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E se Lombroso avesse ragione?

Wellcome Library, London.

Quando il padre della criminologia incontra una giornalista di nera che scrive come se il male fosse un format televisivo.

Nel 2025, in uno studio televisivo che odora di luci LED e marketing dell’orrore, appare — per qualche esperimento di realtà aumentata — Cesare Lombroso, il medico veronese che nell’Ottocento cercò di leggere il male nei lineamenti del volto.

Davanti a lui, una giornalista di cronaca nera con la parlantina di chi vive di “esclusive”, la manicure perfetta e un titolo già pronto:

Il killer era un influencer: bello, ricco e cattivo. E la rete lo amava.”

Un incontro impossibile

«Professore», attacca lei, «ma davvero crede che un criminale si riconosca dalla faccia? Guardi che oggi il male ha i denti sbiancati e i follower sponsorizzati.»

Lombroso la osserva, incuriosito. Ha ancora quell’aria da medico che misura più che guarda.

«Signorina,» dice con calma, «io non ho mai creduto che la bellezza fosse garanzia di virtù. Oggi avete solo imparato a truccare l’atavismo. La chirurgia estetica ha sostituito la fisionomia: non cancella i tratti primitivi, li addolcisce.»

Lei ride. «Quindi sotto un filler nasconde un assassino?»

«Sotto certi sguardi, sì. E, mi perdoni, nel suo giornalismo rivedo qualcosa delle mie ossessioni. Io studiavo il male nei corpi, voi lo cercate nelle immagini. Entrambi cerchiamo segni dove ci sono solo storie complicate.»

L’uomo delinquente (e la donna del titolo virale)

Nel 1876, Lombroso pubblicava L’uomo delinquente, il trattato che lo rese celebre e discusso.

Il suo “criminale nato” aveva la mascella sporgente, la fronte bassa, le orecchie a manico di brocca. Oggi, probabilmente, sarebbe un concorrente di un reality o un rapper da milioni di visualizzazioni.

Lombroso cominciò tutto da un cranio: quello del brigante Giuseppe Villella, trovato in Calabria, in cui individuò una “fossetta occipitale mediana” — per lui, segno di una regressione animale.

Da lì nacque la sua teoria: il delinquente come ritorno all’atavismo, all’uomo primitivo sopravvissuto nel corpo dell’uomo moderno.

Ma Lombroso non si fermò ai teschi. Osservò assassini, prostitute, pazzi, rivoluzionari.

Annotava, misurava, classificava: tatuaggi, cicatrici, gesti, tic nervosi. Credeva di scoprire, in ogni segno, una legge naturale del male.

Oggi lo chiameremmo bias cognitivo, ma per l’Ottocento era scienza.

Il male che fa share

«Professore, non le sembra che le sue idee abbiano creato discriminazioni?», incalza la giornalista.

«Oh, senza dubbio,» ammette lui. «Ma voi oggi non fate lo stesso? Io misuravo crani, voi misurate click. Cambiano gli strumenti, non la logica.»

Lei finge di offendersi. Poi sorride, come chi ha appena trovato il titolo giusto.

«Lombroso dice che siamo tutti criminali digitali!»

«Non esageri, signorina. Dico solo che la vostra curiosità morbosa è una forma moderna del mio determinismo. Cercate il volto del male in HD. Lo volete nitido, riconoscibile, vendibile.»

La vendetta del positivista

Mentre parla, l’ologramma di Lombroso sfuma, si dissolve tra le luci fredde dello studio.

La giornalista si guarda nel monitor di controllo. Per un attimo le sembra di intravedere, dietro la propria immagine riflessa, una fossetta sospetta sulla nuca.

Chiede al truccatore se si vede. «Un po’», risponde lui. «Ma con la luce giusta sparisce.»

Francesca Mezzadri

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Oltre Lombroso

Cesare Lombroso (1835–1909) fu medico militare, psichiatra e professore a Torino.

Fu tra i primi a tentare di spiegare il crimine come fenomeno biologico e non solo morale.

Le sue teorie sono oggi considerate pseudoscientifiche, ma la loro influenza ha attraversato secoli e media.

Ogni volta che un talk show mostra “la faccia del killer”, un po’ di Lombroso risorge, tra le luci dei riflettori.

Forse aveva torto, ma non del tutto.

Abbiamo smesso di giudicare il male dai crani, ma continuiamo a riconoscerlo dai profili — Instagram, naturalmente.

L’autore

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Fonti e casi

-Per non dire sciocchezze-

Opere principali:

Cesare Lombroso, L’uomo delinquente, Torino, Bocca, 1876

Cesare Lombroso, Genio e follia, 1864

Cesare Lombroso, L’uomo di genio in rapporto alla psichiatria, alla storia e all’estetica, 1888

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Casi emblematici analizzati o citati da Lombroso:

Giuseppe Villella (1802–1840) – brigante calabrese: dal suo cranio nasce la teoria del “delinquente nato”.

Vera Zasulich (1849–1919) – rivoluzionaria russa: ispirò le riflessioni sulla “delinquente per passione”.

Gaetano Azzariti (XIX sec.) – ladro recidivo torinese: caso studiato per le correlazioni tra tatuaggi e criminalità.

Leonarda Cianciulli (“la saponificatrice di Correggio”) – non studiata direttamente da Lombroso, ma citata successivamente dai suoi seguaci come esempio di “criminale passionale femminile”.

Giovanni Passannante (1849–1910) – anarchico attentatore di re Umberto I: il suo cervello fu conservato e studiato da Lombroso, che lo giudicò “inferiore e atavico”.

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Fonti secondarie consigliate:

Mary Gibson, Born to Crime: Cesare Lombroso and the Origins of Biological Criminology, Praeger, 2002

Daniel Pick, Faces of Degeneration: A European Disorder, c.1848–1918, Cambridge University Press, 1989

Carlo Ginzburg, Miti, emblemi, spie, Einaudi, 1986

Cesare Lombroso Museum, Università di Torino (archivio online dei reperti lombrosiani)

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