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Rosanna Romanisio Amerio anteprima. Il signor Armistizio (non lo conosciamo)

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Le istruzioni del ministro a Castellano: «Mi raccomando, non si faccia scoprire altrimenti qui ci ammazzano tutti.»

È in libreria Il signor Armistizio (non lo conosciamo) di Rosanna Romanisio Amerio (Solfanelli editore, pp. 364; € 30,00). Rosanna Romanisio Amerio ha curato con Gianfranco De Turris la riedizione di Le donne non ci vogliono più bene (Solfanelli, 2022) con un’appendice su Enrico de Boccard e sul “cippo di Cassibile”, ed è autrice di un altro saggio sull’armistizio del 3 settembre 1943: 3 settembre 1943. L’Armistizio è stato firmato qui (Morrone 2023).

Il contesto storico: “Nel ’43 Pietro Badoglio ha settantadue anni. Per contrasti con Mussolini, da tre si è dimesso dalla carica di capo di Stato Maggiore Generale dell’esercito italiano e si è ritirato a vita privata. Da tempo il regime fascista è in evidente crisi militare e politica. Già indicato quale successore del Duce in tutti i complotti o pseudo-complotti orditi in maniera generalmente fantasiosa dentro e fuori l’Italia, Badoglio accentua le sue pressioni, perlopiù per interposta persona. I suoi riferimenti e strumenti operativi sono i militari, gli esponenti del mondo politico italiano prefascista e l’ambiente di corte (in prevalenza il ministro della Real Casa duca d’Acquarone). Il 25 luglio, dopo l’arresto di Mussolini, il re lo nomina capo del governo. Badoglio, con alle spalle una lunga carriera militare, si trova con una gravosa responsabilità in un momento terribile: l’obiettivo è tirare fuori l’Italia dalla guerra, rompere l’alleanza con la Germania, smantellare le strutture dello stato fascista.”

Fin dalle primissime pagine, l’autrice ci fa sentire il bruciore di un’amnesia nazionale: ottant’anni dopo Cassibile, molti italiani ignorano ancora chi, dove e come firmò l’atto che cambiò il nostro destino. Il suo “molto lungo prologo” è un atto d’accusa contro la pigrizia storiografica, ma anche la scintilla di un racconto-avventura che si legge come un giallo d’archivio.

Un vero diario di caccia pieno di colpi di scena. L’autrice non si limita a riordinare carte: dal Piemonte scende in Sicilia e si inoltra tra ulivi, masserie e depositi militari, inseguendo l’originale dell’“armistizio breve” del 3 settembre 1943, tra i documenti bruciati a Roma nel caos del 9 settembre. Il risultato è un diario di ricerca in prima persona, pieno di telefonate, porte sbattute e piccoli trionfi: la fotografia sbiadita del cippo di Cassibile, l’incontro con gli eredi della Masseria San Michele, i marginalia autografi del diplomatico Franco Montanari ritrovati in un vecchio volume.

Ogni capitolo alterna microstorie a documenti integrali, alcuni inediti, commentati con ironia e passione civile.

Perché è diverso dai “soliti libri su Cassibile”? Gianluca Barneschi, che firma la presentazione, lo dice senza giri di parole: il pregio del volume è la sua “adeguatezza”, cioè la capacità di coniugare fonti nuove e taglio narrativo personale. Non è un saggio paludato né un romanzo storico, ma un ibrido che rende accessibile una vicenda diplomatico-militare complessissima. La voce dell’autrice – talora ironica, talora indignata – accompagna il lettore tra telegrammi cifrati “Monkey/Drizzle”, testimoni quasi dimenticati e domande spiazzanti (“Era davvero un armistizio o una resa pura e semplice?”).

Un libro-bussola che trasforma la polvere degli archivi e il silenzio degli ulivi siciliani in un racconto vivo e appassionato. E ci ricorda che conoscere il “Signor Armistizio”, nei suoi diversi aspetti, aiuta ancora oggi a comprendere meglio l’Italia.

Carlo Tortarolo

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«Ci domandiamo, Montanari ed io, cosa sia accaduto a Roma»

8 settembre – Una giornata interminabile

Mentre in campo alleato dal giorno precedente perdura un vivo fermento per l’avvio di Giant 2, la partenza di Taylor e l’arrivo del D-day, a Roma un immobile gelo di morte blocca le menti dei responsabili politici e militari: nessuno comprende, nessuno agisce.

Per ogni decisione è ormai tardi: il tempo è irrimediabilmente scaduto. Ogni nodo viene al pettine. Di ogni passata lacuna risaltano devastanti, irreparabili conseguenze.

Afferma Montanari: «Mi risulta che la mattina dell’8 fu avvertito il governo italiano, tramite radio clandestina, che l’armistizio sarebbe stato dichiarato nel pomeriggio.»

Verso le 11 Castellano è chiamato al Comando Alleato. Strong gli dice che quello è il giorno dell’armistizio e gli comunica che è giunto un telegramma da Roma con cui si chiede di posticiparne di qualche dì la dichiarazione: quando il messaggio di Badoglio era arrivato all’AFHQ ad Algeri, Eisenhower era a Biserta a colloquio con tre comandanti alleati britannici, il messaggio gli fu immediatamente trasmesso e anche Washington ne fu informata.

