Un parto solitario: “Se la sistemò tra le gambe e fece scorrere un dito indice all’interno della sua bocca per liberarla dal muco e assicurarsi che la lingua fosse in avanti e non all’indietro, per evitare che si strozzasse. Prese forbici e filo, annodò il cordone ombelicale e lo tagliò. Poi pulì teneramente quella cosa minuscola con il lenzuolo, la posò di fianco a sé, si mise la bacinella tra le gambe e si accasciò sui cuscini, stremata.”
Un pasto bestiale: “Lei gli offrì una cena coi fiocchi: maiale salato fritto, fagiolini coltivati ed essiccati da lei stessa, pane di mais e sorgo, e caffè, che lui sorseggiò ripetutamente per convincersi che fosse reale, spingendo la tazza verso di lei per averne ancora. Spazzolò tutto il cibo. Aveva maniere abominevoli, usava solo il coltello e le dita, faceva cadere i fagiolini a terra e li mangiava lo stesso, e quando ebbe svuotato il piatto, e dopo averci inzuppato del pane e avere mangiato anche quello, si inclinò sulle gambe posteriori della sedia e ruttò.”
Una caccia brutale: “Erano lupi grigi. Alcuni arrivavano a pesare anche cinquanta chili. Con il passare dell’inverno iniziavano a cacciare in branchi affamati di cinque o sei per assicurarsi la preda. Attaccavano qualsiasi cosa viva. La signora Iverson aveva raccontato a Otto cosa facevano al bestiame durante le bufere di neve. Ricoperto di ghiaccio e neve, il bestiame veniva assalito e buttato a terra senza potersi rialzare, e i lupi si avventavano sulle loro pance e mangiavano fino a ricavare un buco abbastanza grande per consentire a uno o due di loro di entrarci dentro e ripararsi dalla tempesta. In cuor suo, Hedda sapeva che erano più che lupi. Erano messaggeri di Dio.”
Arriva nelle librerie italiane L’Accompagnatore di Glendon Swarthout, (Jimenez 2025, pp. 256, € 19 con traduzione italiana di Gianluca Testani). Il romanzo western è stato pubblicato negli USA nel 1988 e trasposto nel film The Homesman (2014) con Tommy Lee Jones e Hilary Swank. Questa edizione include una postfazione di Miles Swarthout, figlio dell’autore, che racconta la genesi del romanzo.
Glendon Swarthout, maestro del western letterario, nato nel 1918 e scomparso nel 1992, ha scritto sedici romanzi, molti dei quali sono diventati film, tra cui Il pistolero (1976) con John Wayne.
Ambientato nel Nebraska del 1850, il libro segue Mary Bee Cuddy, insegnante solitaria e determinata, incaricata di scortare quattro donne traumatizzate fino in Iowa. Per riuscirci, si allea con George Briggs, un vagabondo ai margini della società.
Insieme affrontano un viaggio pericoloso tra terre ostili, tempeste e minacce costanti, in una lotta per la sopravvivenza e la speranza di un nuovo inizio. Ogni passo è una lotta contro la solitudine e la disperazione, un tentativo di resistere e, forse, di ricominciare.
L’Accompagnatore è ispirato alle biografie dei coloni degli anni Cinquanta dell’Ottocento, tra i decenni più dimenticati della storia americana.
Un romanzo di straordinaria forza e umanità capace di raccontare il lato più duro e dimenticato dei perdenti del West: quelli che non sono sopravvissuti al sogno della frontiera.
Carlo Tortarolo
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Alla fine dell’estate Line gli aveva detto di essere al secondo mese. Un’altra bocca da sfamare. E poi, diceva, a quarantatré anni era troppo vecchia. Diceva che sarebbe venuto con la testa di melone o tutto storpio o con il labbro leporino perché Dio doveva essere arrabbiato con loro perché guarda che cosa era già successo quest’anno.
Durante la primavera avevano perso tutte le vacche tranne una e il suo vitello a causa del carbonchio sintomatico.
In quello stesso periodo anche Virgil, il loro unico figlio maschio, un sedicenne molto intraprendente, aveva preso e se ne era andato a cercare l’oro degli stolti in California.
A luglio la grandine aveva appiattito il loro grano e ad agosto, proprio mentre il mais stava spuntando, due settimane di vento infernale ne avevano bruciato così tanto che in autunno avevano staccato le piccole e misere pannocchie e le avevano sgranate a mano piuttosto che portarle al mulino. Otto ettari di grano distrutti, e dodici di mais. Colture da reddito. Dio ha fatto il tempo, diceva Vester.
Ormai era marzo, e Line continuava a recitare i loro guai come un bambino una poesia, e lui stava ad ascoltarla perché di questi tempi parlava raramente e forse così l’avrebbe aiutata a superare qualsiasi cosa fosse che la faceva stare male.
Poi, prima della prima neve, quando sapevano che sarebbe stato difficile sfamarsi per tutto l’inverno, mandarono Loney, la loro primogenita, a sgobbare a venti chilometri di distanza per una famiglia che stava molto meglio. Per il vitto e per un terzo di un letto, povera figlia.
Poi uno dei loro buoi si prese le larve; vermi sotto la pelle. Potevi aprire il gonfiore e inzuppare di cherosene i vermi per ucciderli, se avevi il cherosene. Lasciati lì, i vermi avrebbero succhiato l’anima del bue, Line ne era certa, e in primavera, aggiogato, sarebbe crollato stecchito in mezzo al campo, povera bestia.
Poi questo inverno di dannazione. In che modo avevano peccato? Faceva così freddo che alla fine di gennaio avevano già finito la legna e i tutoli e dovevano riscaldarsi e cucinare con il fieno. Per due volte, quando fuori c’erano cinque gradi sotto lo zero, portarono in casa i due maiali per impedire che congelassero di notte, ma un’altra sera non ci riuscirono e un branco di lupi li spolpò fino alle ossa. Le bufere erano così violente che non si vedeva nulla a un metro dalla porta di casa. Dovettero tirare una corda dall’uscio fino alla stalla e una seconda corda dalla stalla al gabinetto per non perdersi. Il reverendo Dowd passò a trovarli a gennaio durante un breve disgelo, e anche Mary Bee venne dalla sua proprietà a febbraio per portare loro un po’ di cibo; ma a parte questi due, il pastore itinerante e la vicina più prossima, la famiglia non posava gli occhi su altri esseri umani da cinque mesi. La scuola-chiesa era chiusa per neve, nessuno mai passava a salutare, e loro desideravano tanto sentire il dolce suono dell’archetto su un violino. Il padre, la madre e le tre bambine tremavano, erano malaticci e bevevano dallo stesso mestolo.
E ora un bambino, concluse Line.
Vester aveva quarantaquattro anni. Mise una mano sul ventre di lei e disse che un bambino non era colpa sua. Un uomo ha le sue necessità, disse, e l’Onnipotente aveva provveduto a fornire una donna per questi bisogni.