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Salvare sopprimendo

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Un libro di Adriana Cavarero del 1997, “Tu che mi guardi, tu che mi racconti. Filosofia della narrazione”, riporta in esergo al capitolo Edipo – e sbaglia due volte – un testo di Muriel Rukeyser, Myth:

«Molto tempo dopo, vecchio e cieco, camminando per le strade, Edipo sentì un odore familiare. Era la Sfinge. Edipo disse: “Voglio farti una domanda. Perché non ho riconosciuto mia madre?”. “Avevi dato la risposta sbagliata,” disse la Sfinge. “Ma fu proprio la mia risposta a rendere possibile ogni cosa.” “No,” disse lei. “Quando ti domandai cosa cammina con quattro gambe al mattino, con due a mezzogiorno e con tre alla sera, tu rispondesti l’Uomo. Delle donne non facesti menzione.” “Quando si dice l’Uomo,” disse Edipo, “si includono anche le donne. Questo, lo sanno tutti.” “Questo lo pensi tu,” disse la Sfinge.»

Cavarero più avanti aggiunge: «Come Hegel ammette – e Arendt non manca di segnalare – “la contemplazione filosofica non ha altra intenzione che sopprimere l’accidentale”. Salvare sopprimendo è appunto una legge antica che i filosofi chiamano dialettica.

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