Roma, 29 settembre 1978, ore 4:45.
La luce della stanza era ancora accesa. Il corpo immobile di Papa Luciani giaceva sul letto, gli occhiali inforcati, un libro poggiato sul petto, come se la morte l’avesse colto tra le righe di un pensiero. Fu suor Vincenza a trovarlo. Ma nel comunicato ufficiale, a trovare il pontefice morto fu padre Magee. E il libro? “L’imitazione di Cristo”, dissero. Peccato che a Roma, nel Vaticano, non ce ne fosse una copia. La sua, quella personale, era rimasta a Venezia.
Mentre l’eco delle campane ancora taceva, il cardinale Villot già telefonava ai cardinali: “È morto, dobbiamo procedere”. Ma procedere verso cosa? Verso una verità o verso la sua cancellazione? L’imbalsamazione venne ordinata subito. Prima ancora che i familiari potessero vedere il corpo. Prima ancora che si parlasse di autopsia. Non ci fu tempo per il dubbio.
Ufficialmente, infarto miocardico acuto. Ufficiosamente, un mistero. E la domanda sospesa che non ha mai cessato di respirare: morì davvero di morte naturale il Papa del sorriso?
Capitolo 2 – Il sorriso che preoccupava
“Sorridete. Dio è allegro.”
Così diceva Albino Luciani, con quella voce minuta che sembrava sempre chiedere permesso anche quando parlava da pulpito. Era un papa che sorrideva troppo per piacere a certi ambienti. E troppo in fretta aveva fatto capire che non intendeva essere un semplice custode delle forme.
Era bastato poco. Anzi, pochissimo.
La sera del 26 agosto 1978, dalla loggia centrale di San Pietro, una figura esile e disarmante si era affacciata al mondo intero. “Habemus Papam… Luciani, che ha preso il nome di Giovanni Paolo I.” Per la prima volta nella storia un pontefice sceglieva un doppio nome. In omaggio ai suoi predecessori, ma anche come promessa: continuare le aperture del Concilio con lo spirito del pastore, non del monarca.
Era veneto, veniva da Canale d’Agordo, un paesino in montagna dove il freddo scolpisce i volti e la povertà li addolcisce. Figlio di un operaio socialista e di una madre profondamente cristiana, Luciani aveva imparato presto a camminare tra gli opposti, con una dolcezza che non era debolezza, ma arte di sopravvivenza. La prima udienza generale da papa fu tutta incentrata su un tema che per altri sarebbe stato troppo modesto: l’umiltà.
Aveva detto:
“Il Signore ci ha chiamati non per dominare, ma per servire. La Chiesa ha bisogno di pastori che lavino i piedi, non che occupino troni.”
E questo, per qualcuno, era già troppo.
“La sua mitezza era un’eresia per il potere,” scriverà anni dopo il giornalista inglese David Yallop, nel controverso “In nome di Dio”, il libro che insinua la tesi dell’assassinio. Ma anche chi non crede al complotto ammette: Luciani stava toccando fili scoperti.
Aveva parlato di pulizia. Di riforma delle finanze vaticane. Aveva già pronte delle nomine per rimuovere uomini potenti, tra cui il discusso presidente dello IOR, monsignor Paul Marcinkus, legato ai misteri del Banco Ambrosiano e alle finanze opache della Santa Sede. Ma non fece in tempo.
In quei 33 giorni, il “Papa del sorriso” non scrisse encicliche, non emise decreti, non cambiò dogmi. Ma bastarono i suoi gesti per far vibrare l’aria stantia della Curia. Rinunciò alla tiara papale, preferì la mitra. Rifiutò di essere portato in sedia gestatoria, almeno all’inizio. Firmava solo “Albino Luciani”, con quella grafia semplice, quasi da scolaretto.
“Mostrato più che offerto,” si dirà in seguito del suo pontificato, riprendendo l’epitaffio di Leone XI, il papa vissuto appena 27 giorni. Ma Luciani non fu una meteora. Fu uno specchio. E nel suo sorriso, molti videro riflessa una Chiesa che avevano dimenticato.
Un sorriso che preoccupava.
Capitolo 3 – Voci nella notte
29 settembre 1978. Ore 5:00.
