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Rumena Bužarovska. Mio marito

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La recensione coraggiosa di questa settimana, trova anch’essa origine, come la precedente, a Pordenonelegge 2019, e precisamente alla presentazione della raccolta di racconti intitolata Mio marito, scritta da Rumena Bužarovska, pubblicata da Bottega Errante Edizioni e tradotta da Ljiljana Uzunović.

L’autrice macedone è anche traduttrice di notissimi autori americani, è professoressa universitaria di letteratura americana, fondatrice e organizzatrice di importanti eventi letterari, insomma una persona che ha fatto della letteratura la sua vita.

E nella sua vita quotidiana, mettendoci qualche accenno anche autobiografico, Rumena ha trovato gli spunti, le idee per la creazione di questi undici racconti a tema unico: il coniuge, maschio.

Spero ardentemente che questo libro sia letto da molte persone, come tutti i libri di cui racconto, ma questo spero sia letto prevalentemente da uomini, e proprio in quanto uomo e marito ho assistito alla presentazione, pur conscio di poter finire nella gabbia delle “tigri”.

Non è stato così, e così non è nel libro, dove Rumena non organizza un attacco ai mariti, ma ci pone davanti una serie di situazioni di vita ordinaria, situazioni impregnate di antico, di rapporti familiari patriarcali, situazioni intrise di drammatici problemi di comunicazione tra marito e moglie, traboccanti di stereotipi quali “la moglie di…”, “la donna che fa… questo e quello…”, “la figlia della tal suocera…” e via dicendo.

In sostanza l’autrice ci racconta la figura del marito, ma puntando la sua ideale telecamera più sulla donna, e non solo sulla moglie o compagna, ma sulle figlie, sulle suocere, sull’ambiente che circonda i diversi mariti, e ci racconta il loro modo di starci, di relazionarsi.

La zuppa, I geni, Sabato, le cinque del pomeriggio e Lile sono quattro degli undici racconti che mi hanno colpito di più o forse quelli, a mio parere, con i quali l’autrice ha saputo rendere al meglio l’obiettivo del suo lavoro.

Sono i racconti che, a dispetto del titolo, lasciano uno spazio più ampio alla moglie, alla donna e addirittura nel primo dei quattro il marito non c’è proprio, non c’è più.

Incredibile davvero il racconto La zuppa, nel quale la presenza-assenza dell’uomo ha un peso che si sente quasi fisicamente mentre leggi. Un peso analogo a quello che si sopporta con fatica leggendo Lile, il racconto forse più drammatico.

Aleggia su molte pagine un palese senso di colpa, un sentimento che schiaccia i personaggi che proseguono spesso il loro cammino per inerzia, perché le cose vanno così, e tu che leggi vorresti insinuarti tra le righe per vergare in rosso, «NO! PUÒ ANDARE IN MODO DIVERSO!».

Ci sarà un motivo se mi piacciono proprio quei quattro racconti? Non lo so, ma in ogni caso ciò che mi pare di cogliere quale “fil rouge” di Mio Marito è l’assenza trasversale in questi undici racconti di un marito, di un compagno, della persona maschile. L’assenza di una Presenza.

Strano, ma vero.

Insomma, cari uomini, compagni, colleghi mariti da tanti o pochi anni, non facciamo una gran bella figura. Soprattutto non ci mettiamo in gioco. In un libro con il titolo che ormai conoscete bene, il protagonista assoluto in ogni racconto è la moglie, anche quando dice sante bugie.

Claudio Della Pietà

Recensione al libro Mio marito di Rumena Bužarovska, Bottega Errante Edizioni, traduzione di Ljiljana Uzunović, 2019, pagg. 170, euro 16.

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