Può un inno a vivere con pienezza la propria vita e ad assaporarne ogni istante prendere le mosse da una tragedia personale in grado di abbattere perfino la persona più coriacea e volenterosa di questo mondo?
Una risposta di inestimabile valore umano a questa domanda la troverete nel bellissimo “Fede, Speranza e Carneficina” di Nick Cave e Seán O’Hagan (La Nave di Teseo, 2022, pp. 414, € 21). Avviso ai “naviganti”: non si tratta di una nuova biografia del poliedrico musicista e scrittore australiano, bensì del resoconto di una serie di (spesso) lunghe e appassionate conversazioni private che lui e il giornalista irlandese di “The Guardian” e “The Observer” hanno avuto nel corso di un ragguardevole arco temporale, iniziata durante il primo lockdown dovuto al Covid 19 e proseguita ben oltre.
Quel che ne è venuto fuori è, innanzitutto, un libro molto originale, imperniato su un tono di assoluta informalità che, fin dal primo capitolo, riesce a trascinare il lettore con estrema naturalezza in un mood dialogico privo di qualsiasi studiata sovrastruttura, limitandosi invece a catturare due uomini nel corso di prolungati scambi di idee e riflessioni che nulla hanno a che fare con il contesto in qualche modo formale di una classica intervista, né, parimenti, cercano di far emergere l’istrionismo del presunto intervistato o la “facondia” spesso tipica di certi intervistatori. Un’operazione tutto sommato normale, secondo i lettori più scafati? No, assolutamente no, perché questo “Fede, speranza e carneficina” viene fuori dopo una spaventosa sciagura che dal 2015 in poi ha funestato l’esistenza di Cave: la morte in circostanze accidentali del figlio quindicenne, Arthur.
Il peso sconvolgente di un lutto simile, al quale vanno anche sommate le successive scomparse della madre dell’artista e della sua ex partner d’amore e d’arte Anita Lane intervenute sempre in fase di gestazione dell’opera, rendono queste pagine qualcosa di decisamente diverso da una biografia convenzionale: pur abbondando, infatti, i riferimenti all’avventurosa vicenda personale ed artistica di “Re Inchiostro”, ad assurgere a vero protagonista della narrazione è il suo a dir poco sfaccettato mondo interiore, preso in considerazione sia dal punto di vista strettamente “umano”, sia come fonte di ispirazione di tutto ciò che Cave ha regalato ai suoi fan, come musicista e come autore, in oltre quarant’anni di apprezzata carriera. Il ritratto che ne consegue è quello di un essere sommamente tormentato ma, come appunto si accennava prima, anche strenuamente reattivo e pensante, incapace di abbandonarsi ad un destino crudele e sempre pronto a guardare in avanti. Lo scibile emozionale indagato è, senza esagerare, infinito, andando a toccare le delicate questioni “elaborative” che ci si può aspettare quanto i processi di creazione, il rapporto con la propria singolare religiosità e la necessità di dover imparare ogni dannato giorno a relazionarsi con il proprio quotidiano e con i propri simili. Ecco allora emergere, a fianco al noto trascinatore di folle che tanti di noi hanno imparato ad amare, anche il Cave “filosofo” (nel senso vero di “amante del sapere”) o l’inaffondabile “viaggiatore dell’anima” in grado di guardare dentro e fuori se stesso con una lucidità, una pazienza e una forza che, niente di meno, sono spesso in grado di commuovere chi si trova stampate davanti agli occhi le sue parole. Parole pesanti non perché studiate o concepite alla ricerca di un qualche effetto, ma in quanto emanazioni di un riflettuto esistenziale capace di rinnovarsi e di trascendersi senza requie. E senza sconti.
Per chi vi scrive, questo “Fede, Speranza e Carneficina” esula da un ambito di genere di qualsiasi tipo, ragion per cui è consigliabile che -con tutto il rispetto, ci mancherebbe!- se ne tengano alla larga tutti coloro che sono alla ricerca di un qualche inedito sensazionalismo a proposito del proprio eroe maledetto a sette note. Siamo di fronte a un libro davvero molto diverso, prezioso, a tratti sconvolgente. Che vi saprà turbare e avvincere e che, soprattutto, avrà la capacità, se non di cambiarvi, quantomeno di rimettervi di fronte a certi insoluti interiori, a certe urgenze, senza lasciar spazio a facili autoindulgenze.
Esattamente come fanno tutti i grandi libri.
Ringrazierete (ancora una volta, e in un modo ancora diverso) Nick Cave e Seán O’Hagan!
Davvero.
Concedetegli tutta la vostra fiducia.
Domenico Paris