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La macchina della felicità

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Le solite premesse lunghe che in questo caso sono dovute altrimenti non si spiegherebbe nulla.
Da quando scrivo su Satisfiction non ho mai parlato di un libro o intervistato persone che con la mia vita non c’entrassero nulla. Nel senso che per scrivere di qualcosa deve esserci qualcosa che rimanda ai miei ricordi o al mio stato attuale. E anche questa scelta un rimando ce l’ha, per quanto il nome dell’autore possa sembrarvi distante da quelli che potrebbero essere i miei gusti. Detto questo.
Io non ho mai visto la serie tv “Don Matteo”. Perché non lo so, non mi interessava evidentemente. E quando mia mamma lo guardava io sbuffavo sempre. Da quando vivo a Roma e i miei sono in Calabria, la mia terra, ogni contatto che passa per il filo telefonico è un legame con loro. Capitava spesso che io chiamassi a casa intorno alle 20.30 dopo il tg convinta di avere un colloquio telefonico prolungato con i miei. E invece quando chiamavo e dicevo “ mamma, allora come va che fate” dall’altra parte la sua risposta era “ niente, c’è Flavio”. Che all’inizio tra un attimo di silenzio e a pensare a quell’espressione genuina mi chiedevo “ma Flavio chi “. La stessa cosa mio padre, che dalla sua poltrona nell’altra stanza nel chiamarlo mi rispondeva “Niente Gra guardo i pacchi perché se io andassi lì sono convinto che vincerei tutto”. Il Flavio in questione ovviamente è Flavio Insinna e in quella risposta di mia madre “niente c’è Flavio” era quasi tutto diventato una questione familiare. Era come dire “c’è Flavio a casa” tipo un parente . Così scendendo di tanto in tanto a casa ho iniziato a condividere Flavio con i miei. Prima con mio padre e mia madre poi sono nate anche questioni tra di loro : mio padre deve indovinare prima dei concorrenti , mia madre invece ripete sempre a cantilena con affetto per carità “ guarda come è buono, guarda che belle cose che dice, guarda che si commuove. Poi “ Gra, legge pure le poesie, a te piacciono quelli che leggono le poesie. E’ una brava persona “ . Ovviamente io di mio a sbuffare o almeno a dirle “mamma guarda che è in tv, mamma guarda che è pagato , mamma guarda che è finzione ” . D’altro canto mio padre ovviamente borbottava “non mi fate capire niente, io devo giocare “ e dunque la decisione di guardare i pacchi in camera sua. Per stare accanto a mia madre e a mio padre più che potevo e a non considerare quella trasmissione senza senso ho iniziato anche io a guardare Flavio Insinna. E quando torno a Roma prima sento mamma oppure la chiamo prima che inizi il gioco mentre con papà la questione è più lunga. Perché papà commenta errori, scelte dei concorrenti ed io devo essere pronta. Quindi ormai anche qui “C’è Flavio”. Non ho letto il suo primo libro, non ho seguito molto le vicissitudine legate alla morte del padre (anche se mia madre era informatissima) per cui il primo approccio è questo con il suo primo romanzo “La macchina della felicità”. A dirvi la verità avrei voluto intervistarlo perché la diffidenza per un uomo di spettacolo che scrive c’è tutta. Poi volevo capire se davvero le poesie che ogni tanto legge in trasmissione un po’ lo riguardano o è tutta scena. Insomma niente. Sono andata in libreria e con un certo imbarazzo ho comprato “La macchina della felicità” di Flavio Insinna  e “ Verdi colline d’Africa” di Hemingway “. La seconda scelta ovviamente era per ridarmi un tono. Andando alla cassa non riuscivo a nascondere il nome dell’autore e la signorina puntualmente mi ha detto “ Guardi Sabato presenta i libro da noi”. L’ho guardata davvero male le avrei voluto dire “ma secondo lei io vengo qui Sabato a farmi autografare un libro da uno che apre pacchi in tv?” Ovviamente non dissi nulla , ma nulla e salutai. E invece Sabato 22 Novembre io e una mia amica siamo andate a sentirlo. In realtà lo scopo era quello di avvicinare il suo ufficio stampa o lui e chiedergli l’intervista. Intanto mi ero dimenticata il libro, intanto c’era una folla che a me faceva impressione . Però siamo entrate facendo finta di comprare altro. La mia amica un cd ed io ovviamente sono tornata a casa con un altro libro di Hemingway “Fiesta”. La realtà è che lì , come al solito, non ho cercato il suo ufficio stampa, e tanto meno mi sono avvicinata ad Insinna perché mi “pareva brutto”. Quindi per un’oretta lui firmava i libri e io passeggiavo dall’altro scaffale e ogni tanto si cambiava postazione a braccia conserte lo si osservava davanti. Fallita la questione intervista Venerdì 12 ho iniziato a leggere il libro. E ora può iniziare quella che in genere si chiama recensione.
