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George Griffith. L’Angelo della Rivoluzione

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Seppur avessi dei voti ottimi non sono mai stato un studente modello. Ho saltato fin troppe volte la scuola e falsificato firme. Non sopportavo incontrare i professori e discutere con i compagni.
Volevo evadere e ritagliarmi un po’ di solitudine per quelle 5 6 ore.

Per farlo avevo soltanto bisogno di una cosa, dei libri di Jules Verne e di H. G. Wells. I miei primi libri fantastici erano avventure esotiche, spaziali, incubi tra le genti del globo o alieni da Marte. Mi sentivo a casa nel sottomarino di Nemo o sulla macchina del tempo dell’inventore. Ero una mongolfiera in giro per 80 giorni sopra il globo terracqueo.

Leggere George Griffith e il suo Angelo della Rivoluzione è stato un esperimento di archeologia nostalgica. Sfogliare il romanzo significava riassaporare me stesso, nelle mie crepe di adolescente confuso e stupido. Ho assaporato un’antica meraviglia fatta di fantasy e fantascienza, di speculazione alla William Morris alle fantasmagorie aeronautiche di fine ottocento. Tornato bambino ho intrapreso un salto pericoloso, essere me stesso per tutta la lettura. Senza pretese critiche o letterarie. Solo io e il romanzo di Griffith.

Un’avventura titanica che è nel solco degli eternauti classici, ma rivoluziona il tutto con grandi imperi squarciati da anarchici impazziti. Topos e mitologemi di epiche aeronautiche danzano nella morte del realismo, il risultato è un attacco di panico retrofuturistico che conquista ogni lettore. Soprattutto noi che odiamo le cose semplici.

George Griffith aveva predetto molto, i terroristi del cielo, la guerra mondiale, i grandi moti rivoluzionari di tutto il novecento. Secolo breve, secolo inquieto.

Proiettati tra le nuvole di un classicismo steampunk e onirico cadremo poi nel vuoto dell’oscurità. Dietro la tetra coltre dell’Angelo della Rivoluzione

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George Griffith
L’Angelo della Rivoluzione
Fanucci Editore
Traduzione di Evelina Croce
Prefazione di Carlo Pagetti

515 ppg.

14 euro

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