Il silenzio nel Palazzo Apostolico fu rotto dai passi rapidi di suor Vincenza Taffarel. Era lei, da anni al servizio personale di Albino Luciani, ad aver scoperto il corpo senza vita del papa. Lo trovò seduto sul letto, la luce accesa, gli occhiali inforcati, un libro tra le mani. Ma quel nome, suor Vincenza, sparirà dai comunicati ufficiali del Vaticano.
Il comunicato diffuso tre ore dopo — alle 7:27 — recita che “il segretario personale del Papa, padre John Magee, non trovando il Santo Padre nella cappella privata, lo cercò nella sua stanza e lo trovò morto nel letto, con la luce accesa”. Nessun accenno alla suora. Nessun accenno al fatto che la morte era stata scoperta due ore prima. [Fonte: Giancarlo Zizola, Il conclave. Storia e segreti, Compton Editori, 1993]
Fu la prima discrepanza. La prima voce strozzata nella notte.
L’annuncio arrivò, ma la versione cominciò subito a fare acqua. Luciani stava leggendo L’imitazione di Cristo? Improbabile. Non ne esisteva copia in Vaticano, e la sua copia personale era rimasta a Venezia. [Fonte: David Yallop, In nome di Dio, Pironti Editore, 1985]
Il medico vaticano, Renato Buzzonetti, dichiarò la morte per “infarto acuto del miocardio”. Ma senza autopsia. Nessuna conferma clinica. Solo una diagnosi a occhio, fatta da un dottore che non era nemmeno il medico personale del papa. Quello era il dottor Giuseppe Da Ros, che più volte ribadì: “Luciani non aveva problemi di cuore. Pressione bassa, sì. Ma nessun rischio cardiaco.” [Fonte: Jesus Lopez Saez, Se pedirá cuenta, Edizioni Origenes, 1990]
Nel frattempo, le stanze private del pontefice furono ripulite. I cuscini, le pantofole, gli occhiali: spariti. La nipote, Lina Petri, la prima a vedere la salma dopo i cardinali, raccontò che lo zio era vestito con l’abito talare, non con il pigiama. “Lo hanno lavato e rivestito,” disse. “Non era così quando è morto.” [Fonte: Mio fratello Albino, Antonia Luciani, Editoriale 30 Giorni, 2003]
“È come se si fosse voluto cancellare ogni traccia di quella morte,” commenterà amaramente Eckhart, uno dei tanti osservatori critici, anni dopo.
Alle 6:30 del mattino, il cardinale Jean Villot stava già informando i cardinali. E nello stesso momento chiamava i fratelli Signoracci, imbalsamatori ufficiali della Santa Sede, dando disposizioni per iniziare la procedura prima della sera stessa. Una violazione delle regole sanitarie italiane, che impongono almeno 24 ore d’attesa. [Fonte: John Cornwell, Un ladro nella notte, Pironti Editore, 1990]
Ma c’era un altro dettaglio inquietante.
Durante l’imbalsamazione non vennero prelevati organi, né fu estratto il sangue. Al contrario, al corpo vennero iniettati agenti chimici che avrebbero reso inutile qualsiasi eventuale autopsia futura. [Fonte: Max Morgan-Witts & Thomas Gordon, Dentro il Vaticano, Pironti Editore, 1989]
Troppe discrepanze. Troppa fretta. Troppa paura?
Eppure, nulla di tutto questo avrebbe smosso l’apparente calma della Santa Sede. Come scrisse John Cornwell, che pure non crede alla tesi del veleno, “non ci fu bisogno di un assassinio: bastò lasciarlo morire in una Curia cinica, indifferente, chiusa al cambiamento.”
Ma il dubbio, quel dubbio sottile e scomodo, rimase.
Lo disse anche il cardinale Aloisio Lorscheider, nel 1998:
“Non mi interessano le teorie. Ma quel sospetto, quel dolore, ci è rimasto nel cuore. È un’ombra a cui nessuno ha dato una risposta piena.” [Fonte: 30 Giorni, n. 7, 1998]
Capitolo 4 – Senza autopsia
“Un Papa non si tocca.”
Così si mormorò nei corridoi vaticani. Con una frase breve, netta, si chiuse ogni discussione.
Nessuna autopsia.
Eppure era morto all’improvviso, a 65 anni, senza alcuna storia clinica di problemi cardiaci. Eppure il mondo intero si chiedeva come potesse spegnersi, così, il “Papa del sorriso” dopo solo 33 giorni di pontificato. Ma no, non si fece nessun esame. Nessuna analisi. Nessuna verifica.
