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Mauro Repetto (con Massimo Cotto). Non ho ucciso l’Uomo Ragno. Gli 883 e la ricerca della felicità

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Probabilmente suona male – o comunque semplicistico – far esordire una recensione citando immediatamente quanto si trova scritto all’inizio della seconda di copertina del libro di cui si tratta, ma non si può non partire dalla consapevolezza che, quello del quale si stanno sfogliando le pagine, è un testo sì “scientificamente” ascrivibile all’ambito della biografia, ma quanti romanzi meno avvincenti di questo abbiamo letto (tutti noi, anche chi lo nega) Dio solo lo sa!

Il protagonista/narratore si racconta autenticamente, senza peli sulla lingua (effettivamente, proseguendo nella lettura ci si renderà conto che non li ha avuti mai, ma forse, prima di questo libro, per molti – per il sottoscritto sicuramente – era difficile accorgersene), senza paura di essere preso per matto, per invidioso, per essere stato un ragazzino egoista al quale il posto al sole che si era guadagnato – e pure con impegno – non bastava più, e che quindi ha fatto la mattata di prendere su armi e bagagli e partire per la Mecca (vera o presunta) americana per provarci ancora, ma stavolta da solo, per essere lui il protagonista, fino in fondo, di un sogno che non gli sfugga di mano come invece quest’altro.

La serie poc’anzi andata in onda – nella sua prima stagione, ché pare ce ne sia una seconda in lavorazione – su Sky Hanno ucciso l’Uomo Ragno – La leggendaria storia degli 883, a chi non avesse letto questo libro (che è datato 2023, mentre la serie 2024) può aver, forse, sparigliato le carte delle proprie convinzioni: non era forse Mauro Repetto, “il biondo degli 883”, quello che ballava (per alcuni; altri dicono direttamente “si dimenava”) sul palco qualche passo dietro a Max Pezzali? Nel libro, infatti – torniamo a monte, anche perché, della serie, posso parlare solo per sentito dire, non avendola vista -, la figura di Repetto viene presentata per quel che è per la storia (che certo, può sfumare nella leggenda, ma storia rimane) e non secondo i ricordi o i passaparola o gli effetto Mandela: il primo, vero leader del duo, la voce dei primissimi pezzi ed il coautore, di musiche e testi, di tutti i brani dei primi due album degli 883 (Hanno ucciso l’uomo ragno, 1992; Nord sud ovest est, 1993) e di circa metà del terzo (La donna il sogno & il grande incubo, 1995). E poi? È proprio da allora (per la precisione dall’aprile del 1994: quando uscì il terzo album del duo, Repetto già ne era uscito) che i contorni della storia personale del nostro iniziano a sfumare sempre più: per diverso tempo nessuno sa che fine abbia fatto, si vocifera addirittura di una sua brutta (sì, proprio in quel senso) fine!

Questo libro cerca proprio di riportare entro i binari della storia (biografica) tutte quelle leggende; anzi, più che il libro in sé proprio Repetto in prima persona, che si racconta a Massimo Cotto (e dunque, questa mia recensione vuole essere anche un omaggio a quella gran penna e voce radiofonica di Massimo, scomparso troppo presto): i tentativi, entrambi abortiti – meglio: fatti abortire dal caso, ammesso che esista e che Mauro Repetto ci creda – di un disco rap e di un film negli States, quello riuscito di un disco solista in Italia (composto da brani che sono, per la maggior parte, trasposizioni in lingua italiana dei testi scritti per il mai uscito album a stelle e strisce, chiaramente in inglese), ZuccheroFilatoNero del 1995, che però non soddisfa l’autore, il quale, tra le pagine del suo libro/confessione, arriva ad affermare che, forse, sarebbe stato meglio non fosse mai uscito (sia detto per inciso: da qualche anno a questa parte è diventato un pezzo ricercatissimo dai collezionisti), gli amori immaginari che hanno anticipato la venuta di quello vero, l’esperienza lavorativa – che, se non ho mal compreso, sta a tutt’oggi continuando – di Event Executive (chiaramente dopo tutta la gavetta del caso) a Dinseyland Paris. A lui piace definirsi un ragazzo di provincia (nato a Genova, cresciuto a Pavia) sentimentalmente e fisicamente proiettato verso le megalopoli; date le sue intemerate, al di qua e al di là dell’Oceano, tocca dargli ragione.

Un libro scritto, e raccontato, in flusso di coscienza, senza capitoli o paragrafi, giusto uno spazio maggiore a segnalare un cambio di argomento (ma non di tematica) può forse disorientare nelle prime pagine ma poi se ne comprende la logica e la si condivide pure: quale senso può avere un titolo (giacché, mancando i capitoli, mancano ovviamente anche i titoli; basti quello generale, principale, che fa riferimento al fatto che, e per fortuna, Repetto – ma anche Pezzali – non hanno ucciso l’Uomo Ragno) ad una chiacchierata tra amici, ad una confessione?

Anche cronologicamente parlando i salti ci sono, e pure drastici, ma è un bene: l’attenzione si mantiene alta dalla prima all’ultima pagina (e poi, chi è che segue una linea temporale logica nel raccontare e, soprattutto, nel raccontarsi?).

L’unica, altra, cosa che mi piacerebbe sapere, è se, alla fine, Mauro Repetto abbia imparato a suonare la chitarra.

Alberto De Marchi

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Mauro Repetto (con Massimo Cotto) “Non ho ucciso l’Uomo Ragno. Gli 883 e la ricerca della felicità”, Mondadori, 2023, 166 pagine, 18 euro

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