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Ismaël Diadié Haïdara inedito. Ci vuole la notte perché le stelle brillino

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Se c’è un’opera capace di concentrare la forza della vita e la sua calda vertigine questa è Tebrae ( La Sahélienne Edition ) con i suoi versi brevi dove l’immensità dell’universo e un angolo di deserto s’incontrano e si saldano in una scrittura feconda, bruciante, musicale come il ritmo di un tamburo, come l’arpeggiare di un antico strumento africano o il vibrare del vento tra le dune. Qui le intense stagioni di un’esperienza umana si muovono in direzione di nuove latitudini dell’essere e della parola, pronta a trasformarsi in canto folgorante dell’amore con uno stile che incanta il traduttore. Amanuense di se stesso, Ismaël Diadié Haïdara, (conosciuto come Ismaël Qûtti) scrittore, storico, filosofo maliano poliglotta, è una delle figure più straordinarie della poesia internazionale, (insieme al poeta nigeriano Hawad e al ciadiano Nimrod), studiato in molti ambiti accademici. Ha raggiunto altissimi livelli poetici con i suoi versi ispirati ai canti delle donne del deserto africano . Nella tradizione più antica una tebria è un’unità poetica composta da una struttura breve (uno o due versi), un genere minore della letteratura del Sahara meridionale, di solito praticato dalle donne moreniche del deserto per esprimere il loro sguardo sul mondo, sull’amore. Ismaël riprende e arricchisce questo genere poetico (come aveva fatto Takuboku per i Tanka, Khayyam per i Robaiyat, poesie di cinque versi e Bashō per gli Haiku) rinnovando un genere letterario poco conosciuto al mondo. Tebrae appartiene ad un genere di poesia esclusivamente femminile anche se a volte, (come ha sottolineato A. B. Miske) è servita anche al dialogo tra amanti. Dal punto di vista formale, la tebria ismaeliana non stravolge completamente l’antica, caldamente difesa nel suo cuore ma la rinnova con eleganza, con delicata e crepuscolare grazia, come espressione piena e completa della vita, attingendo ad un nuovo livello di linguaggio amoroso. I suoi versi liberi possono essere complementari o indipendenti. In un primo verso sono espressi pensieri, sentimenti ed emozioni; nel secondo, il poema attinge la sua materia dai fenomeni della natura. La vicenda personale di questo scrittore si delinea tra le righe di 1203 tebrae (numerate) di cui propongo la mia versione dall’edizione francese

Sono cresciuto tra gli scheletri di mucche in terre aride.

Nessuno mi ha detto perché siamo nati.

(n. 7)

Il mio paese è il volo degli aironi bianchi.

Il mio paese è nel canto dei grilli e nel silenzio delle stelle

(n.558)

Vengo da un paese che non conosce la primavera.

Ci furono solo stagioni di carestie, guerre ed epidemie.

(n.15)

La sua terra d’origine è il Mali, in Africa occidentale, senza sbocco al mare; il suo confine settentrionale raggiunge le profondità del deserto del Sahara. L’isolamento, la carenza di infrastrutture, e soprattutto l’aridità dell’ambiente, l’hanno reso nel tempo paese testimone di carestie, di guerre, di epidemie che l’autore ha conosciuto fin dall’ infanzia. Nato nel 1957 a Timbuktu, antica città nel nord dello stato, è l’ultimo discendente di Ali ben Ziryab al Kuti, cittadino di Toledo cacciato dalla città nel 1468 a causa dell’intolleranza religiosa che, fuggendo in esilio riuscì a portare con sé e mettere in salvo una selezione di importantissimi documenti in ebraico, arabo e spagnolo che costituivano la sua personale biblioteca. Alla sua morte, la sua famiglia si stabilì definitivamente a Timbuktu. Nel corso dei secoli e delle generazioni, questa preziosa collezione ha vissuto numerose e tormentate vicende. Anche Ismael ha attraversato proprio come i suoi antenati, l’esperienza dell’esilio. Il Paese della «striscia» del Sahel, erede di imperi medievali, poi colonia francese e indipendente dal 1960, fu messo in ginocchio dalla guerra civile e dal colpo di Stato militare fra 2012 e 2013 . Costretto a fuggire dopo aver assistito alla distruzione di mausolei e biblioteche, ad ogni tipo di violenza, alla messa al fuoco della memoria scritta di un popolo, è riuscito a portare con sé per il mondo , quasi tutti i rotoli che la sua famiglia aveva custodito per secoli e protetto dal fanatismo religioso e dai ribelli Tuareg. Oggi è il “sacro custode”, l’erede e il responsabile della conservazione del Fondo Kati, il più importante patrimonio documentario andaluso al di fuori della Spagna che si compone di più di 12.714 manoscritti dal XII al XIX secolo, testimonianze uniche e rare. Proteggere questa grande eredità culturale, custodire la memoria di un mondo scomparso è la sua missione di vita.