“Un atto irriguardoso nei confronti del Santo Padre,” fu la spiegazione data dal cardinale Segretario di Stato Jean Villot. Ma la verità è che quella decisione fu presa nel giro di poche ore, senza consultare i familiari, senza interrogare i medici che avevano conosciuto davvero Albino Luciani. [Fonte: Giancarlo Zizola, Il conclave. Storia e segreti, Compton Editori, 1993]
A chi chiedeva lumi, si rispondeva con un’aria di sacralità che pretendeva di zittire la ragione. Ma la fretta della Santa Sede contraddiceva il decoro.
Alle ore 18:00 del 29 settembre, la salma era già imbalsamata. In fretta. Troppa.
“Fu una delle imbalsamazioni più rapide mai realizzate in Vaticano,” scriveranno Max Morgan-Witts e Thomas Gordon, due giornalisti investigativi che tentarono di ricostruire l’intera vicenda in Dentro il Vaticano. [Fonte: Pironti Editore, 1989]
E la modalità fu anomala. Non vennero praticate le procedure canoniche: nessuna rimozione degli organi, nessuna estrazione del sangue, solo iniezioni chimiche dirette, come a voler “fissare” il corpo prima che qualcuno potesse vedere troppo.
Era una corsa contro il tempo, ma contro quale tempo?
L’autopsia, in Vaticano, è considerata un’eccezione estrema. Ma nei decenni precedenti altri papi erano morti in circostanze più chiare, per cause visibili o dopo lunghe malattie. Giovanni Paolo I, invece, era il primo Papa moderno a morire improvvisamente, senza testimoni, né preparazione clinica. Persino i medici legali italiani, seppur esclusi dalla procedura, storsero il naso. “Un infarto? Ma in base a cosa?” – si chiesero in molti, leggendo le dichiarazioni del dottor Buzzonetti. [Fonte: Jesus Lopez Saez, Se pedirá cuenta, Origenes, 1990]
“L’unico modo per escludere l’avvelenamento era fare un’autopsia. Non farla fu una scelta. E le scelte hanno sempre dei motivi,” scriverà David Yallop, il più noto tra i sostenitori della tesi dell’omicidio, nel suo In nome di Dio. [Fonte: Pironti Editore, 1985]
Anche John Cornwell, che cerca di smontare la teoria del complotto nel suo “Un ladro nella notte”, non può fare a meno di notare:
“Il rifiuto dell’autopsia, unito alla nebulosa gestione delle ore successive alla morte, alimentò un sospetto che forse poteva essere spento solo con una prova medica.” [Fonte: Pironti Editore, 1990]
Ma la prova, la sola prova possibile, fu negata. Fu un gesto simbolico, quasi dogmatico:
“Non vogliamo sapere.”
E da allora, il dubbio non si è più potuto rimuovere.
Perché se l’autopsia non fu fatta, allora è la verità stessa a non essere mai nata.
Capitolo 5 – Il dossier Luciani
Nel cuore di Roma, tra i corridoi austeri del Palazzo Apostolico, qualcuno stava già archiviando. Non si trattava solo di una morte. Ma di un’interruzione.
“Il pontificato di Giovanni Paolo I era destinato a cambiare la Chiesa. E qualcuno, questo cambiamento, non lo voleva.”
Così scrisse David Yallop, aprendo il suo libro In nome di Dio come un’indagine giudiziaria. [Fonte: Pironti Editore, 1985]
Il “dossier Luciani” non esiste formalmente. Ma esistono indizi. Carte non classificate. Frammenti. E soprattutto paure.
Durante le sue prime settimane da Papa, Albino Luciani era stato informato di gravi irregolarità nello IOR, l’Istituto per le Opere di Religione, la banca vaticana.
I nomi che circolavano erano pesanti:
Mons. Paul Marcinkus, potente presidente dello IOR;
Roberto Calvi, presidente del Banco Ambrosiano,
e Licio Gelli, burattinaio della loggia massonica P2.
