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Moni Ovadia e Dario Vergassola. Se vuoi dirmi qualcosa, taci. Dialogo tra un ebreo e un ligure sull’umorismo

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In Sulla funzione sociologica della legge ebraica nella Diaspora Erich Fromm si chiedeva cosa avesse impedito l’estinzione degli ebrei come popolo, come identità, nonostante le tante persecuzioni e l’assenza di una patria comune.

La conclusione, secondo lo studioso tedesco, andava cercata nell’attaccamento alle radici. Ovunque si trovino nel mondo, gli ebrei, come i rom, sono riusciti a conservare la radice linguistica, le tradizioni e tutto quello che compete la costruzione di una identità condivisa.

Allo stesso modo – in letteratura – credo sia possibile intuire un solco lunghissimo, come una lattea di carta e inchiostro che tiene insieme artisti e opere diverse per stile, per contesto e periodo storico.

Saul Bellow, Philip Roth, Mordecai Richler, Bruno Schulz, solo per fare alcuni nomi, ma anche registi come Woody Allen o Mel Brooks… Si sono fatti, ognuno a suo modo, ambasciatori della cultura ebraica, raccontando se stessi, le proprie idiosincrasie, i sensi di colpa, o anche solo prendendosi in giro.

Ma cosa, precisamente, hanno in comune queste opere e questi autori, è bravissimo a spiegarcelo Moni Ovadia che, insieme al comico Dario Vergassola, danno vita a questo dialogo dal titolo Se vuoi dirmi qualcosa, taci. Dialogo tra un ebreo e un ligure sull’umorismo, edito da La nave di Teseo.

Nato come testo teatrale, dopo Ogni cosa ha una sua fine, riflettendo con maggiore cura, si ha la sensazione di avere tra le mani un piccolo saggio strutturato nella forma dello jüdischer Witz, ovvero quel motto di spirito che sempre tende allo smascheramento, all’autoironia e che, come osservò Freud in un saggio dedicato all’argomento, è uno dei connotati principali dell’essere ebreo.

Si tratta, quindi, di una lettura solo apparentemente leggera in cui, snocciolando storie, barzellette e aneddoti sulla loro vita, Ovadia e Vergassola ci raccontano due culture – quella ligure e quella ebraica – così distanti eppure così vicine. La chiave è sempre l’umorismo, ma è uno humor sottile, sofisticato, che ci costringe a riflettere.

La condizione ideale dell’ebreo, ci dice Ovadia, è quella della diaspora, ovvero quella del disperso che pur vagando senza meta conserva la propria identità di appartenenza. In questo momento in cui siamo tutti esuli in casa, diasporici per costrizione, impariamo a conservarci, a prenderci cura, ad abitare la tempesta e ad abbeverare le nostre radici, imparando dal popolo, da tutti quei popoli, che pur non conoscendo tregua, resistono.

Pierangelo Consoli

 

Recensione al libro Se vuoi dirmi qualcosa, taci. Dialogo tra un ebreo e un ligure sull’umorismo di Moni Ovadia e Dario Vergassola, La Nave di Teseo, 2020, pagg. 112, euro 10.

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