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Introduzione alla mia morte. Intervista a Fabio Massimo Franceschelli

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Per Le Tre domande del Libraio su Satisfiction questa settimana incontriamo Fabio Massimo Franceschelli, romano, classe 1963. Autore di drammaturgia , narrativa, critica e saggistica. Ha firmato numerose regie e diretto festival teatrali e ha fatto della scrittura, senza dubbio, una grande passione. Il suo curriculum è talmente ricco che diventa impossibile elencare in poche righe tutto ciò che ha prodotto. Laureato in storia e antropologia delle religioni, Franceschelli è sicuramente una delle penne più interessanti della drammaturgia nostrana. Redattore per la rivisita Perlascena, studioso, appassionato di cinema e teatro, ha dato prova di essere uno scrittore a tutto tondo guadagnandosi la finale della 28° edizione del Premio Italo Calvino. Nel maggio del 2016 ha pubblicato con Del Vecchio Editore il suo primo romanzo, intitolato semplicemente “Italia” ed è stato finalista della prima edizione del Premio Pop ( menzione speciale), dell’edizione 2017 del Premio Nabokov ( secondo classificato). Introduzione alla mia morte, il nuovo romanzo di Fabio Massimo Franceschelli, è arrivato sui nostri scaffali a partire dal 28 febbraio sempre per Del Vecchio Editore.

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Fabio, questo tuo secondo romanzo arriva dopo circa otto anni da Italia e so per certo, da fonte attendibilissima, che hai iniziato a scriverlo quattro anni fa, dopo quaranta mesi di scrittura e otto di lavoro redazionale. Ci vuoi raccontare cosa ti ha ispirato a scriverlo, se c’è stato un evento o un momento particolare che ha acceso la scintilla per questa storia e soprattutto se ci porti nell’officina di lavorazione di questi quattro anni?

Si, corretto, quaranta lunghi mesi di scrittura giornaliera, a volte scrivevo per ore e altre per pochi minuti, e se non scrivevo riflettevo comunque sulla storia o sui personaggi, prendevo appunti, annotavo passi che poi la sera sviluppavo. Non c’è stato giorno, in questi quattro anni, in cui ho tralasciato la mia storia e i miei personaggi. Per vari motivi ho giornate frenetiche e piene di impegni, raramente posso permettermi spazi prolungati e protetti dove dedicarmi alla scrittura senza disturbi o interruzioni, quindi questo è un romanzo strappato al tempo, a doveri prioritari, scritto in momenti e luoghi improbabili. Non a caso le prime bozze del testo sono state battute quasi tutte al cellulare, il dispositivo più duttile, agile e immediato di cui dispongo.
Il romanzo nasce come fusione di quattro progetti diversi e questa crasi strutturale è ben visibile nel testo finale. I quattro progetti, tutto sommato, non avevano difficoltà o controindicazioni a unirsi l’uno all’altro, quello che tuttavia dovevo trovare era uno “sfondo” comune, un po’ come un pittore che decide di ritrarre quattro soggetti diversi nella stessa tela e li armonizza tra loro attraverso (anche) uno sfondo che li comprenda e li relazioni.
Qual è stato questo sfondo? Ho iniziato a sentire la necessità di scrivere un nuovo romanzo durante i mesi della pandemia di covid. Ricordo di aver avuto uno scambio di mail con Ilaria Troncacci di Del Vecchio Editore, e l’argomento del nostro discutere era come sarebbe stata la letteratura post pandemia o, meglio, post lock down. Erano settimane che eravamo tutti chiusi in casa e io, a differenza di altri colleghi, non sentivo alcuna attrazione nei confronti della distopia che, anzi, nella situazione che stavamo vivendo, più di un genere narrativo somigliava alla cruda realtà. Decisi dentro di me che la “mia” letteratura dopo la pandemia si sarebbe necessariamente confrontata con gli spazi aperti e con la natura, una fuga letteraria dalle stanze chiuse, dalle case e dalle città, e dai drammi borghesi, una narrativa che se pur resta, in senso lato, “borghese”, ha in sé echi e riverberi della letteratura di viaggio e d’avventura. Ecco che i quattro progetti si sono incarnati diventando i quattro personaggi principali del romanzo, quattro individui uniti molto più dall’essere immersi in uno dei punti più selvaggi dell’Appennino umbro-marchigiano che dall’avere tra loro labili legami familiari.

