Recensione completa del libro
T R A N S E U R O P A – D’inCanti diVersi
di Sara Bini
Una mappa dell’interiorità femminile (e universale)
“D’inCanti diVersi” (di Sara Bini, Transeuropa Edizioni, collana ‘Nuova Poetica’, giugno 2025, pp. 56 , € 15,00) è una raccolta poetica che attraversa confini — fisici, temporali, emotivi — con lo sguardo obliquo, lucido e visionario di chi ha conosciuto il dolore, il desiderio e la trasformazione. Sara Bini costruisce un itinerario lirico che parte dall’intimità del corpo e della memoria per giungere a un altrove simbolico, dove mito, spiritualità, ironia e filosofia convivono in versi brevi, intensi, cesellati.
Il titolo stesso è rivelatore: non solo evoca un viaggio nel continente Europa (inteso anche come spazio culturale), ma suggerisce una tensione costante verso il “trans-“: oltre il visibile, oltre la parola, oltre la soglia dell’esperienza diretta. E i “D’inCanti diVersi” giocano sul doppio registro di “incanti” (magie, fascinazioni) e “diversi” (differenze, discordanze, pluralità di voci).
Visione poetica
Sara Bini si conferma come una voce poetica matura, autonoma e raffinata, capace di tenere insieme: la radice classica e filosofica del pensiero (Virgilio, Ovidio, Chuang-Tzu, Montale, Eliot, Kavafis, Borges, ecc…); l’esperienza concreta e carnale della donna e del sé; una forma lieve ma potentemente evocativa, fatta di scarti, silenzi, accensioni improvvise.
Temi portanti
Identità e frammentazione
L’“io” poetico si costruisce e si frantuma di continuo. In “Sibylla”, è pura voce che sopravvive alla carne; in “Requiem”, è disperso nel silenzio dell’abbandono; in “Ho deposto me stessa”, si spoglia di sé come un gesto liturgico. L’identità è instabile, fluida, spesso femminile, ma non solo biologicamente: è spiritualmente “vulnerabile”, esposta.
Amore e disamore
L’amore in Bini è un’energia ambivalente: può essere salvezza (“Casa d’infanzia”, “DisIncantami”), condanna (“Con-Dannata”, “Veleno”), oppure fantasma (“Rewind”, “Immortale”). Non c’è mai sentimentalismo, ma un’attenta anatomia del sentire, che va dal sussurro alla ferita aperta.
Tempo e memoria
Il tempo non è mai lineare. È “rewind”, è “ieri e oggi”, è epoca mitica (“Bodhisattva”) o dissoluzione assoluta (“Arido”). Il passato ritorna, ma non consola: inquieta, riscrive, chiede di essere ascoltato.
Parola, voce, silenzio
Dalla Sibylla a “Parola”, la raccolta è un costante interrogarsi sul dire. Cos’è una voce, quando tutto tace? Cos’è la parola, se non può salvare? Ma la poesia stessa risponde: è soffio, vento, “profumo”, gesto che non si spegne.
Spiritualità laica
Il divino in Bini è un’assenza carica di senso. Dio è evocato, interrogato, profumato (“Sosta”), ma mai istituzionalizzato. La ricerca è più importante della risposta. Anche i momenti più lirici (“Ho deposto me stessa”, “Presagio”) conservano un respiro mistico, mai dogmatico.
Stile e struttura
Forma libera e frammentata
Sara Bini lavora con una forma elastica, franta, sottratta: versi brevi, senza punteggiatura, enjambement leggeri ma funzionali. Il vuoto tra i versi è parte del senso: pausa, eco, sospensione.
Lingua densa ma accessibile
Il lessico alterna il quotidiano al visionario, l’arcaico al contemporaneo: “baci, biscotti, martirio, varco, ampolla, voce, carnevale, carcere, risata argento”. Ogni parola è scelta per risuonare, non per riempire. Le immagini sono nette, vive, non criptiche ma mai banali.
Figure retoriche usate con misura
Allitterazioni, sinestesie, ossimori, paradossi abbondano, ma sempre con controllo. L’uso del trattino per dividere parole (dis-perso, s-offerto) crea scarti semantici molto efficaci. C’è una musicalità sottile e asciutta, mai decorativa.
Specchi femminili e archetipi
L’identità femminile attraversa tutto il libro, ma non si chiude in uno schema. Le donne evocate — sibille, madri, amanti, giudicate, salvate o dannate — non sono ruoli, ma forze. Sara Bini scrive dal corpo e dalla mente, restituendo il pensiero attraverso l’emozione, e l’emozione come forma di conoscenza.
Intertestualità e citazioni
Ogni poesia si apre con un’epigrafe: da Ovidio a Morrissey, da Borges a Shakespeare. Queste non sono orpelli culturali, ma vere chiavi di lettura. L’autrice dialoga con le fonti in modo attivo: le riusa, le stravolge, le piega alla sua voce. Ne esce un mosaico colto e accessibile, che arricchisce senza escludere.
Conclusione – Un libro prezioso
“D’inCanti diVersi”, editato da Transeuropa è una raccolta compatta ma vastissima in profondità. Ogni poesia è un frammento lucidissimo di un tutto più ampio: il canto di un’anima che attraversa silenzi, soglie, dolori e resurrezioni, senza mai cedere al compiacimento o alla posa.
Sara Bini riesce in un’impresa rara: scrivere testi estremamente intimi che parlano anche per chi legge, offrendo uno spazio per ritrovarsi. La sua voce — come quella della Sibilla — resta, anche quando tutto sembra scomparire.
Voto: 9/10
Per potenza emotiva, precisione stilistica, originalità e coerenza poetica.
Francesca Mezzadri