Nel fondo KATI c’è una parte della storia dell’Andalusia:

L’Andalusia è bella come una gru coronata/ L’ho ricevuta con la mia migliore stuoia e le ho dato il miglior burro. In una sua precedente opera, Le lamentazioni del vecchio Tombo, Ismael aveva già incluso alcune delle sue tebrae nei capitoli intitolati Tebrae de un cirenaico con la seguente citazione di Omar Khayyam: Poiché ignori ciò che il domani ti riserva, sforzati di essere felice oggi. Prendi una brocca di vino, siediti al chiaro di luna e bevi pensando che domani la luna potrebbe cercarti inutilmente. Si delinea già chiaramente in quest’opera il nucleo della filosofia edonistica che emergerà nel tessuto filigranato di Tebrae:

Se il sole splende per te, sii felice.

Se le tenebre cadono su di te, guarda le stelle, sii felice.

(n.70)

Il suo edonismo, ispirato alla scuola Khayyamiana di Timbuktu è attivo, è l’arte di vivere e di apprezzare l’intensità dell’esistenza nella misura e nella consapevolezza del presente. Vengono individuate le vie principali che conducono ad una vita gioiosa, in una dimensione che contempla una stretta connessione tra filosofia e bios , così centrale nella culture antiche. La vita è un tempo tra un grido e un sospiro, pertanto l’uomo deve imparare a godere di piccoli piaceri quotidiani, nella pienezza della gioia.

Lasciati accarezzare dalla brezza dell’alba

Domani il sole può sorgere senza di te.

( n.1151)

Mentre il poeta soffre, piange, gioisce, il cielo e la terra seguono il loro corso dimostrando l’insignificanza dell’uomo che può decidere solo come viverla, coltivando la conoscenza di sé, del mondo e degli altri, il gusto per l’esperienza esistenziale, la libertà e l’autonomia del pensiero.

Non cerco l’illuminazione.

Una lampada ad olio ed una ciotola di riso mi bastano.

(n. 580)

Tebrae è un libro che si può leggere partendo da qualsiasi punto, da qualsiasi pagina, avanzando o andando a ritroso perché non segue un andamento temporale o una sequenza di fatti; è proprio come la vita che pulsa tra aurorali stupori, che non si svela mai fino in fondo, che assomiglia all’ onda che si frange sulla battigia in modo sempre uguale eppure così diverso.

Evocazioni, descrizione di immagini capaci di condensare un’intensità a volte tragica, a volte dolcissima ed inquieta sono le risultanze di una poesia costruita con il tessuto leggero del silenzio, con il battito delle ali di una libellula. Il cuore della natura è il silenzio notturno che vaga sulle forme conosciute, sugli alberi che, quando tacciono permettono allo scrittore di srotolare lacerti memoriali, di modulare più morbidamente la rifrazione emozionale.

Oggi ho solo il mio silenzio

Sulle mie labbra volteggiano farfalle.

(n.41)

Amo gli alberi

Sanno tacere quando non cantano

(n.124)

L’esortazione a vivere nella pienezza della gioia, il trionfo dell’amore, richiama la forza delle passioni catulliane, la consapevolezza della fugacità dell’esistenza.

Si dice che domani finiremo in paradiso o all’inferno.

Viviamo e lasciamo al domani ciò che sarà

(n. 93)

Il poeta canta l’amore, fiamma nelle notti di neve, l’amore che fa battere il cuore nel sottobosco pieno di leoni e serpenti, l’amore che attraversa i cespugli dove si annidano le iene. L’amore è una luce che splende sulle ragioni della storia e dell’esilio, visione che emerge in un balenare rapido di intrecci morbidi e sensuali.

Voglio avere le tue dita brucianti sul mio corpo di paglia

Che bella fiamma eravamo in quelle notti di neve!

(n.542)

Il respiro della parola investe i segnali della natura, l’unico luogo di rifugio dalla Storia. Il battito del cuore diventa il canto della sua terra dettando un’ottica nuova del paesaggio che diventa lieve, padrone dei segreti di un universo femminile che vibra di misteriose risonanze.

Quando di notte non ci sono più uccelli nelle risaie

Canta per me, donna, i canti della mia terra.

(n.520)

Di fronte agli avvenimenti che turbano il cuore c’è la calma dell’universo, la melodia della vita, un sole sorgente che ha conosciuto la pace, poi la guerra. Tutto va come un lampo. In guerra ho lottato per vivere, – ricorda il poeta – Ora sto lottando per non uccidermi.

ll vento mi segue sulle dune e cancella le mie tracce.

Vanità sono i regni e tutte le opere degli uomini.

(n.1175)

Un giorno l’erba crescerà sulla mia tomba ma non piangere,

Nuvola galleggiante, ho riso di tutto.

(n. 1203)

Ismael, verso libero nella poesia del mondo, è poeta umile e discreto, proprio come detta la sua personalità di studioso versatile, molto colto, sempre alla ricerca della conoscenza, nel suo girovagare per il mondo alla ricerca della via verso se stesso. Messaggero del piacere testuale, dall’intelligenza ferma, posata sull’avventura dei giorni, è capace di spostare la lotta per la libertà dal tritume del tempo verso l’interno, ancorandola alle radici del suo popolo e alla potenza indistruttibile dell’amore che in un’umanità disfatta, resiste e vince sempre sull’assedio del reale.

Rossella Nicolò 

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