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I BAUSTELLE LEGGONO "LA STRADA" DI MCCARTHY

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06 MAGGIO 2008
SATISFICTION#17: UNA LETTURA A 45 GIRI. I BAUSTELLE ACCOLGONO LA SFIDA E SI METTONO NEI PANNI E NELLA PENNA DEL CRITICO LETTERARIO

Di seguito in esclusiva dal nuovo numero di Satisfiction  la recensione a La strada di Cormac McCarthy firmata dai Baustelle.
LA STRADA
Di Cormac McCarthy
Per chi scrive, questo romanzo è il più bel romanzo americano degli ultimi cento anni. Conoscevo McCarthy, e ho avuto modo di apprezzarne le capacità in romanzi precedenti quali Meridiano di Sangue e Non è un paese per vecchi. Ma questo La Strada va molto oltre. E non me l’aspettavo, sinceramente. “Va oltre” sotto vari punti di vista. Va oltre la tematica della frontiera, tanto cara all’autore texano, dato che il contesto de La Strada è quello degli altri romanzi citati, ma trasferito in un futuro (futuro prosssimo, o presente?) misteriosamente post-atomico o post-catastrofico. Infatti i due protagonisti, un uomo e il figlioletto, si muovono attraverso gli spazi aperti di un’America misteriosamente distrutta da “qualcosa” (un qualcosa che noi lettori non sapremo mai). Soli, in cammino con un carrello della spesa pieno di scatolette e coperte, viaggiano verso il sud, alla ricerca del sole e del caldo. Attraversano un’America ricoperta di cenere, e quando volgono gli occhi al cielo vedono solo grigio perché una coltre spessa di fuliggine oscura loro la vista. Piove pioggia nera quasi di continuo, e fa freddo. I due attraversano un’America disseminata di resti di cadaveri bruciati, e case vuote in cui cercare del cibo abbandonato o qualche utensile per continuare il viaggio e la sopravvivenza.
In questo romanzo McCarthy va oltre la sua grande ossessione di sempre, lo scandagliare senza sconti o approssimazioni il mistero del Male e della violenza di cui sono capaci gli esseri umani. Il padre e il figlio, infatti, non sono rimasti soli sulla terra. Devono affrontare uomini altrettanto disposti a sopravvivere, cacciatori disperati e cannibali. Uomini che qualcosa ha riportato alla condizione animale, belluina. Il buon Cormac dipinge le avventure di queste nuove bestie con una scrittura e un lessico affascinanti, con un tono biblico da Antico Testamento, epicamente, profeticamente; descrive minuziosamente e nei dettagli un mondo distrutto ormai privo di dettagli.
Ne La Strada McCarthy va oltre se stesso perché mai prima d’ora era stato così positivo. E potrà sembrare strano, dato lo scenario di cui vi ho parlato fin qui. Eppure sì, si tratta di un romanzo positivo, una parabola nera per raccontare la speranza. I dialoghi fra padre e figlio che ricamano tutto il fiume narrativo della storia sono da antologia. Strazianti, veri. Precisi come traiettorie di pallottole.
Prima di prendere sonno rimase sveglio a lungo. Dopo un po’ si girò a guardare l’uomo. Il suo volto rigato di nero dalla pioggia alla debole luce della lampada, come certi teatranti del vecchio mondo. Ti posso chiedere una cosa?, disse.
Sí. Certo.
Noi moriremo?
Prima o poi sí. Ma non adesso.
E stiamo sempre andando a sud.
Sí.
Per stare piú caldi.
Sí.
Ok.
Ok cosa?
Niente. Cosí.
Adesso dormi.
Ok.
Questo romanzo è la storia di due esseri umani in un mondo semimorto che ancora credono in un mondo vivo. E’ la storia del loro implacabile amore. Dovessi raccontarlo in una riga, direi “È una storia d’Amore”. E metterei in maiuscolo la A.
Un romanzo che andrebbe fatto leggere nelle scuole, e fatto imparare a memoria ai nostri figli. Fortunati e poveri figli dell’Occidente (così moderno e così in declino), cuccioli di uomo che non hanno mai fatto la guerra, non sono mai stati bombardati, non hanno mai sofferto la fame, non sono mai stati costretti ad avere paura dei lupi e del freddo, non hanno mai dovuto tenere in mano una pistola se non quella della Playstation.
Cormac McCarthy, La strada, tradotto da Martina Testa, Einaudi, € 16,80

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