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Reinhard Kaiser-Mühlecker anteprima. Bracconieri

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È in libreria Bracconieri di Reinhard Kaiser-Mühlecker (Carbonio 2025, pp. 272, € 21, trad. dal tedesco di Alessandra Iadicicco). È un romanzo che ti aggancia con un semplice rumore di metallo – quel clac di una pistola scarica contro la tempia del protagonista Jakob alle quattro del mattino – e non ti molla fino all’ultima pagina.

Ha una trama che pulsa di vita (e di morte): Jakob ha poco più di vent’anni, una fattoria esausta nel cuore della campagna austriaca e un padre capace di mandare in rovina tutto quello che tocca.

Intorno a lui c’è il rumore dell’autostrada, crollano i frassini malati, fuggono o muoiono i cani; perfino il denaro dell’eredità della nonna diventa arma di ricatto familiare, preparando lo scontro definitivo con il padre. Quando l’anziana muore e il padre rinuncia all’eredità in suo favore, Jakob si trova davanti un futuro tanto vasto quanto pericoloso: l’azienda ora è tutta sulle sue spalle, e il prezzo da pagare potrebbe essere la propria umanità.

Kaiser-Mühlecker ci porta in un’Europa rurale dove la crisi climatica, quella economica e quella esistenziale si confondono. Nel rapporto padre-figlio – fatto di silenzi, rancori e lampi di una violenza mai del tutto taciuta – affiorano questioni universali: che cosa significa “ereditare”? E si può davvero spezzare il destino di chi ci ha preceduti?

Una scrittura muscolare e ipnotica immerge il lettore in un ritmo fisico: si respirano il fumo del motore diesel, il sangue dei pesci, il vapore del latte appena munto. La voce narrante scivola dal realismo crudo all’allucinazione.

Bracconieri è un romanzo che vibra di tensione morale, è per chi cerca una storia che parli di lavoro e fallimento, di amore testardo, di padri da cui fuggire e campi da cui non si può scappare. La sua forza sta nella capacità di fondere dramma familiare e denuncia sociale senza cedere al sentimentalismo e allo stesso tempo ci racconta la semplicità dei sentimenti puri.

Sconsigliato solo a chi teme che il fango sotto le unghie e l’odore del letame possano macchiare l’anima: perché Kaiser-Mühlecker non concede guanti. E la campagna, qui, è più brutale di qualsiasi giungla urbana: “Una mattina però c’erano pesci dappertutto tra gli stagni, tanti erano senza testa, oppure erano squarciati appena sotto le branchie, come se fossero stati segati”.

Un romanzo che ruggisce come un motore agricolo all’alba e ti lascia addosso la polvere dell’aia sporca, reale, indimenticabile. E insieme ci porta ad esplorare il senso dell’esistenza e dei suoi tumulti: “Due vite che erano iniziate nello stesso punto e che avevano preso vie così diverse adesso si erano riunite di nuovo; camminavano sulla stessa lunga strada di polvere o terra o ghiaia o sabbia, sulla stessa strada di cui non si vedeva la fine. Non c’era vittoria, non c’era sconfitta; c’era solo questa strada”.

Reinhard Kaiser-Mühlecker (1982) è oggi una delle voci di punta della narrativa austriaca; con il romanzo Bracconieri ha vinto il Bayerischer Buchpreis 2022 ed è stato nominato al Deutscher e Österreichischer Buchpreis.

Carlo Tortarolo

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Albeggiava; potevano essere le quattro del mattino, o appena più tardi. Per un momento pensò che sì, poteva essere più tardi, una giornata caliginosa, coperta, ma il meteo non aveva

Foto: Reinhard Kaiser Muhlecker

annunciato un cambiamento dell’alta pressione che perdurava da settimane. Nella penombra che regnava nella sua stanza c’era un tremolio, un movimento inafferrabile perché le foglie del tiglio che arrivavano fino alla finestra si muovevano; tirava un vento leggero, allora forse era davvero un cambiamento improvviso del tempo che alla fine poteva annunciarsi anche a un’ora così mattiniera? Queste impressioni attraversarono vaghe la sua mente, come se arrivassero da lontano e non avessero nulla a che fare con lui. E anche quando aprì il cassetto del comodino e ci infilò la mano era come se il gesto fosse staccato da lui. Non girò neanche la testa, non guardò nemmeno da quella parte. Il metallo era giusto un po’ freddo. L’effetto era piacevole, acquietante, anche quando se lo premette contro la tempia. Trattenne il fiato, distese il dito e premette il grilletto.

Fece clac. Un suono vuoto, tedioso, e lui soffiò di nuovo fuori l’aria trattenuta. Com’era possibile? Per tutta la vita sempre solo questo suono. In fondo era impossibile, proprio impossibile, come se con un dado, per quanto spesso lo si lanci, non uscisse mai il sei, oppure l’uno, mai un determinato numero, mai quello che si aspettava. Sospirò, si tolse la rivoltella dalla tempia, girò il tamburo un po’ di volte e ripose di nuovo l’arma nel cassetto senza richiuderlo.

Era fine luglio, finalmente sereno, finalmente caldo dopo la primavera fresca e piovosa; poteva alzarsi, lavoro ce n’era e non era neanche stanco sebbene fosse andato a letto a mezzanotte, ma non ne aveva voglia. Il suono gli rimase impresso: quel suono vuoto, tedioso che lo accompagnava già da metà della sua vita, che anzi era diventato il suono della sua vita. A undici o dodici anni aveva trovato in una vecchia borsa su in solaio la rivoltella che doveva essere stata del nonno e in cui era infilata una sola cartuccia. Dal primo più rapido batticuore gli sembrò che fosse destinata a lui, a nessun altro che a lui. A intervalli di settimane, al massimo di mesi, riecco quel suono vuoto, tedioso, snervante: clac… Non temeva che qualcuno potesse beccarlo; da quando si era trasferito nella stanza di sopra, che prima era stata di suo fratello, nessuno ci entrava più. E anche se qualcuno lo avesse colto sul fatto, non se ne sarebbe preoccupato, sarebbe stato quasi non vero, quasi irreale, sia per lui sia per quell’altro.

Come se fino a quel momento le sue orecchie fossero rimaste serrate, tappate, sigillate dal sonno, d’un tratto adesso gli arrivò il rombo dell’autostrada e udì i rami del tiglio grattare sul vetro, un raschiare, a tratti uno stridere e, da giù di sotto, il ronfare del cane. Solo a quel punto percepì tutte le solite cose, prima non ci aveva fatto caso, perché uno difficilmente fa caso alle solite cose, ogni giorno le stesse, e perché quella sensazione che lo aveva spinto a infilare la mano nel cassetto aveva interrotto il suo legame con il mondo. Qualcosa lo aveva riallacciato di nuovo.

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Titolo originale Wilderer

di Reinhard Kaiser-Mühlecker

Originally published as “Wilderer” by Reinhard Kaiser-Mühlecker

Copyright © S. Fischer Verlag GmbH, Frankfurt am Main 2022

© 2025 Carbonio Editore srl, Milano

Tutti i diritti riservati

Traduzione dal tedesco di Alessandra Iadicicco

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