Pedro Peix è uno scrittore Dominicano. Morto nel 2015.
In Italia è poco conosciuto, anche se è stato oggetto di diversi studi.
Nel panorama caraibico è, invece, uno scrittore estremamente importante. I suoi libri sono inquadrabili dentro una specie di movimento noto come “realismo sucio” ovvero, realismo sporco, che nulla ha a che vedere con quello magico e patinato di Márquez, per esempio, o con quello languido e favoloso della Allende.
Dentro i libri di Pedro Peix, dentro la Tumbadora, racconto degli anni ottanta, ambientato tra gli anni ottanta e il 1965, tradotto da Barbara Stizzoli per le edizioni Arcoiris, i sogni sono porte socchiuse, porte che si trovano dentro un corridoio, porte che, man mano che ti avvicini, si chiudono per sempre e quello che senti, mentre attraversi il corridoio, è solo il suono agghiacciante delle serrature che si incastrano.
La Tumbadora, nello specifico, è la storia di Persia. Cinque capitoli come cinque racconti, apparentemente scollegati, che ci trascinano nella storia di questa adolescente e così scopriamo come nasce, chi era sua madre e chi invece, Persia, pensava che fosse. Scopriamo perché la sua pelle è così bianca, perché gli uomini la desiderano tanto.
Attraverso questo personaggio, Pedro Peix racconta la sua terra, gli uomini che la abitano, così pieni di false promesse e così succubi di quelle stesse donne che si auguravano d’imbrogliare e di possedere.
La stessa Persia ci appare, nei cinque racconti, sottomessa, ingenua, meschina e cattiva. Ma anche ribelle e arrabbiata.
Persia è talmente piena di contraddizioni da sembrare una metafora della sua stessa terra il cui volto nuovo è stato generato dalla violenza di stranieri di passaggio, ma che conserva le proprie radici, la fierezza delle origini. Una terra che si vende, si regala, alcune volte e, lussuriosa, si nega.
Nei cinque attimi di questa storia ci sono i concorsi di bellezza, la guerra del ’65, la prostituzione, la scuola, il riscatto, la povertà. E così, Peix, attraverso i suoi personaggi, racconta l’anima della sua terra, la sua forza, la resilienza, la violenza e le meschinità.
Quando Barbara Stizzoli mi ha parlato di questo libro, la prima cosa che mi ha detto è che è stato molto difficile da tradurre. Lei conosce i Caraibi, conosce la Repubblica Dominicana e mi ha detto che se non conoscesse quei posti così bene, la lingua di quei posti, se non fosse in grado di cogliere le mille sfumature gergali del loro idioma, non avrebbe potuto tradurre La Tumbadora.
La prosa di Pedro Peix sembra scarna, immediata, sembra priva di manierismi e lo è, per tanti versi, ma conserva gl’incesti linguistici di quelle terre dove tanti sono i popoli che vi sono transitati e la durezza di chi sente la necessità di parlare chiaro, di non fare sconti, di scrivere per accusare.
Pierangelo Consoli
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La Tumbadora, Pedro Peix, Edizioni Arcoiris 2025, Pp.97, Euro 10