“Luciani stava preparando una purga,” scriverà Luigi Incitti in “Papa Luciani: una morte sospetta”. “Aveva chiesto a don Germano Pattaro di aiutarlo a scrivere un documento sulla moralizzazione delle finanze vaticane. Doveva agire. E in fretta.” [Fonte: L’Airone Editrice, 2001]
Secondo alcune testimonianze raccolte dal giornalista Camillo Bassotto, il Papa avrebbe avuto una lista di dimissioni già pronta: tra i nomi, il cardinale Villot, Marcinkus, e altri prelati implicati nel sistema finanziario. [Fonte: Il mio cuore è ancora a Venezia, Tipolitografia Adriatica, 1990]
“Luciani non era un ingenuo. Ma era un outsider. Non aveva protezioni,” ricorda John Cornwell. “E nel Vaticano di quegli anni, la solitudine era pericolosa.” [Fonte: Un ladro nella notte, Pironti Editore, 1990]
Uno dei documenti più discussi è una lettera attribuita a Jesus Lopez Saez, prete spagnolo che nel suo Se pedirá cuenta ricostruisce l’ultima settimana del Papa.
Secondo la sua fonte, Luciani avrebbe ricevuto un’informativa segreta su conti cifrati, operazioni opache e coinvolgimenti massonici di alti prelati.
La sua reazione fu: “Non posso tacere.”
Ma tacque per sempre.
“Fu ucciso con una forte dose di vasodilatatore”, scrive Lopez Saez, “per simulare un infarto.” Nessuna conferma. Nessuna smentita ufficiale. Solo silenzi incrociati. [Fonte: Edizioni Origenes, Madrid, 1990]
Lo stesso cardinale Silvio Oddi, non sospettabile di simpatie complottiste, ammise a La Repubblica nel 1990:
“Luciani era troppo buono. Pensava di poter cambiare tutto in pochi giorni. E invece…”
Anche il giudice Mario Almerighi, nel suo “I banchieri di Dio”, collega la morte di Giovanni Paolo I agli intrecci tra banca vaticana, P2 e mafia finanziaria: un triangolo dove ogni verità è un rischio. [Fonte: Editori Riuniti, 2002]
Il “dossier Luciani”, dunque, non è un fascicolo. È una mappa di domande. Un piano interrotto. Un uomo che voleva agire… e non ne ha avuto il tempo.
“Morto un Papa, se ne fa un altro,” si disse allora.
Ma questa morte lasciò troppa fretta. Troppa pulizia. Troppa paura.
Capitolo 6 – Una Chiesa divisa
Il 30 settembre 1978, solo due giorni dopo la morte improvvisa di Giovanni Paolo I, le stanze vaticane avevano già voltato pagina.
“Il conclave è convocato. Si elegga un nuovo Papa.”
La macchina della Chiesa si rimetteva in moto. Ma qualcosa si era incrinato.
Perché non tutti credettero alla versione ufficiale. Non dentro, e neppure fuori.
“Il sospetto è rimasto nel nostro cuore; è come un’ombra amara, un interrogativo a cui non si è data piena risposta,” ammise il cardinale Aloisio Lorscheider vent’anni dopo, in un’intervista alla rivista 30 Giorni (n. 7/1998).
La Curia, divisa già da anni tra conservatori e progressisti, si trovò di fronte a una morte che sospendeva ogni processo riformatore.
Luciani voleva cambiare il volto del papato: più vicino ai poveri, più trasparente nelle finanze, più semplice nella dottrina.
“Un papa riformatore che cade nel momento più delicato. È uno spartiacque,” scrive Giancarlo Zizola nel suo “Il conclave”. [Fonte: Compton Editori, 1993]
Il suo successore, Karol Wojtyła, prese il nome di Giovanni Paolo II proprio per onorarlo. Ma con un piglio molto diverso.
“Luciani era un Papa di continuità col Concilio. Wojtyła fu una nuova epoca,” nota Lucio D’Orazi, che definì la morte del predecessore “una frattura mancata della Chiesa.” [Fonte: In nome di Dio o del diavolo, Edizioni Logos, 1988]
Nelle periferie cattoliche e nei movimenti laicali, la figura di Giovanni Paolo I divenne un simbolo interrotto. Un sogno mai realizzato.
Il clero più tradizionalista, invece, tirò un sospiro di sollievo.
“Non era un Papa per i tempi duri che ci aspettano,” commentò con freddezza un vescovo americano all’epoca, secondo quanto riferì il New York Times (ottobre 1978).
Ma il vero effetto fu la paura.
Nei decenni successivi, ogni tentativo di riforma interna avrebbe dovuto fare i conti con il “precedente Luciani”: una figura diventata mito silenzioso, un monito.
