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Giordano Criscuolo. Le parole che non scrivo

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Mi piacerebbe sai/vederti piangere/anche una lacrima/per pochi attimi“ (Marlene Kuntz, Nuotando nell’aria). In epigrafe nel libro “Le parole che non scrivo” di Giordano Criscuolo (Eretica Edizioni, 2025 pp. 144 € 13.00) la traiettoria liberatoria, dalla lusinga al disinganno, delle passioni. L’autore eleva in senso letterario ed estetico il senso catartico della storia narrata, purificando interiormente il suo esordio letterario di vent’anni fa, riscrivendo una edizione definitiva del suo accattivante romanzo. “Le parole che non scrivo” circonda il sogno romantico di una storia d’amore, difende la confidenza delle speranze e la promessa dei desideri nascosti sotto l’ispirazione della celebrativa generazione degli anni novanta, della caratteristica magica di un’epoca. Giordano Criscuolo ripercorre, attraverso i protagonisti Annalisa e Manuel, l’impalpabile dolcezza dei ricordi che scivolano lungo una inespressa dichiarazione d’amore, fatta di lettere non recapitate ma destinate all’affascinante ragazza, cattura il coraggio espressivo di ogni irresistibile sensazione, evidenzia lo spirito dirompente e rivoluzionario nell’immersione travolgente in ogni affermazione emotiva, riflette l’appassionata e smarrita impazienza dell’innamoramento, amplifica, attraverso il manifesto coinvolgente ed entusiasmante della vita, la mitologia di un tempo e dei suoi sentimenti. Il libro raccoglie i conflitti interiori e gli ostacoli affettivi, include il contesto poetico dell’autentica e trascinante missione esistenziale, dove la musica e le aspirazioni sono l’immaginario rappresentativo di un ideale visione del mondo, esalta la sostanza nutritiva e stimolante per l’anima, per condividere tutto ciò che rimane nei frammenti delle storie.

Giordano Criscuolo racconta con seducente attenzione linguistica, la capacità umana di incrociare le relazioni umane, intrecciando il profumo incantevole e invitante dei legami con l’inviolabile percezione di essere avvolti dalla stretta impercettibile e preziosa del vivere, riconoscere e avvertire la determinazione necessaria alla naturale e avvincente libertà, in tutte le sue delicate e impetuose sfumature. Descrive, in uno scenario commemorativo, avvinto tra l’oscillazione delle illusioni e la vibrazione della nostalgia, il flusso ritmico e risuonante della coscienza, l’attraente persuasione della bellezza, sempre presente, indicata come il respiro confortevole nelle difficoltà, dove la consapevolezza di interagire con il dolore è uno struggente processo riflessivo, l’assenza rappresenta l’inquietudine della malinconia, il tremore del turbamento un intenso volo verso l’immaginario. Eleva la presenza imponente e persistente dell’amore infuocato e animoso a motivo di memoria narrativa, mescolando la consistenza di uno sviluppo cronologico tra passato e presente, nella disgregazione di confessioni eseguite su una melodia, basata sull’osservazione diretta e intenzionale di un lungo tratto di strada percorso insieme in nome della gioventù. L’autore ricostruisce l’atmosfera delle situazioni vissute e patite, guarda dentro ai pensieri sulle note di un linguaggio comune e familiare che affronta la responsabilità del disincanto e il valore di cambiare, volteggia negli stati d’animo dei protagonisti e nelle loro situazioni come mosso da una costante intuizione, da un’attitudine creativa, capace di reinterpretare la grazia e la verità assoluta del cuore. “Le parole che non scrivo” sono quelle che indicano la riservatezza delle emozioni, sospese nel compromesso felice delle rivelazioni, ma che elaborano l’indecifrabilità dei vincoli e l’iniziatico percorso della scrittura.

Rita Bompadre

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