Benvenuto su Satisfiction   Click to listen highlighted text! Benvenuto su Satisfiction

Gabriele Cecconi. La città delle cento ciminiere

Home / Recensioni / Gabriele Cecconi. La città delle cento ciminiere

La vita è una cosa e l’ideologia è un’altra. Entrambe, però, formano il carattere. Ognuno poi prende la strada che più gli è congeniale in base alla propria personalità, remissiva o ribelle. Si può raddrizzare il tiro, se l’occasione a portata di mano è favorevole e buona. Eppure, ci sono situazioni in cui si subisce e basta, hai voglia a menare imprecazioni. Dinanzi alla guerra, per esempio, o combatti oppure soccombi. E se ad una guerra politico-egemonica si aggiunge anche un conflitto familiare, allora le circostante diventano più pesanti. L’animo si spacca, anche se i sentimenti restano. La famiglia è sempre famiglia. Da una parte ci stanno l’affetto e gli ideali e dall’altra gli interessi. Nel mezzo naviga il vuoto che ingoia ogni cosa, incomprensioni comprese che portano silenzio, astio e allontanamento. Il disfacimento, con il suo irreparabile senso di non ritorno, crea macerie addirittura nell’opaca speranza che tutto cambi in meglio e in fretta. Si va avanti, come si può. Le promesse sono miraggi, miracoli e atti di fede quando si tratta del destino degli altri. Si condiziona, così, la massa che si aggrappa ad una guida quando agita le coscienze con parole nuove, impattanti, ad effetto, ma che sono anche le più infide e pericolose perché nascondono qualcosa di più e di più grave. Le nuvole passano e il cielo resta. Il passato non si può modificare, quello è e quello rimane. Da esso si impara, se si ha mente e animo per farlo. Altrimenti esiste l’accettazione, ma c’è pure il rifiuto. Dipende tutto da come si intende procedere lungo la linea della vita.

In La città delle cento ciminiere di Gabriele Cecconi per Giunti editore conosci la storia di tre famiglie che si intreccia tra ideali, rivalità e tradimenti. E’ il 30 luglio 1900 quando a Prato giunge una notizia terribile: a Monza è stato ucciso il re Umberto I e l’assassino è un pratese, Gaetano Bresci. In città, però, non tutti condannano quell’estremo gesto di ribellione. Tra di loro c’è Pisacane Bresci, cugino del regicida, che cresce i suoi figli, Gracco e Libero, nella fede degli ideali anarchici. Al confine della terra coltivata a mezzadria dai Bresci c’è il podere di Ademaro Magni che sogna di diventare un industriale. A realizzare il progetto, dopo la sua morte, sarà il figlio Donatello, che fonda, a Prato, uno dei lanifici più fiorenti e si avvicina pure al fascismo. Al contrario, il contadino Dante Gori, respinge per sé e le sue figlie quell’ideologia imposta con arroganza e violenza. I destini dei Bresci, dei Magni e dei Gori si trovano improvvisamente attorcigliati dall’amore e da un torto subìto che ne avvelena i rapporti di generazione in generazione.

Il romanzo storico è entusiasmante. La narrazione, che ha un potenziale notevole, procede come un film, sarebbe adatta infatti per una sceneggiatura cinematografica. Il lettore non perde assolutamente il filo della trama che è molto chiara come precisa è la personalità dei protagonisti. La scrittura è avvolgente, ben composta da uno stile senza fratture, in grado di suscitare molte emozioni nella sua bellezza.

Lucia Accoto 

Click to listen highlighted text!