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Perché mai dovrei pentirmi del mio passato?

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Ora, come un fulmine più un cortocircuito, un sms di un amico sull’ignavia di gran parte degli accademici, io li odio gli ignavi, e una frase che mi ha rivoltato lo stomaco, uscita dalla bocca di una nobildonna: “il nostro compito morale ce lo impone” mi hanno riportato all’epistola In Carcere et Vinculis del genio di Wilde, che – senza più i favori della fata verde, l’Artemisia absinthium – scrive, vado a memoria, perché mai dovrei pentirmi del mio passato?

Il punto di assoluta contrizione altro non è che la faccia dell’iniziazione. E poi dice una frase che se la si comprende fino in fondo si trova la pace e si guardano solo i fenomeni e non si è più vincolati dagli epifenomeni, questa: È molto di più: è lo strumento con cui muta il proprio passato. More than that: it is the means by which one alters one’s past… (che meraviglia la mia epoca, in dieci secondi l’ho trovata in Rete). Nemmeno gli dei possono mutare il passato, ma Wilde invece va controcorrente: Cristo dimostrò che il più comune peccatore poteva farlo, che anzi era l’unica cosa che egli sapesse fare. E, poi, per rendere luminoso il suo pensiero: è difficile, per la maggior parte delle persone, comprendere questa intuizione, scrive Oscar, che dio lo benedica ovunque egli sia: It is difficult for most people to grasp the idea. I dare say one has to go to prison to understand it. È difficile per la maggior parte delle persone afferrare l’idea. Oserei dire che bisogna andare in prigione per capirlo.

Il punto di assoluta contrizione non è altro che la faccia dell’iniziazione.

Luca Sossella

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