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Rohan O’ Grady anteprima. Uccidiamo lo zio

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WoM edizioni ci ha abituato ad opere di pregio, dal libro illustrato per “bambini” di Philip Giordano ovvero Kaguyahime, Principessa Splendente al maestro Hokusai con le sue cento vedute del monte Fuji, fino a un Mark Twain atipico e proto-fantascientifico con 3000 anni tra i microbi. Seppur opere singolari, a volte di nicchia, WoM ha sempre scelto testi riconducibili a personalità conosciute o fissate nell’immaginario collettivo, ma con Uccidiamo lo zio, di Rohan O’Grady, la casa editrice ha davvero recuperato un gioiello di un’autrice sconosciuta. Con la traduzione di Matteo Pinna.

L’autrice canadese ha confezionato un “Un libro oscuro, stravagante, sorprendente, molto in anticipo sui tempi”, e se lo dice Donna Tartt dobbiamo crederle tutti. Uccidiamo lo zio è un “gothic cult” un libro sinistro, perverso, allucinato e che insegue le follie psicotiche e morbose di due bambini, una anti-esegesi agli studi pedagogici già destrutturati e riassemblati da Golding nel suo Signore delle Mosche. I richiami col premio nobel inglese tuttavia non si esauriscono col riferimento ai bambini “maliziosi e terribili”, infatti la storia di Rohan ha un setting simile ovvero un’isola paradisiaca dove uno Zio altrettanto grottesco vuole togliere l’eredità ai nipotini.

Abbiamo un nuovo classico della dark fiction, in bilico tra humour maledetto e ricerca stilistica.

Cristiano Saccoccia

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«BUGIARDO! Bugiardo! Bugiardo!». Persino il martellamento dei motori non riusciva a coprire le grida. Il primo ufficiale, appoggiato al parapetto del piroscafo Haida Prince, sussultò. Da tre ore quella vocina stridente gli trapanava i timpani. «Sorrida, è qua che scendono». Il commissario di bordo si unì a lui, ed entrambi osservarono un gabbiano ballonzolante sul parapetto. «È un luogo magnifico» commentò il primo ufficiale indicando l’isola. «Beh, non per molto ancora. Non dopo che saranno sbarcati. È il suo primo viaggio su questa tratta, no?». Il commissario di bordo annuì. «Non va sempre così male, sa…». Il gabbiano lanciò un rauco grido di gioia, prima di gettare uno sguardo rettiliano e luminoso sopra la propria spalla piumata, poi si levò in aria, in direzione dell’isola, planando a raso sulle acque tumultuose. «Ho solcato gli oceani del mondo intero» dichiarò il primo ufficiale «e questo resta il mio luogo favorito. Un giorno mi ritirerò su quest’isola. Mi prenderò un cottage sulla spiaggia e una piccola barca a vela. Forse sull’isola di Benares, c’è un pub da quelle parti. E per la pesca al salmone, in zona, non vi è posto migliore». Lo steward preposto al ponte, un vecchio lottatore dalle spalle cadenti ma muscolose, si avvicinò a loro. «Mi scusi, signore» cominciò. «Conosce un modo per dissolvere la gomma da masticare? Qualcosa che non dissolva un cane però?».

Il primo ufficiale e il commissario di bordo si scambiarono un’occhiata. «Ancora loro?». «Sì, signore. Uno dei due collie nella stiva. Le sue narici sono incollate assieme. Pensavano gli sarebbe piaciuto un pezzo di gomma da masticare, quei piccoli mocciosi». «Provi a strofinare con l’alcol» suggerì il commissario di bordo. «E li tenga lontani dal ponte!» aggiunse il primo ufficiale, con le orecchie ancora in fiamme per le imprecazioni animose del capitano. Si voltò verso il commissario di bordo. «Quando sarò capitano e gestirò la mia linea, vi sarà una regola inviolabile: nessun bambino a bordo se non accompagnato dai suoi carcerieri, ed anche in quel caso, confinato nella stiva». Rimasero a contemplare l’isola mentre la nave si accostava al molo. «Queste isole sono insuperabili» proseguì. «Ti prendi un paio di acri, coltivi un orticello con magari un frutteto di una dozzina di alberi. Un uomo può vivere quasi con niente. Il legname alla deriva per riscaldarsi, pesci, granchi, vongole, ostriche e la selvaggina quando la forestale è di spalle». «Davvero si accontenterebbe di un posto così?». «Un posto così sì, ma non questo». «Perché no?», il commissario di bordo rise. «Oh certo, quei ragazzi…».

«No,» disse il primo ufficiale «non a causa loro. Quest’isola è la più bella di tutte, ma è maledetta». «Mi prende in giro?». «Dico sul serio,» rispose il primo ufficiale «è maledetta. Una qualsiasi tra quest’altre isole, ma non questa. E non sto scherzando. Può controllare i registri se vuole. In due guerre mondiali, trentatré uomini l’hanno lasciata per andare a servire il proprio paese. Solo uno è tornato vivo. Vede quel poliziotto sul molo? È lui il tipo. Tutti gli altri sono morti, tutti, fino all’ultimo. Se esiste qualcosa come un’isola morta, è proprio questa». Rivolsero gli occhi sui ricciuti alberi di corbezzolo a strapiombo che incoronavano le rocce pendenti ricoperte di muschio e scivolavano fino alla bianca sabbia, mentre il vento dell’oceano soffiava dolcemente e odorava come un delizioso profumo per un vecchio marinaio. «Non mi interessa quanto sia bella. Sono stato in mare troppo a lungo per non essere superstizioso, e neppure se mi pagassero vivrei mai su quest’isola. Beh, forse è meglio che dia un’occhiata alle merci». Mentre il primo ufficiale scendeva le scale che conducevano alle cabine, si fermò per raccogliere un’ascia antincendio che qualcuno aveva tolto dal suo supporto murario e lasciato su uno scalino, con la lama rivolta verso l’alto, in modo allettante. La rimise al suo posto e ripartì per rendersi conto l’istante successivo, sollevando gli occhi verso il ponte superiore, che una scialuppa di salvataggio oscillava in maniera folle sulle sue catene. «Buon Dio!» esclamò prima di urtare contro un cameriere. «Hanno lasciato un pezzo di torta ai mirtilli su un divano del salone», disse il cameriere. «L’Ammiraglio della Marina Reale, in pensione, Featherstonehaugh, ci si è seduto sopra. Indossava un abito bianco di flanella». «Lo so, lo so», disse il primo ufficiale. «Hanno anche rovesciato dell’inchiostro sulle mappe del capitano». «Quarantadue anni in mare, avevo appena dodici anni quando ho preso servizio» disse il cameriere «e mai, mai ho vissuto un pomeriggio simile. Se vedesse lo stato della sala da pranzo! Ho attraversato tifoni in Oriente con meno danni! Poi la ragazzina ha scagliato la saliera sul ragazzino colpendolo in testa, così lui le ha lanciato un piatto di insalata che è andato a bersaglio, ma su quella signora missionaria. Ricorda, quella che ha distribuito dei volantini dicendo che moriremo tutti sui campi dell’Armageddon…». «Se solo sopravviviamo a questo pomeriggio…» aggiunse il primo ufficiale. «Beh, ad ogni modo, inutile spiattellarmi i vostri problemi. Ne ho già abbastanza di miei. Non sono una bambinaia. Ai bambini non dovrebbe essere consentito salire a bordo da soli!».

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