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Guido Ceronetti anteprima. D.D. Deliri disarmati

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I racconti di D.D. Deliri disarmati di Guido Ceronetti, in uscita ora da Einaudi con una prefazione di Tiziano Scarpa, non sono racconti se si tiene conto della tradizionale definizione attribuita a questo termine. In essi potremmo individuare riferimenti “nobili” che, in qualche modo, possano aiutare a “rendere” le loro infinite consistenze a fronte della breve durata grafica. Uno di questi riferimenti è la dimensione cinematografica del Surrealismo, da affiancare a possibili rimandi alla più alta letteratura fantastica – quella di Buzzati, Landolfi e Manganelli, per intenderci – e, in filigrana, al più puro concetto di perturbante in Caillois. La dimensione fantastica dei racconti, contiene in molti casi, infatti, la comparsa improvvisa e di elementi perturbanti, che creano i presupposti per l’insorgere di enigmi e interrogativi su cui si è costretti a meditare. Tutto è poi illuminato – come di consueto in Ceronetti – da una sistematica fuga dalle sabbie mobili della lingua usata e abusata dai cliché espressivi, colma al contrario di neologismi, termini desueti e improbabili. È il caso di abbandonarsi a questi deliri disarmati.

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La Cattedrale Inghiottita

Sul luogo della Cattedrale Inghiottita i Zeppelin scaricano di continuo turisti, un pieno di nullezze. Ma oggi è lunedí, un solo arrivo; purtroppo, giapponesi. Le loro macchinette da ripresa non stanno ferme un momento. Si direbbe che la loro testa sia la macchinetta appesa al collo, e quella sul collo, l’inseparabile macchinetta.

Il loro nulla non vuol perdere nulla del nulla della Cattedrale Inghiottita. La buca è stata ricoperta da una colata di cemento dove hanno messo delle aiuole. Dei cartelli indicano l’Abside, le Cappelle, qui s’illuminava il rosone, là c’era la famosa vetrata della Passione e sotto il sarcofago dell’arcivescovo Annibale.

I giapponesi fotografano tutto, anche noi, che per compiacerli ci denudiamo per mostrargli com’erano Adamo ed Eva, raffigurati nel Portale inghiottito. I custodi abitano in una palazzina duecento metri piú in là: conservano le chiavi. Nella loro casa c’è un impianto che diffonde suoni di campane. Anche questo fotografano prontamente i giapponesi. Le mogli e le figlie li seguono docili e mutilate, senza macchinetta, ridendo sommessamente.

© 1993 e 2022 Giulio Einaudi editore s.p.a., Torino

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