Anche l’ecumenismo e la lotta alla povertà, due priorità per Giovanni Paolo I, furono rallentate e riformulate nei pontificati successivi.
“La gioia e il sorriso erano armi rivoluzionarie,” disse Roberto Pertici nel convegno del 2012 in Vaticano. “Luciani ci ricordava che la dolcezza non è debolezza.” [Fonte: Famiglia Cristiana, 08/11/2012]
Eppure, proprio quel sorriso fu il suo ultimo atto. Dopo di lui, tornò la diplomazia. Tornò la politica. Tornarono le divisioni.
“La Chiesa ha perso un’opportunità storica,” scriverà Ugo Sartorio, direttore del Messaggero di Sant’Antonio, commentando il libro Illustrissimi, ripubblicato per il centenario della nascita di Luciani. “Quello stile umile, ironico, diretto, non è più tornato.” [Fonte: Famiglia Cristiana, 2012]
La morte di Giovanni Paolo I, più che una fine, fu un vuoto.
Un buco nella narrazione. Una cesura nella storia. Una Chiesa che si trovò improvvisamente sola, nel momento in cui aveva appena cominciato a respirare aria nuova.
Capitolo 7 – La versione ufficiale
> “Questa mattina, 29 settembre 1978, verso le 5.30, il Santo Padre Giovanni Paolo I è stato trovato morto nel suo letto con la luce accesa, come se stesse ancora leggendo. Il medico, dottor Renato Buzzonetti, ha constatato la morte per infarto miocardico acuto.”
— Comunicato ufficiale della Santa Sede
La Chiesa parlò con chiarezza. Apparente.
Ma dietro quella freddezza protocollare, i dettagli non combaciavano.
1. Chi trovò il corpo?
Versione ufficiale: Padre John Magee, segretario personale del Papa.
Versione riportata da molte fonti: Suor Vincenza Taffarel, la religiosa che lo assisteva quotidianamente, fu la prima a trovarlo.
“Perché escludere suor Vincenza dal comunicato? Perché sostituirla con una figura maschile?” – si chiede John Cornwell (Un ladro nella notte, 1990).
Il Vaticano corresse solo anni dopo. Troppo tardi.
2. L’orario e la causa della morte
Versione ufficiale: Morte avvenuta attorno alle 23:00 del 28 settembre, per infarto miocardico acuto.
Discrepanze:
Il Papa non aveva storia clinica compatibile: né ipertensione, né colesterolo, né cardiopatie note.
Il suo medico personale, Dott. Giuseppe Da Ros, lo confermò in diverse interviste.
Nessuna autopsia venne mai eseguita.
“Un medico che non era il suo curante stabilisce la causa del decesso. Senza alcun esame.” – (Jesus Lopez Saez, Se pedirá cuenta, 1990)
3. Gli oggetti scomparsi
Versione ufficiale: Nessuna menzione.
Osservazioni critiche: Gli occhiali e le pantofole non vennero più ritrovati. Alcune fonti parlano di lenzuola sostituite e stanza già pulita alle 6:30 del mattino, prima dell’annuncio pubblico.
“Se davvero era morto leggendo, dove sono gli occhiali? Il libro? Gli indumenti da notte?” – (Eckhart, commento pubblico su Famiglia Cristiana, 2012
4. L’imbalsamazione frettolosa
Versione ufficiale: Nessuna irregolarità.
Fatti riportati:
Imbalsamazione disposta entro poche ore dal ritrovamento.
Nessuna estrazione di sangue, né prelievo di organi.
Iniezioni di sostanze chimiche che avrebbero compromesso un’autopsia successiva.
“Una procedura accelerata e fuori norma.” – (Giudice Mario Almerighi, I banchieri di Dio, 2002)
5. Cosa stava leggendo il Papa?
Versione ufficiale: L’Imitazione di Cristo.
Verifica dei fatti: Il libro non era presente né nella stanza, né nella biblioteca vaticana. La sua copia personale era rimasta a Venezia.
“Un dettaglio secondario? No. Una bugia gratuita è la crepa da cui entra il dubbio.” – (David Yallop, In nome di Dio, 1985)
Conclusione: verità o strategia del silenzio?
Il Vaticano ha sempre negato qualsiasi ipotesi di omicidio. E con fermezza. Ma non ha mai fornito spiegazioni chiare sulle discrepanze, sui vuoti, sui silenzi.
