A volte, si scappa per tornare. Si va altrove insoddisfatti di ciò che a casa non si potrebbe avere, pur nell’agio delle risorse. Non è una questione di soldi, ma di ambizione, anche di un ritrovare se stessi fuori dalla famiglia. Eppure, quest’ultima chiama sempre perchè le proprie radici non si dimenticano mai. Tutto fa esperienza, soprattutto gli errori. La maturità di ognuno arriva anche di fronte alle scelte, prima o poi bisogna prendere le decisioni importanti. Certo, non è facile specie se gravate da una serie di problemi che ostruiscono il percorso di crescita nell’identità del singolo.
Alcuni ricordi si fissano in testa in modo prepotente e hanno un significato che solo il tempo e la volontà possono raccontare più di qualsiasi altra storia che balla di bocca in bocca. Allora, fai fagotto, lasci quello che hai costruito e ti riappropri della tua terra. Da lì, ricominci. Ogni cosa ha la sua ora. L’idea di un possibile fallimento è chiara, ti colpisce prima ancora di provare a cambiare, ma sei consapevole del fatto che non puoi più prendere strade alternative nella speranza di comprendere quale sia casa tua. Devi recuperare forza e determinazione. Costa tanto, in termini di serenità. Quando pensi di aver raggiunto un equilibrio ti rendi conto che è solo un’illusione dettata dal desiderio di voler appianare le questioni complicate che ti fanno venire l’ansia per ciò che vivi oggi e per quello che ti potrebbe spettare domani. Lo capisci bene da dove partire. Inizi da dove tutto si è interrotto. E’ lì che si è aperto uno squarcio che ha generato una falla fra te e ciò che faceva parte della tua esistenza. Avverti che alcune sensazioni che nessuno mai ti ha spiegato e che con gli anni, hai compreso a metà, non ti hanno abbandonato, quindi sarebbe il caso di capire qualcosa di più. Almeno ti metti l’anima in pace.
In Gotico salentino di Marina Pierri per Einaudi conosci la storia di Filomena Quarta, ex giornalista, che da poco ha subìto la morte del padre. Si ritrova così con un’ingombrante eredità: la Dimora Quarta, una grande casa che appartiene da generazioni alla sua famiglia. La donna è costretta a lasciare Milano per raggiungere Palude del Salento. Filomena vuole fare della Dimora un Bed&Breakfast. La casa però è infestata. Del resto Filomena, quando era bambina, proprio tra quelle mura ha visto un fantasma. La “malumbra”, lo spettro rabbioso di una monaca oscura, è il motivo per cui Filomena a sei anni venne soprannominata dai compaesani “la bambina che vede i morti”. Mentre i coetanei la emarginavano e gli adulti chiedevano colloqui con i propri defunti, i Quarta ne approfittavano per nascondere le loro colpe. Oggi, Filomena è adulta e non è più sola. Con lei ci sono le fantasime che suo malgrado è riuscita ad evocare: Mary Shelley e Shirley Jackson, le regine del terrore che si riveleranno indomite e fidate consigliere nel scoperchiare le verità.
Il romanzo è un fiume in piena di suspense e di emozioni. La narrazione ruota tra ombre e luci, psicoterapia e patriarcato. La scrittura è efficace, suggestiva. I camei di dialettismo, che sporcano la storia, sono preziosi. Incorniciano un racconto che si lascia respirare tra visioni e constatazioni elaborate attraverso uno stile accurato e seducente.
Lucia Accoto