Sono quattro i protagonisti di questa storia, con i loro drammi e le loro paure. A partire dal titolo vogliamo spiegare, ai tanti lettori forti di Satisfiction, l’intreccio della trama e i caratteri di questi quattro personaggi?

L’autrice Carmen Verde (Neri Pozza), presentando Introduzione alla mia Morte ha parlato di trama nascosta, quasi fantasmatica, una storia che si intravede attraverso l’accostamento, apparentemente innocente, di fatti eterogenei e autonomi. D’altronde cosa si intende con “storia”? Un inizio e una fine, un’evoluzione, un arco di trasformazione, un ordine, una connessione tra le cose, la possibilità di una sinossi e di un senso, addirittura di una morale. Non è la mia visione della vita, non mi appartiene, e infatti in Introduzione alla mia Morte queste cose non ci sono, o sono labili, tremolanti, poco incisive.
Però la tua domanda è chiara: spiegare ai lettori l’intreccio, la trama, i personaggi. Hai ragione, non posso sfuggire al dovere della sintesi, quindi ci provo: il romanzo si struttura in 3 parti: Autunno, Inverno, Primavera. Siamo in Italia, nel 2018, vigilia della pandemia. Quattro i principali protagonisti, appartenenti a una famiglia che di tradizionale ha nulla, in realtà sono quattro adulti con il loro peculiare vissuto, i loro fantasmi, i loro sogni. Inizio con il più vecchio: Carlo Castello, un famoso giornalista italiano, un corrispondente di guerra, volto noto dei media che ha raccontato agli italiani i principali conflitti degli ultimi decenni, dalla seconda guerra del Golfo alle vicende curdo siriane, passando per la dissoluzione dell’ex Iugoslavia e per l’Afghanistan. Giunto all’età di 64 anni decide di ritirarsi da ogni attività giornalistica, acquista e ristruttura un vecchissimo casolare isolato in alta collina, nel mezzo di maestose cime appenniniche, e vi si trasferisce. Non ne può più di bombardamenti e missioni all’estero, vuole vivere lì il resto della sua vita e scrivere un libro di memorie di guerra che vuole chiamare Introduzione alla mia Morte. E infatti alcuni capitoli del mio romanzo sono la sua diretta narrazione di vari episodi di guerra che ha vissuto a Sarajevo, a Bassora, a Kabul, a Kobanê, nel Kosovo, nella Siria di Daesh.
Carlo è sposato in seconde nozze con Sonia, più giovane di lui, madre di due gemelle da precedente matrimonio e in piena attività lavorativa come professoressa di Storia Medievale a La Sapienza. Sonia non ne vuole sapere di seguirlo in quell’esilio che a lei pare insensato; si limita a raggiungerlo in alcuni fine settimana o nei periodi festivi. Quando va da lui, visita le chiese romaniche della zona prendendo appunti per un romanzo storico che ha in mente, la vita di un eretico marchigiano del XIV secolo. Si perde in ragionamenti sul medioevo e sulla scrittura di romanzi. Durante un’escursione solitaria in montagna ha un incontro sconvolgente con un orso, ma nessuno, nemmeno il marito, crederà mai a questa sua storia. Il rapporto tra Sonia e la natura appenninica, la fauna in particolare, sarà sempre molto problematico.
Nei lontani anni del primo matrimonio, Carlo ha avuto due figli, Sandro e Stefano, che per ovvi motivi di lavoro non ha cresciuto e che di fatto non lo riconoscono, se non formalmente, come padre. Ora che finalmente è diventato stanziale, Carlo prova a costruire dei rapporti con i due.
Il maggiore è Sandro Castello, un ex ingegnere che alcuni anni prima è rimasto vittima di una delle tragedie più inesplicabili dei nostri tempi: in un giorno di piena estate, ha lasciato il suo bambino addormentato nel seggiolino dentro l’auto al sole, nel parcheggio della sua azienda. A seguito di questo episodio ha tentato il suicidio, col risultato di prodursi una menomazione permanente alla gamba destra. Sandro è una sorta di morto vivente, sotto cura a base di psicofarmaci, passa le sue giornate a letto a fumare e a ripensare ossessivamente al giorno in cui la sua imperdonabile dimenticanza (La Cosa, lui la chiama) gli ha ucciso il figlio. Carlo lo porta a vivere con sé e, caparbiamente, tenta di sostenerlo in un lento processo di rinascita. Durante un’escursione in alta montagna verrà in contatto con una misteriosa comunità, nascosta tra grotte e boschi.
In ultimo Stefano Castello, fratello più giovane di Sandro, un filosofo dotato di una naturale vocazione leaderistica. Seguendo le intuizioni e le teorie di un suo mentore universitario fonda un nuovo partito politico, “Futura”, movimento che utilizza con successo la retorica dell’estraneità da destra e sinistra. Il suo è una sorta di melting pot ideologico, dove miti del patrimonio storico della sinistra, Marx e Gramsci tra gli altri, convivono con suggestioni pasoliniane, dannunziane, futuriste. È bello, giovane, ha carisma ed è dotato di una dialettica così veloce e pungente e provocatoria da fare apparire improvvisamente vecchi tutti i partiti rappresentati in parlamento. Unisce ferreo laicismo, attenzione libertaria ai diritti civili, un pizzico di transumanesimo, nazionalismo, suprematismo, contrarietà verso l’emigrazione araba, africana, asiatica, liberismo sfrenato in economia, diffidenza verso ogni autorità sovranazionale, retorica complottista. Il suo carisma e le sue idee, pur tra alti e bassi, fanno presa a destra quanto a sinistra e lo proiettano verso la conquista politica dell’Italia.Nella precedente domanda parlavo dello “sfondo”: bene, quinta grande protagonista del romanzo è la montagna appenninica, rappresentata come una dimensione aliena, eterna e gigantesca, dentro cui si muovono senza orientamento, né bussole né carte, i piccoli insensati destini umani.

