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Sara Gambazza. Quando i fiori avranno tempo per me

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La vita non fa sconti a nessuno. Puoi raggirarla quanto vuoi, alla fine ti presenta il conto. Lo paghi, con la rabbia in corpo. Se hai respirato e vestito miseria con la fame negli occhi e nello stomaco sottosopra, impari a conoscere i morsi dell’indifferenza che non portano bile, ma senso di rivalsa. La distanza che la povertà traccia anche tra i poveri stessi è la comunicazione diretta con un divario troppo grande da accorciare. Le umiliazioni, perché ci sono anche quelle in un vissuto già disgraziato, pesano. Si sopportano oppure si sputa in faccia la bestia che si agita nell’anima esplodendo, poi, con il fuoco della stizza. In quadro così debole agli occhi della società, attenta alla forma più che alla sostanza, il giudizio sarà feroce. Sarà notte pure di giorno per chi ha impresso il digiuno nelle ossa. E la salvezza viene dall’ostinazione a sopravvivere. Se, infine, sei stato coraggioso nella caparbietà di uscire fuori dall’inferno di fame e di soprusi, allora ti sarai assicurato la vita nella sua regolare forma di bellezza. Si combatte ogni giorno, su più linee, tanto per le piccole quanto per le grandi questioni. Quelle insignificanti, poi, possono diventare fondamentali per chi conosce solo la necessità e non il superfluo che condisce piatti già pieni. Non arrendersi è l’unico modo per non morire sciagurati.

In Quando i fiori avranno tempo per me di Sara Gambazza per Longanesi finisci in una storia di donne e del loro coraggio. Parma, 1922. Anita non è una moglie. Non è una madre come si conviene. Non ha un uomo, né una casa vera. Per il borgo è solo una puttana da evitare di giorno e da cercare di notte. Ma Anita è molto di più: è una sopravvissuta. È una mamma feroce e amorevole che farebbe l’impossibile per proteggere le sue figlie da un mondo che le respinge e le giudica senza pietà. Mentre l’Italia si infiamma sotto la violenza degli squadristi e la fame stringe i vicoli della città, Anita combatte la sua guerra privata. Rosa, la primogenita, è una bambina attenta e generosa, costretta a diventare grande troppo in fretta. Ninfa, la più piccola, ha occhi troppo grandi per un viso magro e un dono oscuro che la tormenta. Madre e figlie sapranno sopravvivere per vivere.

Il romanzo è di una intensità coinvolgente. La storia è struggente nella sua composizione stilistica e narrativa. Si annusa il coraggio delle protagoniste che non si arrendono a nulla perché sono mosse da una forza che viene da una umanità che schiaccia la cattiveria, il male, rimboccandosi le maniche per una salvezza che ritrae i veri valori impartiti dalla famiglia nell’affrontare la vita.

Lucia Accoto 

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