“Non fu omicidio,” affermò Juan Manuel de Prada al convegno del centenario, “ma solo immaginazione delirante.” [Fonte: Famiglia Cristiana, 08/11/2012]
Eppure, come ricordava Andreotti,
“A pensar male si fa peccato, ma spesso ci si indovina.”
Conclusione
A quasi cinquant’anni dalla sua morte, la figura di Papa Luciani resta sospesa tra santità e mistero.
La sua beatificazione ne ha riconosciuto la virtù e la spiritualità, ma non ha dissolto l’enigma delle circostanze della sua fine.
Forse è questo il lascito più duraturo: una domanda rimasta senza risposta, impressa nel cuore della Chiesa e nella coscienza collettiva.
Postfazione – Albino Luciani, la luce e l’ombra
Scrivere di Papa Giovanni Paolo I è stato come camminare sul filo teso tra la storia e il silenzio.
Da una parte, il sorriso sincero di un uomo semplice, nato a Forno di Canale, che in appena 33 giorni seppe mostrare una Chiesa più umana, meno distante, quasi vulnerabile. Dall’altra, l’eco sorda di una morte inattesa, le voci strozzate, le carte mancanti, i rituali oscuri.
Albino Luciani non voleva fare la rivoluzione.
Voleva semplicemente vivere il Vangelo.
Ma a volte, nella Chiesa e nel mondo, la semplicità è un atto radicale.
Un gesto piccolo può spostare equilibri enormi. E forse è proprio questo che lo ha reso fragile, o pericoloso, o entrambi.
In queste pagine ho scelto di non ignorare le ombre, senza per questo pretendere di svelare verità assolute. Le fonti, le contraddizioni, i sospetti: li ho trattati con rispetto, come si fa con un mistero che riguarda tutti noi. Perché la morte di un Papa non è solo un fatto privato della Chiesa, ma un evento che tocca il cuore di milioni di fedeli e non credenti.
Ho voluto restituire Luciani alla sua complessità. Non un’icona perfetta.
Non solo “il Papa del sorriso”.
Ma un uomo. Uno che dubitava, che parlava di umiltà, che scriveva lettere a Pinocchio e a Leopardi, che non aveva paura di mostrarsi vulnerabile.
Uno che, forse proprio per questo, non ha fatto in tempo a diventare scomodo.
E oggi, quando vediamo la sua immagine tra quelle dei beati, quando ascoltiamo le sue parole ancora così moderne, ci resta addosso una sensazione dolceamara.
Un senso di qualcosa che avrebbe potuto essere.
Di un futuro interrotto.
Di una luce che non abbiamo difeso abbastanza.
Ma la memoria non muore. E finché qualcuno continuerà a fare domande, a scavare, a raccontare, Luciani resterà vivo.
Non solo nei ritratti.
Non solo nelle preghiere.
Ma nell’irrequietezza di chi non si accontenta.
Francesca Mezzadri
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DOSSIER FONTI
Fonti Ufficiali e Documentarie
Vatican News – Beatificazione di Papa Giovanni Paolo I, 2022.
https://www.vaticannews.va
Osservatore Romano / Famiglia Cristiana – Papa Luciani non fu veleno, 8 novembre 2012.
https://www.famigliacristiana.it
Congregazione per le Cause dei Santi – Documenti relativi alla causa di beatificazione (2003–2022).
Opere Giornalistiche e Investigative
David Yallop, In God’s Name (trad. it. In nome di Dio), Pironti Editore, Napoli, 1985 / 1992.
Indagine sul presunto omicidio di Papa Luciani, legami con lo IOR e la loggia P2.
Jesus López Sáez, Se pedirá cuenta. Muerte y figura de Juan Pablo I, Ediciones Orígenes, Madrid, 1990.
Ipotesi su una morte indotta tramite vasodilatatori.
Max Morgan-Witts & Thomas Gordon, Dentro il Vaticano, Pironti Editore, Napoli, 1989 / 1995.
Ricostruzione storica dei pontificati di Montini, Luciani e Wojtyła.
Luigi Incitti, Papa Luciani: una morte sospetta, L’Airone Editrice, Roma, 2001.
Analisi delle anomalie nel ritrovamento e nella gestione del cadavere.
John Cornwell, Un ladro nella notte, Pironti Editore, Napoli, 1990.
Confutazione della tesi del complotto, ma denuncia delle opacità della Curia romana.