Quando hai e non hai più, si oscura la vita. Ti manca il terreno sotto i piedi e l’orizzonte si restringe all’oggi. Esisti, arranchi, vai avanti, sino a sera. Dopo, il giorno dopo, trovi solo macerie da ripulire, ordinare, togliere per segnare le ore a venire. Avere tutto e poi niente è un collasso. Ti manca l’aria, la luce, perdi le certezze e sconfini nella paura che porta ansia, tremore, per un’esistenza sempre più astratta. Vorresti tante cose, ma arraffi l’indispensabile. La necessità impone regole precise che non hanno alcuna relazione con i desideri. Eppure, questi restano, resistono, avanzano facendosi sete. L’acqua mantiene in vita e avere sete significa anche riuscire a realizzarsi. Cercare la propria strada, tra i detriti di un crollo che arriva, prima o poi. Se stai bene non pensi allo scuro delle disgrazie. Ascolti la tua voce, intima e fedele, che le cose si possano aggiustare, cambiare, in meglio. Certo, costa fatica e sacrificio. L’importante è non perdersi troppo d’animo affrontando ciò che la realtà impone senza possibilità di scelta. Avere sete è una cosa, è la norma per uscire dal confino del buio. Avere una grande sete, invece, è un’altra ancora, molto diversa e più ardita. E’ l’ambizione del riscatto, della fiducia in sé stessi a guidare i passi su cui poggiano le idee che fanno di una persona la memoria per quelle a seguire. Sognare, osare, realizzare i propri sogni, è il modo di crescere attraverso le privazioni, le rinunce, le sofferenze. Sarebbe quasi come respirare la libertà intossicata da troppe e troppo grandi responsabilità che seccano le aspirazioni.
In La Grande Sete di Erica Cassano per Garzanti editore ti addentri in una storia d’Italia. E’ il 1943. Anna ha sete. Tutta Napoli, da settimane, ha sete. C’è chi li chiamerà i giorni della Grande Sete e chi le ricorderà come le Quattro giornate di Napoli. L’acqua manca ovunque, tranne che nella casa in cui vive Anna con la famiglia. Nella Casa del Miracolo c’è la fila di donne che, con secchi e damigiane, fanno rifornimento di acqua. La sete di Anna, però, è diversa. E’ una sete di vita e di riscatto. A vent’anni vorrebbe iscriversi all’Università, leggere, vivere in un mondo senza macerie, senza il costante pericolo delle bombe e della fame. Non c’è tempo per i sogni. Il padre è scomparso, la madre si è chiusa in se stessa, la sorella e il nipote si sono ammalati. Il futuro della famiglia dipende da lei. Anna, quando ha l’opportunità, accetta di lavorare come segretaria presso la base americana di Bagnoli. Entra in un mondo che non conosce, incontra persone di altri Paesi e avverte la possibilità di vedere una luce nuova, ricca di promesse. Anna, come Napoli si è liberata da sola, anche lei deve trovare dal sola la strada della sua salvezza. La grande sete non è facile da soddisfare. Quella sete che parla di indipendenza, di conoscenza, di coraggio e di riscatto.
Il romanzo, ispirato alla storia della nonna della scrittrice, è emotivo. La narrazione è profonda. La storia commuove. La scrittura è così reale che il lettore sente e vede tutto. Legge e negli occhi si parano innanzi le immagini di un racconto scritto con una notevole capacità espressiva.
Lucia Accoto