Eisenhower convoca Castellano; il Generale italiano parte in aereo accompagnato da Montanari. L’accoglienza è pessima. In proposito scrive Castellano: «Siamo introdotti, Montanari ed io, in una grande stanza, quasi totalmente occupata da un enorme tavolo. A capo siede Eisenhower, alla sua destra Alexander, alla sinistra Cunningham, e poi via via un numero imponente di generali, ammiragli e ufficiali superiori. Al mio saluto nessuno risponde. Ho l’impressione di trovarmi di fronte ai membri di una Corte Marziale.»

Eisenhower gli legge il telegramma inviato nella notte da Badoglio e ricevuto all’AFHQ verso le 8: è il messaggio cifrato da Monkey TOR 0535 8 sett. n. 15, che sarà seguito dal n. 16.

Messaggio originale in italiano – questa è una traduzione. Dati cambiamenti e precipitare situazione et esistenza forze tedesche nella zona di Roma non è più possibile accettare l’armistizio immediato dato che ciò porterà la Capitale ad essere occupata ed il Governo ad essere sopraffatto dai tedeschi. Operazione Giant 2 non è più possibile dato che io non ho forze sufficienti per garantire gli aeroporti. Il messaggio continua con numero sedici.

1/2 Archivio 2/2 Brig. Strong – Messaggio da Monkey n. 16

Questo è il messaggio n. 16. Il Generale Taylor è pronto a tornare in Sicilia per riferire opinioni del Governo e attende ordini. Comunicate mezzi e località da voi preferite per il suo ritorno. Badoglio. 1/2 per Archivio 2/2 per Brig. Strong

Esterrefatto, Eisenhower dice ai due italiani che se Badoglio non comunicherà l’armistizio dopo l’annuncio che ne farà lui, riterrà che il governo italiano abbia giocato una brutta parte.

Scrive Castellano: «L’ansia mia e quella dei miei ufficiali è spasmodica. Ci domandiamo cosa sia accaduto a Roma, perché sia stato rifiutato il concorso della divisione paracadutisti; come mai sia stato detto che non si hanno forze sufficienti per garantire gli aeroporti. Essi erano in mano nostra e, ammesso che non lo fossero più stati, l’impadronirsene per una notte non era poi così difficile.» Il Generale italiano, che nulla sa di cosa stesse o “non” stesse avvenendo nella capitale, invia a Roma un telegramma affinché si attengano a quanto concordato. Ma ne ha già spedito uno Eisenhower, perentorio.

Da L’inglese che viaggiò con il Re e Badoglio di Barneschi apprendiamo infatti che Eisenhower, dopo aver letto, verso le 8 della mattina dell’8 settembre, il messaggio che Badoglio aveva inviato alle 2 della notte precedente, temendo che la trattativa condotta da Castellano potesse essere una trappola e le truppe in sbarco a Salerno andassero incontro a una carneficina, contattò Dodds-Parker per accertarsi che le trasmissioni Monkey-Drizzle fossero sicure; ottenutane 243 D. Dodds-Parker, Setting Europe Ablaze, cit., p. 140. Ibidem. certezza, non bloccò lo sbarco e dettò a Dodds-Parker il seguente durissimo messaggio per Badoglio (messaggio che il membro britannico del SOE, nel suo libro di memorie Setting Europe Ablaze, definì «di intensa emozione e autorità »):

8 settembre 1943 – Dal comando in capo alleato al maresciallo Badoglio

parte prima: Intendo trasmettere alla radio l’accettazione dell’armistizio all’ora già fissata. Se voi o qualsiasi parte delle vostre forze armate mancherete di cooperare come precedentemente concordato, io farò pubblicare in tutto il mondo i dettagli di questo affare. Oggi è il giorno X e io aspetto che voi facciate la vostra parte.

parte seconda: Io non accetto il vostro messaggio di questa mattina di posticipare l’armistizio. Il vostro rappresentante accreditato ha firmato un accordo con me e la sola speranza dell’Italia è legata alla vostra adesione a questo accordo. Secondo la vostra urgente richiesta le operazioni aviotrasportate sono temporaneamente sospese.

parte terza: Avete intorno a Roma truppe sufficienti per assicurare la momentanea sicurezza della città, ma io richiedo esaurienti informazioni secondo le quali disporre al più presto per l’operazione avio-trasportata il Generale Taylor a Biserta informando in anticipo dell’arrivo e della rotta dell’apparecchio.

parte quarta: I piani sono stati fatti nella convinzione che voi agivate in buona fede, e noi siamo pronti a effettuare su tale base le future operazioni militari. Ogni mancanza ora da vostra parte nell’adempiere a tutti gli obblighi dell’accordo firmato avrà le più gravi conseguenze per il vostro paese. Nessuna vostra futura azione potrebbe più ridarci alcuna fiducia nella vostra buona fede e ne seguirebbe di conseguenza la dissoluzione del vostro governo e della vostra nazione.

Occorre precisare, per capire il proseguimento dello svolgimento dei fatti romani, che le prime due parti del messaggio furono dettate telefonicamente da Eisenhower alle 11.30; due ore dopo inviò le ultime due parti a mezzo corriere militare, ma, benché il messaggio fosse classificato come «di massima urgenza», «il corriere incaricato – scrive Dodds-Parker – consegnò il plico a Massingham solo dopo aver pranzato»; per questo motivo il cruciale messaggio verrà ricevuto e decriptato in Italia in varie fasi successive e, come vedremo, le ultime parti risulteranno ricevute a Roma solo verso le 16.30 del pomeriggio, e decriptate mentre sarà in corso un drammatico Consiglio della Corona.

Siamo più o meno alle 12.30, quando Castellano e Montanari, congedati da Eisenhower, tornano a Tunisi, chiedendosi cosa fosse accaduto a Roma.

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