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Paolo Zardi anteprima. L’ultimo raccolto

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Sono da poco usciti in libreria i racconti di Andrea Donaera – La notte delle ricostruzioni – e di Paolo Zardi – L’ultimo raccolto- , Emanuela Canepa – Quel che resta delle case – e Valerio Aiolli – X – Una caccia, pubblicati da Tetra, la nuova casa editrice nata nel Lazio da un’idea di Danilo Bultrini e Luca Verduchi, già editori di Alter Ego. Un debutto originale attraverso la forma del racconto e giocando con il numero quattro: quattro volte l’anno, il quattro del mese, quattro racconti singoli di quattro scrittrici e scrittori diversi, in un elegante formato quadrato. Per raccontare la complessità del mondo contemporaneo e porsi le domande che possono fare la differenza, attraverso una lucida e poetica rappresentazione del quotidiano. Qui proponiamo l’incipit de L’ultimo raccolto di Paolo Zardi, affermato scrittore padovano sia per raccolte di racconti sia per i romanzi, nonché primo autore italiano ad essere stato tradotto e pubblicato sulla rivista Lunch Ticket dell’Università di Antioch.

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«So tutto» gli aveva detto lei, all’improvviso, mentre stavano tagliando il pane fianco a fianco, nella luminosa cucina della casa di montagna di cui erano ospiti quel giorno di metà marzo. Dal salone arrivavano le voci degli altri ospiti – il rumore delle posate e dei piatti che venivano disposti sul tavolo, le chiacchiere, le risa. Lui si era girato verso di lei e guardandone il viso aveva cercato di capire se stesse scherzando; ma era seria, assente, ferita. Avevano viaggiato separati, quella mattina, su macchine diverse – alcune amiche avevano reclamato, ridendo, la presenza di Rachele, e così gli uomini erano andati da una parte, le donne dall’altra. I pochi ragazzi, i gli che non erano riusciti a sottrarsi a quella specie di scampagnata, si erano sparsi a caso; Quintana, la loro glia, l’unica che avevano, era riuscita a convincerli a lasciarla a casa: il giorno dopo doveva essere interrogata in matematica e non voleva prendere l’ennesimo tre.

La macchina l’avevano abbandonata nel parcheggio dove si erano dati appuntamento; lui era salito in quella di un vecchio compagno di università, assieme a due conoscenze recenti – un tedesco e un siciliano, che da poco avevano ottenuto un contratto di ricerca nell’istituto di sica dove lui lavorava da sempre. Nel viaggio, si era parlato soprattutto di politica; non sapeva, invece, di cosa avesse parlato sua moglie nella macchina in cui era salita. Le avevano superate quasi subito, e guardando dentro aveva visto che quelle donne stavano cantando a squarciagola una canzone che non poteva udire; avevano mostrato, scomposte, il dito medio, ridendo come se fossero quattro ventenni partite per una lunga vacanza – insieme, però, facevano quasi due secoli.

E mentre, tre ore dopo, tagliavano il pane insieme, lui e sua moglie, e lei gli aveva appena detto “so tutto” con lo sguardo basso e chiuso, si era domandato se la mattina, quando si erano alzati e avevano fatto colazione in un bar non lontano da casa, ci fosse già qualche presagio: non riusciva a mettere a fuoco alcun dettaglio.

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