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Il cavaliere, la morte e il diavolo

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Oggi alle 12:46 (vietandomi di fare l’elemosina a una persona che aveva dimenticato il suo nome) ho capito una ovvietà, che comunque non avevo mai compreso: ciò che è fondante conta e ciò che viene fondato è nulla, pertanto ho “visto” che la mistica non sa che farsene della teologia, di qualsia diologia di ognidove.

Nell’ordine mi sono venuti in mente: il libro sui mistici di Zolla che ho perso (prima edizione Garzanti, 1963), Das Ding an sich e infine Carlo Sini che la sera del 27 marzo del 2019 a Bologna (in occasione di Oracoli https://bologna.emiliaromagnateatro.com/oracoli/) mi disse che Husserl nel suo studio aveva una riproduzione dell’incisione “Il cavaliere, la morte e il diavolo” di Dürer, 1513. Ma soprattutto, con la consueta sua gentilezza, Sini mi consegnò un insegnamento fondamentale (non mi dilungo su come debba comportarsi il cavaliere ognuno può quello che fa): la Morte che altro è se non l’uso incauto di parole morte? E il Diavolo? Le parole doppie, enfatiche, il vuoto separatore.

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