Il dolore cambia gli animi. Trasforma il carattere, lo forgia e lo frantuma. La sofferenza muta la prospettiva della vita. E’ inevitabile. C’è un prima e un poi. L’inizio di uno squarcio dentro al quale si muove l’abisso che ingoia paura, inquietudine, ansia, apatia e rabbia. Il dopo è un navigare a vista. Le fragilità patite diventano un monito per non precipitare nella voragine dello scontento. Si fallisce e si impara a rialzarsi. Nel dolore cade ogni traccia di falsità, vivi il dramma che non hai mai conosciuto anche quando lo hai già sperimentato. E’ sempre diverso e ogni volta si ripiega sulla bocca dello stomaco. Non hai più fame di niente. Hai perso la poesia di ogni cosa, soprattutto della bellezza che si manifesta e si nasconde dove meno te l’aspetti. Balbetti dinanzi alle imposizioni che accetti come condanne. Non puoi nulla di fronte all’autorità di chi manovra i fili di esistenze unite in un’unica famiglia che in comune hanno l’infelicità negli occhi ed il senso di evasione. Essere ciò che si desidera è un affare complicato se il vento soffia contrario. Ti senti in lutto perenne. Ti inventi una via d’uscita, come moto di ribellione, che possa lenire quello che subisci con l’accettazione delle decisioni altrui. Comprendi qual è la via giusta da prendere dopo aver rimuginato sui dolori. Mescoli quello che è e quello che potrebbe essere, senza riserve, senza condizionamenti. E scegli, finalmente per te stesso.
In Una casa di ferro e di vento di Lorenzo Bonini Paolo Valsecchi per Nord Editore conosci la storia dei Badoni. Della grande fabbrica non resta più niente. La Villa è ormai irriconoscibile. Eppure per Marta, ultima discendente della famiglia, quella grande casa è ancora il luogo dell’anima, il palcoscenico su cui, per decenni, si sono dipanate le esistenze delle sorelle Badoni. Come Laura, la primogenita, ribelle e amante della libertà che pagherà tutte le sue scelte. Come tutte le altre figlie Badoni che hanno subito il fascino e l’autorità del patriarca, Giuseppe Riccardo Badoni. L’imprenditore visionario e dall’ambizione sfrenata che, grazie al ferro prodotto nei suoi stabilimenti di Lecco, diventa protagonista dell’industrializzazione del secondo dopoguerra. L’ingegnere Giuseppe Badoni è il padre amorevole e autoritario di undici figlie, lui non è riuscito ad accettare la morte dell’unico erede maschio, designato alla guida dell’azienda. L’uomo che non si è mai concesso un momento di debolezza, ma che ha affidato la sua fragilità alle pagine di un diario che Marta ora ha tra le mani.
Il romanzo è intimo. La narrazione segna i dolori dei protagonisti che, in silenzio, mettono a fuoco le mancanze patite e il desiderio di dare soddisfazione alla propria volontà. La prosa accende una tale magia nell’animo del lettore che ogni passaggio è vissuto come se fosse incanto e tormento emotivo.
Lucia Accoto