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Nils Fabiansson anteprima. Ernst Jünger nelle tempeste d’acciaio Della Grande Guerra

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Scene di guerra: “Il loro comandante, un Capitano ventiseienne, giaceva ferito in una profonda buca. Le trincee conquistate traboccavano di equipaggiamento e di vettovaglie, Jünger accordò ai suoi uomini “una breve pausa per il saccheggio come un vecchio comandante lanzichenecco”, poi si concedette un piccolo breakfast all’inglese e una fumata con una pipa carica di tabacco britannico Navy Cut. Mezz’ora dopo ripresero a avanzare lungo la Linea Sigfrido, rincuorati dal cognac preso agli inglesi. Dopo un breve tratto, a circa mezzo chilometro di distanza, si arrestarono di fronte a un bunker costruito all’interno del fossato. Tre uomini caddero nel corso del feroce combattimento che divampò attorno a questa costruzione: “Grandinavano pallottole”, come aggiunse Jünger nelle successive edizioni del libro”.

È in libreria Ernst Jünger nelle tempeste d’acciaio della Grande Guerra di Nils Fabiansson (Edizioni Italia storica 2024, pp. 188, € 25, edizione italiana a cura di Andrea Lombardi con traduzione di Vincenzo Valentini).

Il libro è più che una semplice narrazione: è un viaggio attraverso la psiche di un giovane soldato che, immerso nell’orrore della Prima Guerra Mondiale, osserva e riflette come un archeologo del suo tempo. Con la sua penna sfumata e analitica, Fabiansson porta alla luce la visione impavida e critica di Jünger, esplorando le pagine dei diari originali del tenente tedesco. Ogni capitolo è un affresco vivido, una sinfonia di dettagli che trasporta il lettore direttamente nelle trincee imbevute di fango e sangue, tra il ronzio delle pallottole e l’ombra della morte costante.

Le descrizioni di Jünger non sono mai ordinarie: trasformano il fragore della battaglia in poesia brutale, osservando con un “sguardo telescopico” che non risparmia niente e nessuno. La narrativa di Fabiansson si spinge oltre la cronaca storica, penetrando nell’anima tumultuosa e stoica di Jünger, facendoci riflettere sulla dualità dell’uomo, sulla sua capacità di bellezza anche nei luoghi più oscuri.

Questa edizione curata da Andrea Lombardi e tradotta da Vincenzo Valentini si impreziosisce di illustrazioni fotografiche e documenti inediti che completano il quadro visivo ed emozionale. È un libro che si rivolge non solo agli appassionati di storia militare, ma anche a chi cerca di comprendere la complessità della natura umana attraverso le sue prove più ardue.

Carlo Tortarolo

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L’inverno 1916-1917 non fu un periodo felice per Jünger. A quanto riportato, nel periodo di degenza all’ospedale militare di Valenciennes soffrì di attacchi depressivi.  Anziché partecipare alla battaglia di St. Pierre Vaast, fu confinato a letto. Al tempo giudicò il paesaggio di St. Pierre-Vaast freddo e ostile. Più di 50 anni dopo, scrisse:

Dall’autunno 1916, vale a dire dal tempo della battaglia estiva, per quelli della nostra età si era create una routine alquanto regolare: fronte, ferite, ospedale, convalescenza, guarnigione, rientro al reparto. Essa si ripeteva fino al momento nel quale un colpo non ti avesse reso invalido o ti avesse ucciso.

Jünger non era ancora del tutto guarito quando lasciò l’ospedale militare alla fine di novembre. Fu quindi impiegato come Ufficiale osservatore. Nelle prime tre settimane del dicembre 1916, Jünger molte volte prestò servizio per 24 ore di fila tremando dal freddo in posti di osservazione sulle pendici discendenti tra Nurlu e Moislains, scrutando il nemico con il binocolo.

Il 18 dicembre 1916, la Divisione ricevette il cambio e fu inviata per quattro settimane di riposo a Fresnoy-le-Grand, a nord est di St.-Quentin, ben dietro le retrovie. Qui Jünger incontrò il fratello Friedrich Georg. Fritz si era arruolato nel Reggimento nel 1916 e stava per frequentare il Corso Allievi Ufficiali a Döberitz, che Ernst aveva completato quasi un anno e mezzo prima. Erano acquartierati assieme nella casa di un pensionato francese, divertendosi a Fresnoy-le-Grand con il tiro a segno con la pistola, la celebrazione collettiva del Natale e di Capodanno e bevute di alcolici.

Nel 1992 Jünger scrisse che alcuni paesaggi hanno per noi un effetto magnetico e a essi si deve tornare. L’area di St. Quentin era per lui uno di questi paesaggi. Si trovò a operarvi nell’inverno del 1916 e nell’estate del 1917. Otto anni prima, nel settembre 1909, Jünger vi aveva passato qualche settimana come studente quattordicenne presso una famiglia francese a Buironfosse, una cinquantina di chilometri a nord est di St.-Quentin, dove secondo i suoi appunti di viaggio gli fu chiesto se fosse in grado di parlare il tedesco altrettanto bene del francese.

Il 17 gennaio 1917 Jünger fu insignito della Croce di Ferro di I Classe. Fu inviato a un corso di quattro settimane per Comandanti di Compagnia tenuto nel campo d’addestramento militare di Sissonne, a est di Laon e nei pressi di Recouvrance e Orainville, dove era già stato nella primavera del 1915. La sorte volle che nel 1944 Jünger si sarebbe ritrovato nello stesso campo d’addestramento. Fu utilizzato sia dai tedeschi che dagli Alleati in entrambe le guerre mondiali ed è tuttora impiegato oggi dall’Esercito francese.

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