Benvenuto su Satisfiction   Click to listen highlighted text! Benvenuto su Satisfiction

La teoria del salto. Intervista a Corrado De Rosa

Home / Rubriche / Cronache di un libraio indipendente / La teoria del salto. Intervista a Corrado De Rosa

Per la consueta rubrica Le Tre Domande del Libraio su Satisfiction, questa settimana incontriamo lo scrittore Corrado De Rosa, in occasione dell’uscita, da poche settimane, del nuovo romanzo ” La teoria del salto” per Minimum fax.

Corrado De Rosa è uno psichiatra ed è autore di numerosi saggi sulla follia come strumento di manipolazione dei processi, tra cui I medici della camorra (Castelvecchi 2011) e La mente nera (Sperling & Kupfer 2014). Nel 2018 è uscito per Rizzoli il suo romanzo L’uomo che dorme. Nel 2022, per Giulio Perrone Editore, ha scritto A Salerno. Psicologia insolita di una città sospesa. Con minimum fax ha pubblicato Italian Psycho (2021) e Quando eravamo felici (2023).


#
Corrado, arrivi nelle nostre librerie con un romanzo che è la vera storia di uno dei fotografi più famosi al mondo, Philippe Halsman, arrestato e condannato per parricidio alla fine degli anni venti del novecento e protagonista di quello che verrà ricordato come «l’affare Dreyfus austriaco». Cosa ti ha ispirato a scrivere La Teoria del salto? C’è un evento o un momento particolare che ha acceso la scintilla per questa storia?

Ce ne sono almeno tre.
Una è legata al mio percorso professionale. Mi occupo di come la follia possa diventare un grimaldello per ottenere vantaggi giudiziari. La vicenda di Halsman mi ha colpito perché durante il processo che lo avrebbe condannato per la morte del padre, lui rifiutò con forza la strategia difensiva della perizia psichiatrica: non avrebbe mai accettato sotterfugi che potessero far dubitare della sua innocenza. La seconda ragione è legata a una curiosità. Sigmund Freud aveva spesso discusso i pericoli dell’uso improprio della psicanalisi. La sua preoccupazione principale era che una verità psicologica, vera o presunta, potesse sostituirsi all’accertamento dei fatti: il primo compito della Giustizia. E aveva sempre evitato di esprimere parere pubblici su casi giudiziari in cui fosse tirata in ballo la follia per spiegare le radici di un crimine. Su Philippe Halsman, invece, prese posizione, una posizione forte, attraverso la stampa. Volevo capire perché.
La terza scintilla ha a che fare con la mia passione per le locandine dei film. In quella de Il silenzio degli innocenti c’è una falena, l’Acherontia atropos. Sul dorso di questa falena c’è la fotografia di sette corpi di donna che formano un teschio. É Voluptas mors, l’autore dello scatto è Philippe Halsman

Vogliamo, Corrado, dettagliare la trama avvincente che sei andato a ricostruire e spiegare quanto abbia influito il clima di odio crescente verso gli ebrei nello sviluppo della storia?

La vicenda iniziò un pomeriggio di settembre del 1928. Halsman finì in carcere perché, durante un’escursione nello Zillertal, suo padre precipitò da un sentiero di montagna. Ne conseguì un processo, a Innsbruck, senza movente e senza prove, che si concluse con la condanna per parricidio. Il caso divenne l’affare Dreyfus austriaco, come dicevi anche tu, perché per Halsman, lettone ma di origine ebraica, si mossero Einstein, Thomas Mann, Jakob Wassermann e altri intellettuali mitteleuropei del tempo, e perché la condanna si collocò in un conteso storico e psico-sociale molto spigoloso.
Il Tirolo era alla ricerca di una nuova identità dopo lo smembramento alla fine della Grande Guerra. Era una terra ferita a caccia di un capro espiatorio; l’estraneità culturale di Halsman lo rese un bersaglio facile. Sull’esito del processo, poi, giocò un ruolo cruciale l’antisemitismo. In quegli anni, nel Tirolo austriaco l’ostilità verso gli ebrei era alimentata da stereotipi antichi e nuove tensioni legate alla crisi del dopoguerra. Il pregiudizio antisemita influenzò sia l’opinione pubblica sia l’atteggiamento della giuria, che vide in Halsman una minaccia alla purezza culturale e morale tirolese. La narrazione del “parricida ebreo” divenne quindi un modo per proiettare paure e ansie collettive, e rafforzò l’idea di un “nemico esterno” che turbava l’integrità locale

Philippe Halsman è stato tra i più grandi ritrattisti della storia della fotografia, capace di creare opere straordinarie per la loro forza e lo scavo psicologico. Al netto della indiscutibile tecnica, molte delle immagini che possiamo ammirare brillano per la sottile ironia e la profonda leggerezza. Ti va di analizzare questa peculiarità a fronte del vissuto che appare nella narrazione che ci hai regalato?

La poetica fotografica di Philippe Halsman ha a che fare con una sfida: scoprire cosa si cela dietro le apparenze di uno sguardo. Lo ricordano tutti per i salti spensierati dei suoi soggetti, utilizzava il gioco e l’ironia come chiave creativa, ma il suo percorso artistico iniziò alla ricerca dell’anima, attraverso il ritratto, di chi posava per lui. Scelse subito di fotografare i suoi scrittori preferiti e partì da André Gide, che aveva letto durante la detenzione. Nella maturazione creativa di Halsman, tutto è molto interessante dal punto di vista psicologico.

Buona Lettura de La Teoria del Salto di Corrado De Rosa.

Antonello Saiz

Click to listen highlighted text!