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Riccardo Meozzi antreprima. Addio, bella crudeltà

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Il minimalismo dei desideri: “Mentre lo spoglia e intanto si sente baciare come se potesse sfuggirgli, Lidia gli dice che può restare a dormire, che comprerà una libreria e un divano, che insieme cambieranno il tappeto con uno blu ma chiaro, che usciranno a cena in tutti i ristoranti della città. Lidia pensa: meglio questo corpo di cui imparerò il nome che il passato; Meglio il futuro, per quanto schifoso e ignoto, che i ricordi; la carne che niente.”

Il senso dell’amplesso: “Quando Giovanni la penetrava, quando la toccava e osservava le sue reazioni, era come se Lidia esistesse davvero, come se il suo corpo avesse un senso, e quel senso stava soltanto nel modo in cui Giovanni le era accanto in ognuno di quei momenti, nel modo in cui la guardava fino a quando non avevano finito e dovevano tornare alla realtà di tutti gli altri.”

Follie d’amore: “Lui l’aveva fatta ubriacare, l’aveva fatta sentire incerta, e in fin dei conti erano state tutte belle sensazioni. Lui l’aveva portata in giro, aveva guidato l’auto per farle conoscere posti nuovi. Si erano impegnati a esistere contro tutti, come si erano detti un sacco di volte. Si erano sottratti a qualsiasi cosa non gli importasse perché di base, avevano scoperto, non c’era assolutamente niente al mondo che valesse quanto quel che avevano insieme.”

È in libreria Addio, bella crudeltà di Riccardo Meozzi (Edizioni E/O 2025, pp. 208, € 17,50).

Riccardo Meozzi (1994) ha scritto racconti che sono usciti su diverse riviste, fra cui Finzioni e Verde Rivista. Nel 2022 ha pubblicato con Moscabianca Edizioni la novella illustrata da Giulia Pex Piccolo nome, grande sangue.

Lidia e Giovanni si incontrano da giovanissimi, all’inizio degli anni ’90. Lei è fragile, sola, in cerca di un appiglio; lui è l’opposto, guidato da un’irruenza che sfiora l’arroganza, deciso a piegare la vita ai suoi desideri. Si divorano a vicenda, avidi di ciò che l’altro può offrire. Lidia cerca un amore totale, quasi ossessivo; Giovanni si lascia trascinare in una passione selvaggia, carica di chiaroscuri. Esistono soltanto l’uno per l’altra, tra abbandono e desiderio, tagliando fuori il resto del mondo. Si sposano in fretta, come se non esistesse alternativa.

Ma il loro equilibrio è fragile, pronto a spezzarsi. Un evento improvviso ribalta ogni certezza: la ragazza insicura si trasforma nella colonna portante della coppia, mentre l’uomo sicuro di sé cede il passo alle proprie debolezze, costretto a confrontarsi con la paura e il senso di impotenza.

La storia di Lidia e Giovanni, due anime tormentate, si dipana tra momenti di tenerezza e crudele realtà, offrendo uno sguardo sincero e penetrante sulle difficoltà di una relazione segnata dalla malattia.

Meozzi dipinge accuratamente i sentimenti contrastanti dei protagonisti, rendendo palpabile il loro dolore. ​ Ci guida in un viaggio emotivo che cattura il lettore dalla prima all’ultima pagina, lasciandolo con una riflessione profonda sulla fragilità e la forza dell’essere umano.

Attraverso continui flashback, Meozzi costruisce un romanzo che si muove su più piani temporali e racconta una storia d’amore che riesce a reinventarsi senza piegarsi sotto il potere stritolante della sofferenza e della malattia.

Carlo Tortarolo

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Poi ci penserà, soprattutto all’uomo che le sta davanti, perché è così che si sta abituando a vivere: costringendosi a immaginare i giorni che verranno, le cose che dovrà fare. A progettare, da sola, il futuro, e a smettere di esistere soltanto nel momento corrente o nel passato dei suoi ricordi. Il suo analista le parla di tutto quel tempo che l’aspetta, del futuro che imparerà a immaginare e volere, ma Lidia non sa niente, e per rispondergli prende in prestito informazioni dalle vite che la circondano. A volte gli dice: Vorrei avere un cane, uno di taglia media, o uno di razza. Gli parla di come vorrebbe decorare le terrazze, metterci piante e fiori, ripavimentarle. Altre volte invece Lidia si pente e gli confessa che ha pensato di tornare a vivere con sua madre, perché da sola sta male. Una volta soltanto ha bisbigliato che lei e Giovanni avrebbero dovuto fare un figlio, e che forse le cose adesso sarebbero diverse. Ma sono frasi d’altri, desideri che capta. Anche l’analista è una cosa a cui l’hanno costretta le persone che le vogliono bene, ma lui non lo sa, e infatti poi le chiede: Ma, prima di occuparsi delle terrazze, ha messo tutti i mobili in casa? Lidia scuote la testa, dice che non se la sente, che le è più facile, ogni volta che apre la porta, avere soltanto il tavolo e quattro sedie, che è meglio avere poche scelte, per lei. E l’analista allora le chiede: E se dovesse esserci qualcun altro con lei?
E adesso, in effetti, c’è, e la sta guardando da dietro gli occhiali dalla montatura sottile e dorata. Ha un’aria intelligente che stona con la sua tendenza a parlare del più e del
meno, impressione a cui Lidia non riesce a non pensare. L’uomo la fissa con i suoi occhi verdi, si rigira l’orologio intorno al polso, fa scattare il cinturino e lo riallaccia. Lei lo lascia fare e ascolta il rumore metallico, per niente imbarazzata. Lui, quando se ne accorge, si schiarisce la gola e le chiede come sta.

Bene, gli risponde, e ne cerca lo sguardo oltre gli occhiali.

Che farai questa settimana? le chiede lui passandosi un ciuffo dietro l’orecchio sinistro.
Lidia odia quella domanda, ma non riesce a dirglielo. Se fosse sola, potrebbe pensare soltanto al presente. L’uomo che le siede di fronte le serve per immaginare il futuro – e l’analista ne sarebbe felice, se lo sapesse. Certo, avrà tutto il tempo per accorgersi che quest’uomo non è Giovanni, che i suoi capelli biondi e lisci le danno fastidio senza averli mai toccati, che sembrano fili per rammendare buoni a niente. Forse gli chiederà di tagliarli, chi lo sa. Ci vuole confidenza per certe cose, il desiderio di ferire non troppo a fondo e senza far arrossare la pelle, solo di farla bruciare come se fosse un pizzico e non un taglio. Lo guarda poggiare i palmi delle mani a terra e irrigidire i muscoli delle spalle per alzarsi.

È più robusto di Giovanni, ha più muscoli – delle volte le camicie che indossa sono troppo piccole, come se si fosse allenato troppo e in poco tempo. Sta parlando, ma lei non l’ascolta, e si punzecchia la narice per richiamarsi all’ordine, per cercare di concentrarsi sulle parole. Perché è lì che stanno le persone, le sta insegnando l’analista, non solo nei corpi; le ha anche detto che non tutti sono Giovanni. Che ciò che funzionava con lui potrebbe non andare bene per un altro, e Lidia ha pianto sentendoglielo dire.

Prima o poi li comprerai i mobili? le chiede l’uomo mettendosi in piedi.

Lei si guarda intorno e dice che deve pensarci, che per ora sta bene così. Evita di menzionare l’analista.

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