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Marcel Proust. I piaceri e i giorni

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La scelta degli studi universitari avviene in età fragile. Poiché non è facile, a diciannove anni, sapere chi si è, questa scelta viene fatta talvolta a naso, salvo poi concedersi la possibilità di ricominciare quando lo spettro della personalità assume contorni più nitidi. Per questo, alcuni tra i più concreti, che potremmo definire escatologici, scelgono la via della professione immaginandosi – all’inizio del percorso – già alla fine, lautamente ripagati degli sforzi fatti.

Ci sono poi gli altri, gli amanti perduti, gli in-concreti, che sposato una disciplina con tutta l’irrazionalità dell’innamoramento. I letterati, di solito, sono soldati di questa seconda schiera che evolvendosi in studiosi troveranno nei libri, e per tutta la vita, i loro nemici più cari.

A questi, e a tutti i nuovi pellegrini che si azzardano finalmente a calpestare le vie dei classici con l’insensato timore di non riuscire, si presenta I piaceri e i giorni, opera prima di Marcel Proust, che Mondadori propone così come venne presentata ai lettori del 1896, con le illustrazioni di Madeleine Lemaire; la prefazione di Anatole France e gli spartiti musicali di Reynaldo Hahn. Impreziosita oltremodo dall’introduzione di Mariolina Bertini e l’arricchimento delle note di Luzius Keller da parte di Giuseppe Girimonti Greco, a testimonianza che l’impatto di questi due studiosi – Bertini e Greco – va al di là dell’opera di traduzione, rendendo questa versione preferibile a tutte le altre.

Marcel aveva venticinque anni, frequentava i salotti aristocratici della Parigi del suo tempo e aveva molti amici influenti. Aveva scritto un libro di novelle, ma non riusciva a trovare un editore. Per convincere Calmann-Lévy, fu necessario creare una squadra. Anatole France garantì una prefazione, la Lemaire, pittrice assai in voga al tempo, decise di illustrarle e Reynaldo Hahn cedette alcuni suoi spartiti. Ne venne fuori una edizione di lusso, che attirò le invidie di alcuni e le critiche di altri che spesso usarono I piaceri, come campo di una battaglia più meschina e lontana che riguardava i mentori e non il giovane e ancora poco noto scrittore. L’opera fece discutere, ma non ebbe fortuna e rimase invenduta.

Le sue storie sono sempre ambientate nell’alta società, ma solo in alcune come Violante e la mondanità; o Mondanità e melomania di Bouvard e Pécuchet, lo sguardo impietoso e ironico e cinico dello scrittore si pone l’obiettivo di denunciarne le debolezze; per il resto egli racconta un mondo che è il suo e che usa come un paesaggio di cui si serve come contesto, al pari delle feste di Delmore Schwartz o del deserto di Douglas Coupland, perché il talento che Proust dimostra di avere già da ragazzo dimora nel saper tracciare con grande sensibilità la psicologia dei personaggi tracciando mappe esatte dei loro stati d’animo.

Se noi non ponessimo i personaggi al centro di questa raccolta, con le loro indecisioni e lo loro ossessioni, ci rimarrebbe una frivolezza ingiusta di storie d’amore di pusillanimi e molli aristocratici annoiati e saremmo del tutto fuori strada. Inoltre sarebbe troppo facile – sebbene sia corretto – sostenere che in queste novelle sia già possibile intravvedere il talento e alcuni dei temi che Proust svilupperà con maggiore compiutezza nel suo capolavoro. Questa raccolta, a mio avviso, deve essere protetta il più possibile dall’ombra soffocante della Recherche, altrimenti finiremmo per giudicarla solo per quello che esprime in potenza; piuttosto trovo necessario un gioco di sadica fantasia immaginando che il Proust de I piaceri abbia avuto un destino simile a quello di altri scrittori assai meno dotati e longevi come Pancake; Kennedy Toole o Radiguet, che dopo un libro folgorante trovarono la morte, o se la diedero, lasciando una desolante sensazione di incompiuto. Se, per assurdo, così fosse stato, sottraendo così I piaceri dall’asfissiante paragone con il capolavoro di una vita, ci resterebbe ugualmente un testo importante, scritto superbamente, dove non mancano le trovate geniali, la prosa elegante e personaggi difficili da dimenticare.

Chi si è sempre spaventato davanti alla fama del grande Marcel, chi solo ha sentito parlare delle Madeleine, resterà piacevolmente stupito nel trovarlo tanto interessante e facile da leggere e si sentirà magari pronto ad intraprendere La Strada di Swann.

Per tutti quelli che, invece, immaginano di sapere tutto su questo autore tanto amato, troveranno in questa edizione un’introduzione di Mariolina Bertini che già da sola vale il prezzo di copertina, così come una serie di testi non pubblicati da Proust di cui alcuni nemmeno conoscevano l’esistenza.

Pierangelo Consoli

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Marcel Proust, I piaceri e i giorni, Mondadori, Pp. 372, Euro 14,50

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