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L’ uomo è un segno

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Mi sono messo a rileggere qua e là brani di “Trattato di semiotica generale” di Eco (dopo 50 anni!) nella nuova edizione La Nave di Teseo, superfluo dire l’acuta lungimiranza dell’autore e la potenza dell’opera che durera “per sempre” (se la locuzione avverbiale avesse ancora un senso, certo è che di tanto inutile ciarpame dei suoi denigratori non ricordiamo nemmeno il nome tantomeno l’opera posto che l’avessero prodotta nel blabla editoriale dell’epoca), il volume chiude su una pagina di Peirce: «Poiché l’uomo pensa solo per mezzo di parole o altri simboli esterni, questi potrebbero rivolgersi all’uomo e dirgli: ‘tu non significhi niente che noi non ti abbiamo insegnato, e se non in quanto tu indirizzi alcune parole come interpretanti del tuo pensiero.’ In effetti, pertanto, gli uomini e le parole si educano gli uni con gli altri; ogni incremento dell’informazione umana comporta, ed è comportato da, un corrispondente incremento dell’informazione delle parole […]. È che il segno o la parola che gli uomini usano sono l’uomo stesso. Perché il fatto che ogni pensiero sia un segno, in connessione col fatto che la vita è una catena di pensieri, prova che l’uomo è un segno; e che ogni pensiero sia un segno esterno prova che l’uomo è un segno esterno. Il che equivale a dire che l’uomo e i segni esterni sono identici, nello stesso senso in cui sono identiche le parole homo e man. Quindi il mio linguaggio è la somma globale di me stesso: perché l’uomo è il pensiero.»

Luca Sossella 

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