Nel libro si racconta di guerre ad est dell’Europa ma pure di conflitti mediorientali, di boschi appenninici e di Monti Sibillini, di medioevo e di nascita di nuovi partiti politici, e pure di bambini dimenticati dentro auto parcheggiate al sole. Sono tanti sono i temi che riflettono il nostro mondo moderno e il nostro tempo. Come per il precedente romanzo c’è una critica alla società contemporanea? Se sì, come hai voluto svilupparla?

Sì, è vero, è un libro che parla di tante cose, di questi nostri anni complessi, di guerre nel mondo e di selvagge montagne appenniniche, di animali selvatici e di nuove ideologie politiche, di bambini dimenticati in auto e di medioevo, di libri da scrivere, famiglie da ricostruire e depressioni profonde da superare. Ma non c’è una critica esplicita alla società contemporanea, non credo sia un mio compito, come autore, emettere giudizi e verdetti. Credo che la complessità del contemporaneo sia tale che può essere solo parzialmente rappresentata, e con ciò intendo una narrazione consapevole dei propri confini, limiti, impossibilità, parzialità; un narrare preciso, accurato, ravvicinato, che si concentri più su singoli dettagli che su un insieme sfuggente e non riducibile. Un uomo dimentica il figlio in auto: che critica possiamo fare partendo da questo fatto? Che lezione, che morale, che senso? Una granata cade dal cielo ed esplode investendo gente a caso che fa acquisti in un mercato all’aperto, persone la cui unica colpa è quella di trovarsi nel posto sbagliato nel momento sbagliato. Che costrutto teorico si può fare sulla vita o sulla società partendo da un avvenimento del genere? Come narratore posso solo pormi il dovere di cogliere “cose” il più possibile, definire ogni dettaglio, ogni sfumatura di fatti, pensieri e sentimenti. Narrare bene, una narrazione definita e dettagliata, senza veli, senza scelte di convenienza, e fare questo con distacco critico, senza l’ansia di venirne a capo, distanza critica e al tempo stesso empatia con l’umanità dei personaggi.
In questo romanzo non si fa critica, non si danno giudizi, non si fa politica né analisi sociale, e nemmeno si fa cronaca. Questo romanzo è una storia di fantasia, e a proposito di fantasia devo aggiungere che c’è anche una buona dose di mistero. Certo, non è un fantasy, se di fantasia si tratta è pur sempre una fantasia plausibile, frutto di un rispecchiamento della realtà contemporanea ma, come lasciavo intendere prima, il contemporaneo non è una storia, è un fantasma, un insieme sfuggente, incomprimibile, cangiante.

Buona Lettura di ‘Introduzione alla mia morte’ di Fabio Massimo Franceschelli.

Antonello Saiz

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