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Lucìa Baskaran. Corpi maledetti

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Per un attimo ho temuto di trovarmi di fronte l’ennesimo romanzo sul lutto. Il timore di dover leggere altre duecento pagine di lacrime e commiserazione verso l’amato precocemente rapito da una vita infausta, in un mondo di maschi orribili e approfittatori. Giusto per un attimo, qualche pagina, poi il romanzo decolla e imbocca strade inaspettate. Il lutto resta, certo, è il fulcro da tutto è iniziato, la radice che brucia, sotterranea, anche se la pianta è stata estirpata ma la vita continua, deve continuare, evolversi, sempre, indipendentemente dalle difficoltà e gli ostacoli o forse, semplicemente, imparare ad accettare e accettarsi.

Martin è morto. Un incidente ha fatto sanguinare il suo cuore e Alicia, che di cuori sanguinanti non ne aveva mai visti, a un anno di distanza si sveglia ancora nel mezzo della notte, tra le lenzuola di un letto che ora si è fatto oceano e minaccia di inghiottirla. La vita stravolta nell’istante di un respiro, adesso Alicia è una donna di novant’anni che abita nel corpo di una ventisettenne, imprigionata in una casa di Valium con le stanze che fanno entrare troppa luce e nessuno all’esterno che sembra udire il suo grido muto.

C’è qualcosa di affascinante nell’essere lo spettatore della propria distruzione, qualcosa di provocatorio”, lo dice la protagonista stessa a pagina 57 e forse, per tutta la prima parte del romanzo, questo è proprio il leitmotiv portante su cui fonda la propria routine. Un susseguirsi di giornate sfocate in cui gli stimoli sono ridotti al semplice soddisfacimento delle funzioni fisiologiche, il lavoro è un concetto astratto e la voglia di uscire inesistente. Ci sono libri sparsi e bicchieri sporchi in tutta la casa, i mobili fuori posto ricoperti dalla polvere, l’unico santuario immacolato è rimasto il bagno accanto alla camera da letto. Un rifugio in cui Alicia lascia che il suo corpo e il suo cervello si “ammorbidiscano”, finché le tensioni non scivolano nello scarico. Eppure la vita deve proseguire. L’inerzia deve tornare stimolo, così come il corpo, quel corpo protagonista, onnipresente, testardo e maledetto che lentamente si impone ed esige il tuo tributo di carne e desiderio. Il corpo esplicito, denudato, esposto. Il corpo di Alicia, quello di Ane, di Otto e di tutti quelli che le stanno accanto. Eccolo, finalmente, il corpo nuovo. Un corpo che per accettarsi deve tornare indietro, a prima di Martin, alla gioventù. A Cristina, quella madre divertente ma scostante che un’estate l’ha portata in gita a Londra e poi è svanita nel nulla. Ad Ane e alle prime pulsioni che non conoscono genere né definizione fino a Otto, il fratello di Martin, che dopo la sua morte è piombato di forza in quell’appartamento riempiendolo di un desiderio selvaggio e incontrollato. E Alicia, che da giovane avrebbe voluto fare la scrittrice, ora vorrebbe avere la forza di parlarne, mettere su carta questo viaggio dell’eroe che nulla ha di eroico se non l’istinto di sopravvivere. Ma per sconfiggere i fantasmi ci vuole tempo, così come per conoscere il proprio corpo a volte non può essere sufficiente una vita intera.

Lucía Baskaran con questo romanzo breve e folgorante ci sbatte in faccia una storia di anime imperfette che non hanno nessuna pretesa di essere altro e, proprio per questo, in grado di brillare di un’umanità profonda, riconoscibile, fin troppo attuale.

La sua una penna, estremamente lucida, schietta, a tratti ironica, provocatoria e brilla di un respiro contemporaneo che basa tutta la sua poetica sul raccontare le cose per quello che sono. Un profondo atto di onestà, in cui il riscatto non passa dalle parole ma attraverso il corpo. Un corpo nuovo, evoluto, eviscerato da ogni arcaico preconcetto, rinnovato da quella nuova consapevolezza che tutte le vere rivoluzioni dovrebbero possedere.

Stefano Bonazzi

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Corpi maledetti

Lucía Baskaran

Cento Autori

16 euro — 230 pagine

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