Non sono sicura che sia un romanzo d’amore, per una serie di motivi che forse solo leggendo il libro potreste capire. Il protagonista Vittorio è un uomo di 50 anni supervisore in un casinò. L’ambiente del casinò è il luogo dove perdere e fallire è allo stesso tempo un segnale di vittoria e di essere ancora vivi per chi va li a trascorrere il proprio tempo. Quasi che nel fallimento chi di quel vizio è schiavo almeno per una sera si sente vivo e a dire il vero Insinna lo descrive in maniera dettagliata,quasi a sentirsi parte di quel modno.   Vittorio è un uomo triste, abitudinario, solo in compagnia del suo soffitto. Occhi spalancati verso l’alto, sesso quando capita e un’insonnia  che fino a un certo può sembrare quasi banale ma non è. O almeno Flavio Insinna è riuscito a dare un senso ben preciso a questa insonnia. Racchiude un ricordo del passato che solo l’incontro con l’amore riuscirà a risvegliare e dunque a ridare riposo. Qui l’insonnia è come una buca immensa in mezzo alla strada, qualcuno ha dato a Vittorio gli strumenti per chiuderla ma per una serie di cose , per un intristirsi costante della sua vita, Vittorio dimenticherà quegli strumenti e non ricorderà come si fa a chiudere quella buca. Il vortice illusorio del Casinò inghiotte Vittorio che del suo lavoro e carnefice e vittima. Controlla ma sa di essere a sua volta controllato. Vive lì dentro e il suo unico dialogo è con la donna delle pulizie che ogni giorno, ogni Santo giorno gli chiederà se ha dormito bene pur sapendo che Vittorio non dorme mai. Ha solo un giorno libero, il Martedì. Se ne va al cinema e sceglie sempre film o sottovalutati o sopravvalutati così da non avere nessuna emozione altra. Anche in questa scelta c’è un modo di considerare parte della propria vita. Se non ti aspetti niente non rimarrai deluso. Non bisogna avere troppe aspettative, questa è la filosofia del protagonista. Insomma un inetto che considera la vita un tappeto verde e numeri rossi e neri su cui puntare e quasi un godere misto a un senso di rammarico nel vedere la sconfitta negli occhi della povera gente. Ma un Martedì non comune Vittorio incontra quella che smuoverà ricordi, passioni, il cambio d’abito obbligato. Un amore che ti fa dormire, che ti riapre gli occhi, che ti bacia, ti sorprende, ti dona il suo tempo, ti porta lontano, ti avvicina, ti stringe, ti dona sorrisi, ti porge sconfitte, ti restituisce l’amaro in bocca attraverso baci. Ti ridona l’ansia, l’attesa, lo stupore, la magia e tutto quello che l’autore sottolinea attraverso Kierkegaard. Ma non è un amore tutto magia. Lo so che da Insinna magari vi aspettate e “ vissero felici e contenti”. Lo sarebbe ma c’è una cartolina e un sogno di mezzo. Un mare, splendido. L’orizzonte da inseguire e tutto quello che Vittorio vorrebbe donarle ora che sa che il Casinò è un buco nero della sua vita,da dove bisogna scappare sempre . Riprendersi quel giocattolo e riprendersi anche il sonno. C’è una figlia, che ha non pace e non ha tregua che vorrebbe per la madre costruire una macchina della felicità per andarsene da quel dolore passato da sofferenze non volute. Il viaggio come costante e il sogno del mare. Forse per questo mi sono incantata con il libro. Il sogno del mare, il sogno di andare lontano, il sogno di svegliarsi abbracciati con chi si ama. Abbandonare ogni cosa per ritrovarla in un altro luogo. Appunto un sogno.  Ecco, Vittorio il protagonista del romanzo è però un uomo a metà. Ha il coraggio di amare, ma non del tutto. Andando avanti nel leggerlo farà una cosa che io non mi aspettavo … A un certo punto sembra quasi ridare una possibilità a lui stesso e non al suo amore . Ritorna indietro attraverso un ricordo, un oggetto e cerca di restituire agli altri in maniera illegale quello che per una vita a lui stesso era sembrata una truffa continua e forse la sua stessa vita era stata così. Stiamo parlando del suo stesso lavoro che puff da un giorno all’altro lo vede passare dalla parte dei perdenti. Ma Laura è ormai verso il sogno, quel mare insieme alla figlia. E Vittorio?
Vittorio no, Vittorio non ha scelto l’amore. Quella cosa che era riuscita a ridargli il sonno lo fa sprofondare nell’incubo peggiore. Non è l’amore che cercava forse, non era forse il sogno principale della sua vita. Pensa , come tutti che ci sia ancora tempo per l’amore e quando la vita sembra dargli una seconda possibilità di raggiungere Laura in quel mare tanto sognato , di vivere finalmente e di amare è proprio in quel momento che tutto finisce, tutto collassa, tutto muore. Come muore e come collassa dovreste scoprirlo solo leggendolo. E’ scritto bene, pulito, inaspettato. Ieri sera ( stamattina verso le 3 ) quando ho finito di leggere il libro)  a Via Teulada pioveva tanto e devo dirvi la verità mi sono innervosita pure per un finale che non avevo proprio considerato. All’inizio del libro, si chiede “ la felicità è un viaggio? o una destinazione? “. Beh per intraprendere un viaggio e arrivare a destinazione bisogna avere le gambe. Se non cammini non vai da nessuna parte, potreste anche scegliere di non andare da nessuna parte. Ma non scegliere è come stare seduti, e stare seduti, come ha fatto Vittorio per buona parte della sua vita, è come morire.
Nb: a Vittorio, il protagonista del libro posso imputare tutto, ma scegliere Frank Sinatra gli fa guadagnare cento punti.

Recensione scritta ascoltando “ True Love waits “ Radiohead
                                                       “Down by the River “ Neil Young
                                                         “ Ballando al buio” Stadio.

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