendendo palpabile la tensione tra la razionalità e il delirio, la lucidità e la follia.

Uno degli aspetti più affascinanti del libro è la riflessione sulla natura dell’arte stessa. De Rosa ci porta a considerare come l’arte possa fungere da veicolo per esplorare l’inconscio umano, per esprimere emozioni che altrimenti resterebbero sepolte.

Carlo Tortarolo

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«Potremmo far esplodere un’anatra con della dinamite».

All’inizio Philippe Halsman pensava che quelle trovate fossero provocazioni rese ancora più bizzarre dal modo di parlare: un po’ inglese, un po’ francese, un po’ spagnolo. Poi, col

tempo, ha capito che no, non sono provocazioni. E adesso che lo vede mentre osserva il set con una mano che gli regge il mento, con gli occhi febbrili, sa che Salvador Dalí, in quell’attimo preciso, sta pensando solo a dove reperire, in una mattina del 1948 a New York, un’anatra e un po’ di dinamite.

«L’anatra no, non è una buona idea. La dinamite non è un modo tipicamente americano di giocare con le anatre». Halsman sistema con cura sulla scrivania la Halsman-Fairchild.

Si avvicina alle tendine tirate della finestra, ha il passo lento e fiducioso. Sorride a Irene, sua figlia, che sta sbadigliando. Con la mente è alla ricerca di altre idee.

Dalí lo riporta sulla scena che stanno cercando di rappresentare: «Come vuoi. Riproviamo con i gatti. Però utilizziamo il latte al posto dell’acqua, che ne dici?»

La normalità, per Halsman e Dalí, è valicare i limiti della consuetudine. Riescono a farlo insieme perché Salvador non ha mai voluto essere un fotografo e Philippe non ha mai avuto l’impulso di prendere un pennello in mano.

Se c’è una cosa che Halsman ha imparato ad apprezzare di Dalí è la capacità di dare forma all’inconscio. Se negli altri un sogno svanisce nell’istante in cui le palpebre tornano ad aprirsi, con lui un’esperienza onirica si trasforma in un’opera di gesso, in un quadro, in una forma d’arte qualsiasi. Lo affascina la capacità di svelare le emozioni nascoste. Chi delira è sopraffatto dal delirio stesso. Dalí, il delirio, lo domina, lo dosa, lo sovrasta. Il panico, le fobie, i travisamenti del reale. Lui manipola tutto, rielabora tutto. Architetta nuove soluzioni che chiunque altro ignorerebbe. La cosa che gli piace di più, di Salvador, è la capacità di essere sempre con un piede dentro la follia e l’altro saldo nella terra della razionalità.

Halsman si tocca gli occhiali e scarta anche l’idea del latte: «Sprecare latte adesso? Dopo che, per anni, trovare cibo è stato così complicato? Sarebbe una provocazione inutile».

Philippe e Dalí sono alla ricerca del punto di fusione fra due ossessioni antitetiche: svelare quello che è latente e riuscirci attraverso le immagini.

Halsman, con le fotografie, indaga l’essenza dell’uomo. Scandaglia l’anima attraverso quegli scatti. Alla morale, al Super-io, alle regole preferisce le pulsioni. Demolisce ogni sovrastruttura che provi a insinuarsi fra un soggetto e la sua arte. Dalí, invece, ha incontrato Freud a Londra, dieci anni prima, ma ha abbandonato ogni suggestione psicoanalitica. Adesso il suo approccio alla realtà è filtrato dalle teorie di Einstein, dalla fisica nucleare, dai quanti. Il 6 agosto 1945, con Hiroshima e Nagasaki, sono stati bombardati anche il suo cuore e la sua testa. Dopo aver dilatato i sensi, dopo aver catturato i sogni, vuole rappresentare l’eleganza delle leggi della fisica. Gli assilli di Salvador sono lo spazio, il tempo, le meraviglie dell’uomo, tutto quello che è infinitamente piccolo, parole come antigravità e vuoto.

Leda Atomica, il quadro che Philippe Halsman sta guardando e a cui Dalí sta lavorando da oltre un anno, è la sintesi di un tormento in cui il misticismo si è mischiato all’atomo.

© minimum fax, 2025

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