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Orecchie* 3

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Il 29 aprile scorso Giuseppe Genna aveva postato sul suo blog “La poesia italiana fa schifo”, un breve articolo che solo lui poteva miracolosamente rendere prolisso, sicché trascelgo: “Due parole sulla poesia italiana in questi ultimi due decenni: dov’è finita? Non c’è. […] Nessun poeta ha colto minimamente la chance trasformativa di questi vent’anni, che non è soltanto “comunicazione”, ma anzitutto antropologia. […] Manca, ai “poeti italiani” che si autoetichettavano e a tutt’oggi si autoetichettano con maggiore tristo esito, una forza eversiva che è metafisica. O la poesia è metafisica o non è. […] Non hanno letto Husserl e Heidegger o, se li hanno letti, non li hanno compresi: solo così riesco a spiegarmi l’inanità del gesto in un presente in cui la tecnologia manifesta la sua metafisica. Il dato minimale o il visionario privo di lingua, un bellettrismo minuscolo o l’atteggiamento depressivo degno di un ventriloquo di paese emulo più delle crisi pomeridiane e casalinghe di Sartre che del titanismo di Leopardi. Grazie tante ai e alle signori e signore della poesia italiana, variamente antologizzati e antologizzate: ci avete fatto mancare un’esperienza decisiva per vent’anni”. Invece delle solite orecchie in libreria, pensavo di tirargliele dal vivo, senonché stamane un giovane poeta di valore mi ha preceduto inviandomi

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FINE IMPERO
di Davide Nota
 

Il limite patologico di Giuseppe Genna, l’egomania tronfia e volgare, il pacchiano caotico nulla sovraesposto, il vitalismo mortifero dell’epoca implodente, coincide con la sua (più o meno) riuscita estetica (neobarocca e postmoderna, tragicomica nella sua performatività alienata e priva di discorso, irrealmente gonfia come una bolla speculativa).

Resterà, in definitiva, come un esponente del disordinismo cognitivo degli anni Novanta e Duemila, nella variante italiana del “berlusconismo” di cui è valido interprete sia come narratore sia come barone editoriale (la “Lettera mai pervenuta all’utile idiota dell’editoria italiana” come proiezione involontaria).

Nel primo caso merita attenzione, nel secondo sospetto.

Sospetto, nella misura in cui tutte le sue operazioni culturali o di scouting sono perfettamente pertinenti al contesto di potere in cui sono state agite, come funzioni del caos cognitivo dominante, i cui paradigmi sono la casualità e la dismisura, che conduce al fascismo presente (da Clarence a Mondadori, passando per il Primo Governo Berlusconi).

Si tratta, ad ogni modo, di una dissolvenza.

Se c’è infatti qualcosa di inedito, in questo tardo remake “contro la poesia italiana” che Giuseppe Genna consegna al web senza cognizione di causa, è la assoluta perdita di potenza della sua performance insultante. Questa apparizione depotenziata ufficializza la fine di una stagione letteraria e storica.

Un impero finisce e con esso i suoi giullari.
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* Le orecchie sono quelle dell’ascolto, del mercante, del vangelo e soprattutto delle pagine – ovviamente due, tra umani. La particolarità di codeste è che, invece di farle sui suoi, db le fa sui libri nuovi di poesia che compulsa in libreria. Ne vengono: dei segnalibro per l’ignoto/ignaro acquirente lì e dei passaparola qui – due azioni poetiche in uno, ovviamente gratuite. Dulcis chissà ma in fundo, db appende alle orecchie dei cotillon a piacere.
 https://www.youtube.com/watch?v=ObzhP769Hf8

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