C’è un momento, leggendo Falena di Natalia Guerrieri (Zona42), in cui il lettore si ritrova a galleggiare tra due mondi: uno fatto di carne e di sangue, di dolore tangibile e soprusi che rimestano nell’animo; l’altro attraversato da visioni lunari, creature liminali, apparizioni stregonesche che rimandano alla controparte. Ciò che colpisce non è tanto la giustapposizione tra reale e fantastico (nella collana 42Nodi di questo prolifico editore semmai è la norma), quanto la loro fusione in un unico flusso di coscienza narrativo compatto, sensoriale, lirico, dando vita a un maelstrom che che non fa sconti a chi legge, che parte dai venti di un mare in collera per trovare la pace in una terra abruzzese lontana dalla minaccia umana.
L’inizio della novella ci catapulta in medias res: una nave, una madre, un fratello, una fuga. Dana è la voce narrante – istintiva, brutale, corporea – ci guida in un’esistenza precaria fatta di violenza, migrazione, subordinazione, all’interno di un mondo arcaico dove l’infanzia finisce troppo presto e il corpo femminile viene scoperto prima ancora di essere compreso.
«Esco e trovo un cane bianco, una falena. Le montagne tutt’ attorno vibrano di insetti, di mugolii, di lamenti di cani. Chiudo gli occhi e inizio a danzare a piedi scalzi, non sapevo di potermi muovere così. Non sono io che comando il mio corpo, eccomi luna, eccomi cani, venite da me. Sono forte, sono felice. Danzo e capisco perché sono qui, capisco tutte le cose e perché tutte le cose sono qui.»
Le pagine sono permeate da un dolore fisico e tangibile che non chiede giustificazioni ma si racconta in immagini forti: lo strappo di una ciocca di capelli, il sangue delle prime mestruazioni, l’odore marcio del ponte di una nave carceraria e poi quell’occhio che esplode tra le dita, possibile una citazione a quel capolavoro surrealista che era Un Chien Andalou del maestro Buñuel. Anche qui, come in quel caso, lo sguardo altrui diventa arma, elemento detonante e minaccia continua. Uno sguardo affamato e indagatore (prima dell’equipaggio, in seguito dei paesani bigotti), dove l’occhio diffidente intriso di un’ignoranza permeata nella carne resta incapace di comprendere la bellezza del diverso.
Guerrieri, già conosciuta per il suo romanzo precedente (Sono fame, Pidgin), in poche pagine riesce a comporre una prosa densa, quasi rituale, un sabba cadenzato di reiterazioni poetiche e metamorfosi simboliche che azzannano la carta.
All’inizio della storia la giovane protagonista si fa chiamare “ciammaragne”, appellativo degradante che le viene affibbiato dagli uomini dell’equipaggio, una larva pronta a mutare, a imporsi con un’identità altra, mistica, bestiale. Le falene che invadono la cabina e la seguiranno per tutta la narrazione, la donna-luna che partorisce una lisca, il pesce d’argento che nasce dal sangue: ogni elemento è un passaggio alchemico, un’iniziazione, una ribellione al linguaggio del potere e alla violenza miope degli uomini.
Sulla terraferma le cose non cambiano, semmai collassano: le condizioni del fratello Ermete peggiorano e la madre si fa sempre più impotente. La famiglia contadina che le ha accolte si ribella alle stranezze che accadono alla nostra al bagliore della luna e alle povere anime non resta che spostarsi nel bosco spingendosi fino ai pressi di una piccola casa con un asino grigio davanti alla porta e un filo di fumo che esce dal camino. È la dimora di una donna con “i capelli grigi e gli occhi di una lupa”, la prima persona a non spaventarsi davanti alle stranezze di Dana, questa fanciulla che raccoglie le ossa degli animali per farli rivivere e ha la testa ricoperta di cicatrici. Mentre dal bosco si affacciano visioni di figure cornute, corpi di lupi e teste di cervo, al cospetto di questa sconosciuta, maestosa e bellissima sciamana dalla cruda goffaggine e le parole strascicate, il cielo si tinge di un azzurro che contiene assieme i toni della speranza e del riscatto, attraverso la comprensione e la scoperta del proprio lato più indomabile.
«Guardo il bosco e vedo un capriolo che corre sotto la pioggia fredda, mi indica una via. Dico a mia madre di aspettarmi e lo seguo. Corro, le mie piante nude sentono la terra, i sassi. Il capriolo è scomparso fra gli alberi, ora è l’istinto dei miei piedi a guidarmi. Attorno a me il bosco, insetti, donnole e faine pestano questa stessa terra bagnata, querce, aceri e roverelle mi abbracciano con i loro rami spogli.»
Non è un caso che l’incipit del libro sia preceduto da due citazioni: una da Norah Lange, poetessa argentina surrealista, l’altra da un documento etnografico sulla stregoneria popolare. Guerrieri, dopo svariati viaggi in Abruzzo (come spiega lei stessa nel bibliografia finale) attinge consapevolmente a una genealogia femminile arcaica e stregonesca di cui è padrona, per costruire una narrazione che è insieme denuncia e rinascita, radicata in un immaginario magico ma anche in una memoria storica collettiva che strizza l’occhio ai testi più iconici (penso al celebre Donne che corrono coi lupi, di Clarissa Pinkola Estés), creando una fiaba contemporanea metaforica ed evocativa (similmente a Gli stessi occhi, di Francesca Mattei o all’esordio di Gaia Giovagnoli, Cos’hai nel sangue, Nottetempo).
«Non sei più qui. Voglio liberare le tue ossa, uccello. Voglio liberarti dalla carne, dalle piume, dalle zampe che non ti servono più. Raccoglierti e farti vivere di nuovo. Non rompo le ossa cave sotto la pelle soffice del ventre, non spezzo il tuo scheletro lunare che prima di tornare all’oltremondo ha bussato alla mia finestra.»
Ogni frase vibra di urgenza, di un bisogno primario di sfidare, di esistere, di trasformarsi. L’uso del presente e della prima persona accentua la vicinanza con la protagonista e gli inserti in dialetto trascinano, rendendo il lettore non solo spettatore, ma complice, testimone intimo di una metamorfosi che è allo stesso tempo individuale e sociologica.
Falena è un piccolo libercolo che brucia, inquieta e conforta in modo misterioso come un sogno che non si riesce a raccontare fino in fondo ma che resta addosso, sfarfallando a ogni battito di ciglia, per giorni.
Stefano Bonazzi
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Falena
Natalia Guerrieri
Zona 42
9,90 euro — 88 pagine