L’adagio di David Foster Wallace «ogni storia d’amore è una storia di fantasmi» si adatta bene al nuovo romanzo di Giuliano Brenna L’odore dei cortili: la storia, come un filo unico tra una moltitudine di personaggi, corre da un fantasma all’altro, creando ciclicamente gli effetti dell’abbandono e della scoperta. Mattia, giovane protagonista del romanzo di formazione, diviene orfano di madre, una cameriera che perde la vita per opera della Pide, la polizia politica del Portogallo dell’epoca dittatoriale; il padre Auguste è invece un membro della Resistenza che sceglie l’esilio in Francia e non fa più ritorno a Lisbona, una città presa dalla cupidigia dei decenni di António de Oliveira Salazar, la cui militarizzazione delle strade fa da controcanto illiberale alla povertà del popolo. Mattia si perde così, dopo una notte di febbre, nell’essere un ragazzo dei cortili iper-umanizzati della capitale, in una lenta evoluzione e senza avere un’identità da anteporre ai fatti, nei passaggi in cui l’odore acre di chi sosta è norma.
Il capitano Green, enigmatico ex militare che lo coinvolge in giochi sadomasochistici, è il suo alter ego, la strada da cui scappare e su cui tornare all’infinito. Se il tema del libro si può considerare la scoperta della sessualità, allora ciò appare dirompente quando Mattia incontra il capitano e lo segue a casa, attratto dalla sua gentilezza, come in una favola nera. Essere al centro delle perversioni di un uomo adulto e represso, a quanto si richiama nella storia, dà a Mattia un punto fermo nella sua esistenza, soggiogata dalla perdita e dall’attesa di sé: una perdita inconcepibile, quella della madre, che viene a mischiarsi con il senso di colpa per essere stato un bambino. Chi lo fa crescere in fretta è proprio la sessualità, come una sveglia biologica dalla condizione innaturale di essere orfano: Mattia si trova nel limbo di rivelarsi a sé stesso e, come in una rivoluzione interiore, si lascia governare dal desiderio e non dalla morale o dalla convenienza.
Di grande aiuto a svelarsi sono gli incontri; come con Lisandro e Duarte, che vivono il loro amore senza la paura di pregiudizi e stendono i panni in bella vista sulla terrazza; come con Nuno, che lo seduce mentre sta iniziando a frequentare una ragazza, Ana, che tutto sa e ogni elemento fuori spartito tace; come con la zia Clara, unica custode del segreto della morte di Serena. Mattia si chiede se sarà ancora il portatore sano di una colpa, e nel frattempo schiva altri fardelli, soffoca la voglia di potersi infilare nelle conversazioni come un giovane qualunque della strada senza la necessità di dimenticare. Lisandro, poliziotto della nuova epoca fuori dalla dittatura, dopo la Rivoluzione dei garofani, lo indaga e lo assolve; fa sì che Mattia diventi l’uomo che lui stesso è diventato, il simbolo di un cambiamento giunto fino alle autorità, prima omicide e poi rassicuratrici come una madre.
L’odore dei cortili si sofferma sulle facce di una sessualità nascosta o emancipata: a Green, che ha tradito per non rivelarsi; a Mattia, che si perdona rivelandosi. L’accettazione è un climax, nel romanzo: si procede per gradi, fino ad arrivare a un unico risultato, il nuovo giorno per poter scoprire che la madre è morta e lui non ne ha colpa di un omicidio capitato per ideologia, caso e povertà; durante una dittatura, che come ogni altra dittatura che è esistita, si nutre di ingiustizie nei confronti dei lavoratori, della violenza, e dell’asservimento di gran parte della classe borghese. L’ambientazione del romanzo è affascinante, come riuscita è la dovizia di particolari nel descrivere l’arte culinaria lisbonese. L’accostamento tra la perdita e la scoperta dirompente dell’omosessualità ricorda romanzi recenti come Il giovane Mungo di Douglas Stuart, su un giovane che cresce nella dura realtà della classe operaia di Glasgow, o meno recenti e più famosi, come Chiamami col tuo nome di André Aciman.
Il romanzo di Brenna, recentemente inserito nel listone dello Strega, ha uno stile sobrio, con un approccio novecentesco alla narrazione, che sa di classici alla Tabucchi di Sostiene Pereira o Requiem. C’è un delicato equilibrio tra le riflessioni e l’agire, che lascia alla centralità dell’analisi psicologica del racconto un modo di operare più coinvolgente della storia stessa: il romanzo sale, infatti, quando Mattia è già nella fase di adolescente e inizia a esplorare il lato più complesso del Sé, partendo dalla componente oscura che Green gli serve su un piatto d’argento. Molto defilato è il padre Auguste: la scelta del narratore è quella di mettere la focalizzazione su Mattia e il suo alter ego, senza allargare il campo delle ipotesi, tralasciando la famiglia in favore della sessualità.
L’odore dei cortili è un libro rapido, dalla parte del lettore, che non si intimidisce di fronte ai grandi temi, senza tuttavia cercare la frase scandalosa o la scena sopra le righe, come per un pudore certamente lontano dall’epoca degli iperconnessi.
Federico Di Gregorio